Guadalupe Nettel Hija Unica: l’urlo della speranza
Nel romanzo della scrittrice latino-americana Guadalupe Nettel “La Figlia Unica” parla della maternità e di come ogni donna può diventare madre.
La Nettel inserisce la metafora degli uccelli e delle piante per mostrare questo universo. L’importanza di questo romanzo non è solo il tema della maternità, ma anche quello della disabilità.
La disabilità nel romanzo Guadalupe Nettel “la Figlia Unica” pubblicato da La Nuova Frontiera (Italia, 2020) è una storia che racconta un viaggio di speranza. La speranza dei genitori Alina e Aurelio che combattono per una figlia che ha il nome della morte nel suo destino.
Il romanzo ambientato in Messico racconta del potere della maternità attraverso le storie di tre donne che affrontano la maternità con emozioni intense e personali. Quando parliamo della maternità guardiamo il corpo della donna, la sua figura che ha il potere di creare una nuova vita. Un corpo che subisce ogni sorta di pressione da parte della società e dello Stato.
In questo romanzo è Laura che parla della maternità dal suo punto di vista come una donna senza figli. Laura prende la drastica decisione di sterilizzarsi. Dal suo punto di vista: Laura racconta la storia di queste due donne: Alina e Doris.
Alina è la sua migliore amica hanno vissuto a Parigi e sono due persone scisse che affrontano la maternità in maniera diversa Doris invece è la sua vicina vedova di un marito violento, che ha una relazione complessa con il figlio Nicolas. Guadalupe Nettel scrittrice e traduttrice latino-americana in questo libro “La Figlia Unica” (Hija Unica) abbraccia la visione della maternità come un processo che include anche una persona come Laura che non desidera l’idea di essere madre anche se Laura diventerà una madre “sostitutiva” per Nicolas. Laura è una madre come gli uccelli che costruiscono il nido fuori dalla sua casa: “non riuscivo a smettere di pensare al rapporto con quel bambino e al parassitismo di cova”.
È interessante non solo la visione della maternità in questo libro, ma anche lo sguardo che Guadalupe Nettel mette sul punto della disabilità. Il libro può essere considerato come il libro sulla visione sulla disabilità e non solo sulla visione della maternità e il problema del patriarcato.
Alina, prima di prendere la decisione di essere madre, era una donna indipendente che amava viaggiare con la sua migliore amica Laura. Ma Alina quando ritorna nella sua casa in Messico conosce il suo futuro marito Aurelio e da qui inizia a considerare l’idea di mettere su famiglia.
Il processo della gravidanza di Alina diventa un processo di gioia fin dall’inizio ma proprio in questa prima parte del libro guardiamo come l’arrivo del dolore e la paura catturi Alina e Aurelio, cambiando la gioia in una lotta per la sopravvivenza per quella “Hija Unica”. Nella lingua originale il titolo è “Hija Unica”, in italiano è “Figlia Unica” ma in inglese è “Still Born” che decreta la possibilità che qualcosa possa cambiare.
Nel quattordicesimo capitolo della prima parte Alina e Aurelio ricevono questa dolorosa notizia sul processo della sua gravidanza:
”Per questo mi costa tanta fatica darti una notizia del genere: il tuo bambino non sopravvivrà. Preferisco essere del tutto chiaro e non darti false speranze. Alina ha girato la testa verso Aurelio e ha visto che era livido. ‘Il suo cervello non si è sviluppato’ il medico ha continuato. È molto al di sotto del tasso di crescita previsto. Le circonvoluzioni non si sono formate.” (75).
Questa notizia sconvolge l’equilibrio della coppia. Nei capitoli successivi la coppia si avvicinerà alla tanatologia per affrontare al meglio il lutto per il bambino ancora nato. È Laura che racconta questa storia. Nei capitoli precedenti quando aveva letto i tarocchi alla sua migliore amica aveva visto nel suo futuro qualcosa di oscuro. Fin dall’inizio sappiamo che dopo la diagnosi del medico il bambino morirà ma contro ogni previsione: Inés, questa hija unica sopravvive.
Il problema di Ines è la microlissencefalia ma non ha solo questo è anche sorda-cieca, una notizia che si rivelerà falsa. L’importanza di questo libro anche il problema dell’istituzione medica. In questo romanzo la disabilità di cui stiamo parlando è quella mentale e fisica. Osserviamo come l’istituzione medica cerca di far cambiare idea alla coppia Alina e Aurelio, di non considerare la possibilità di vedere Inés come una bambina “normale”. Alina riceve un’offerta da un medico per modificare le cose in questo particolare e intrigante passaggio (1 parte, 29 capitolo).
“Sono venuta a dirti che non sei condannata. Questa situazione si può risolvere. Ma è una decisione molto difficile, e non tutti sono in grado di conviverci. [… ]. Voglio che tu abbia la possibilità di scegliere tra lasciare che tua figlia viva o muoia “(149)
Alina ha l’opportunità di cambiare le cose, ma decide di amare con forza sua figlia. Questo passaggio è potente perché vediamo l’amore di una madre che lotta per tenere in vita quella figlia unica. Guadalupe Nettel non presenta l’idea di disabilità come una cosa anormale o imperfetta.
L’urlo di gioia e disperazione esplode da questo momento in cui per Inés inizia la possibilità di conoscere il suo corpo. Alina non cerca la perfezione in sua figlia, non leggiamo in questo libro, sentimenti contrastanti ma solo amore: l’amore per la maternità. Il romanzo di Guadalupe Nettel ci offre amore e speranza. Non troviamo nel romanzo verbi oppure aggettivi che danno l’idea di regolare la vita di Inés o dell’altra bambina Carina che ha un problema mentale. È importante sottolineare come Alina affronti la maternità e il problema ad essa correlato.
“È inutile fare paragoni con altri bambini. Sarà Inés, e solo Inés, che ci mostra qual è il suo destino, non i medici che la vedono. Lei deciderà se vuole fare progressi o no. Ogni essere umano ha un potenziale. Se ha le condizioni giuste. Sono sicuro che svilupperà il più possibile, come fanno tutti i bambini. Siamo alla stella di una vita da qui in poi, tutto ciò che accade è un bonus” (223).
Questo libro non ricerca la via della perfezione, ma quella del destino. Il ritratto della disabilità in questo romanzo dà l’opportunità di vedere come la nascita di un bambino con malformazioni diventi un’opportunità per le istituzioni mediche di controllare le scelte dei genitori.
“Perché la disabilità è legata a questo paradigma medico, è visto come una forma di anormale, o quello che potrei chiamare il “undiverse.” Dico undiverse perché la diversità implica la celebrazione e la scelta. Per essere disabilitato, non puoi scegliere. Devi essere diagnosticato, e in molti casi, si avrà un rapporto continuo e molto definizione con la professione medica. In tale contesto, la disabilità non sarà vista come uno stile di vita o un’identità, ma come una categoria fissa” (Lennard, 2013; 21).
In questo romanzo non viene mai menzionata la parola “disabilità. Alina è vista come una madre che lotta contro l’istituzione medica che aveva detto che sua figlia sarebbe nata morta. In questo capitolo della seconda parte Laura gioca con i tarocchi e qui esce fuori il destino di Inés: “Inés è venuta in questo mondo per insegnare in qualcosa di importante” (311).
Emilia Pietropaolo
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