GALATTICA: Un viaggio tra innovazione e tradizione nella Comunicazione Visiva e Editoriale
In occasione del 70° anniversario della scuola Bauer, il rinomato centro di formazione professionale di fotografia, grafica e audiovisivo, l’istituto si trasferisce temporaneamente a BASE Milano per celebrare un evento unico: una settimana dedicata alla comunicazione visiva.
Questo speciale “osservatorio” ha offerto dal 10 luglio al 18 luglio 2024 un’ampia gamma di esposizioni, talk, incontri e workshop, tutti ad ingresso gratuito.
Noi de La Testata Magazine abbiamo avuto il piacere di intervistare alcuni dei protagonisti di questo evento straordinario, che ci hanno raccontato le loro visioni durante questa celebrazione immersiva.
L’Intelligenza Artificiale e la Fotografia: dialogo tra innovazione e tradizione
Siamo qui con Sergio Giusti e Rosa Cinelli. Partiamo col chiedervi di cosa vi occupate?
Sergio Giusti: Io insegno teoria dell’immagine al Cfp Bauer, una scuola di fotografia di Milano, e anche all’Università del Politecnico. Mi occupo di immagine partendo dalla fotografia e ampliando poi la cultura visuale.
Rosa Cinelli: Io sono una dottoranda di ricerca e studio estetica, filosofia e comunicazione.
Durante il talk, soprattutto mi rivolgo a lei, ha fatto una domanda riguardo all’intelligenza artificiale: “Che cosa ce ne facciamo dell’intelligenza artificiale?” Le ripropongo la stessa domanda…
Rosa Cinelli: Beh, ce ne facciamo un sacco di cose. L’intelligenza artificiale è uno strumento complesso che certamente ridiscuterà le economie di lavoro. Mi sono occupata delle sue applicazioni nella generazione di immagini fotorealistiche usate in ambito giornalistico, non solo per creare falsi, ma anche per esprimere idee e concetti in modi nuovi. È uno strumento di espressione, quindi possiamo utilizzarlo in molti modi diversi.
Quindi, può diventare una base per i fotografi, oppure dobbiamo preoccuparci?
Sergio Giusti: Quando è nata la fotografia, i pittori erano preoccupati. Quando è arrivato il digitale, i fotografi analogici si sono allarmati. Adesso arriva l’intelligenza artificiale e si crea di nuovo agitazione. I medium non soppiantano mai completamente quelli precedenti, ma li ridefiniscono. Certi lavori specifici, come le immagini generiche delle foto stock, potrebbero essere sostituiti dall’intelligenza artificiale. Tuttavia, ci sarà sempre bisogno di un rapporto con la realtà, e molti artisti e fotografi continueranno a scegliere come e se utilizzare l’IA. I cambiamenti saranno grandi, ma la tecnologia non ucciderà MAI quello che c’era prima.
L’ultima immagine generata con l’IA che ha suscitato scalpore è quella di Olaison. Alcuni hanno detto che è stata scelta perché non conteneva dolore e quindi era più facilmente condivisibile. Che ne pensate?
Rosa Cinelli: Concordo con la psicologa che ha detto che l’immagine era meno cruenta e quindi più condivisibile. In un periodo di saturazione visiva dei conflitti contemporanei, quell’immagine ha avuto un impatto diverso perché non era nello stesso binario delle immagini di guerra. Inoltre, era generata con IA, un aspetto nuovo che l’ha resa interessante. È importante avere la voce dei testimoni oculari, quindi non c’è un discorso di meglio o peggio, ma l’immagine generata con IA aveva anche il diritto di essere utilizzata come forma di attivismo.
Sergio Giusti: Sono d’accordo con Rosa. L’immagine generata dall’IA aveva una funzione specifica, simile ai manifesti di propaganda storica. Non era tanto una frode quanto una forma di illustrazione politica. Questo tipo di immagini possono avere un ruolo e una loro storicità, anche se non sono fotorealistiche.
L’IA è una tecnologia in rapida evoluzione. Cosa pensate che genererà nel campo della fotografia e della visualità in futuro?
Sergio Giusti: È difficile fare previsioni precise, ma credo che nei prossimi anni vedremo miglioramenti nella precisione e duttilità dei text-to-image. Gli algoritmi diventeranno più accurati nel generare immagini esattamente come richiesto. Potremmo anche vedere applicazioni futuristiche, come la possibilità di visualizzare dati scientifici per prevedere scenari futuri, come il cambiamento dei ghiacci.
Foto di Gabriele Puglisi
Riflessioni sull’Editoria Contemporanea: Emiliano Biondelli e il libro come Oggetto Sociale
Siamo qui con l’autore del testo, Il libro come oggetto sociale, Emiliano Biondelli. Ci può fare un breve riassunto del tema che tratta nel libro?
Si, sostanzialmente, in un’epoca di smaterializzazione di ogni cosa, ho voluto fare un piccolo focus che è basato sulle mie esperienze personali come piccolo editore e poi come artista editore, eccetera, sull’oggetto libro, e sul libro come oggetto sociale, per essere più precisi. Quindi, il libro consente a dei messaggi o magari anche delle immagini di andare oltre il limite temporale di una conversazione o di una mostra e consente quindi un contatto reale tra le persone.
Da dove è partita questa sua ricerca appunto dell’oggetto che diventa sociale o arte?
Come artista, cominciai a realizzare dei libri d’artista insieme a Valentina Venturi. Quella fu la prima occasione per cui, da artista che però non conosceva veramente molto bene l’editoria, mi sono cimentato. Abbiamo fatto delle fiere, in particolare negli Stati Uniti, e questa è stata per me una vera e propria scuola di formazione che mi ha consentito oggi non solo di insegnare grafica editoriale, perché poi nel frattempo ho cominciato a collaborare con case editrici e lavorare su commissioni, ma anche di avere una visione dell’oggetto libro, secondo me, un pochino più esaustiva, un pochino più profonda di quanto non avessi 20 anni fa, quando ho cominciato.
Dato che si parla di una crisi nell’editoria, lei pensa che l’editoria vada sempre più in questa direzione, oppure vede oltre questa crisi?
Un certo tipo di editoria è in crisi, inarrestabile quella generalista, l’editoria d’informazione è stata sostituita da internet. Ma ci sono delle persone che ancora, quando pensano al libro, vogliono maneggiare un oggetto, e lo vogliono di qualità superiore a prima, proprio perché ogni cosa è smaterializzata. Se qualcuno desidera acquistare un libro oggi, ha delle esigenze più sofisticate di qualche anno fa. Per cui sì, il libro di massa è in forte crisi, però i progetti editoriali di nicchia, che oggi assomigliano un pochino a degli oggetti di lusso — anzi, sono diventati oggetti di lusso — non sono in crisi, anzi, stanno vivendo un periodo di grande rinascita.
Quindi sembra più un oggetto limitato. Lei pensa che diventerà sempre più una cosa d’élite, oppure questa sua riflessione va comunque a più persone, è più accessibile?
No, io credo che sarà focalizzata sempre di più l’editoria sulle edizioni limitate. Però la tecnologia digitale consente comunque un accesso alla produzione e anche alla fruizione molto inclusivo. Perché una singola copia magari costa di più rispetto a un libro prodotto industrialmente, però è anche vero che si possono trovare dei contenuti molto peculiari proprio perché, essendo le produzioni limitate, non si dipende dalle esigenze di vendere. Diciamo che l’editoria, da un lato, è negativa sicuramente, però l’editoria si libera da delle esigenze commerciali, per cui si può permettere di veicolare qualsiasi argomento, un po’ come facevano soltanto le fanzine fino alla fine degli anni ’90. E che, quando esistono, anche oggi, fanno — anche se purtroppo sono sempre di meno, perché ci si orienta sempre di più, anche in quel caso, su produzioni un pochino sofisticate.
Arianna D’Angelo
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Foto : Gabriele Puglisi