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Alienati: Sartre e malafede nelle nuove tecnologie

Sartre nel lontano 1938 pubblica un’opera intitolata La nausea, che oggi può aiutarci a riflettere sull’utilizzo che facciamo dei social, degli e-commerce e del digitale in generale.

Spesso si scherza sui meccanismi di questo enorme grande fratello in cui in pochi anni ci siamo ritrovati a vivere. 

Ieri parlavo dell’incredibile voglia di andare a visitare una meta orientale ed oggi mi escono le pubblicità di Skyscanner per Casablanca. È pazzesco come ci ascoltino…Ma sono proprio sicura di averla scelta io la meta?

Nell’opera citata Sartre introduce alcuni concetti chiave della sua filosofia, che ancora oggi si presentano come un’interessantissima lente attraverso cui guardare la realtà e il nostro schermo.

Il mondo si presenta diviso tra essere in sé, di cui fanno parte le cose, in quanto oggetti definiti e fissi; e l’essere per sé, quella forza creatrice e soggettivante, di cui l’individuo, in quanto essere dotato di coscienza, fa uso per significare le cose “neutre” intorno a sé. L’uomo dunque agendo nel mondo, agisce su di esso e dona significati alle cose, in un atto di libertà. Per Sartre infatti la libertà non è una cosa che fa parte del nostro kit di nascita, non è solo un diritto ma è bensì una responsabilità, un dovere verso noi stessi e per certi versi un’angoscia: la libertà l’uomo la procaccia, la rivendica e la costruisce giorno per giorno con le proprie azioni, tentando di progettare la propria identità in un processo continuo. Per quanto l’idea possa galvanizzare richiede anche un certo impegno, la scelta è sempre una strada dalla direzione sconosciuta che alle volte si percorre a occhi chiusi, il che può suscitare paura e può persino portare a desistere. Di fronte a una vita libera ma incerta e angosciosa, l’individuo sceglie di farsi scegliere, di essere oggetto tra gli oggetti, accettando dunque di vivere in malafede. Con la malafede l’essere prende «atteggiamenti negativi nei confronti di se stesso» «nella malafede è a me stesso che io maschero la verità. Così, la dualità dell’ingannatore e dell’ingannato non esiste più qui. Al contrario, la malafede implica per essenza l’unità di una coscienza» (1). La malafede è quindi una menzogna che raccontiamo a noi stessi, tradendoci e oggettificandoci.

Vi chiederete come tutto questo si possa collegare con il mondo digitale. È presto detto. 

Già Orwell con il citatissimo 1984 aveva predetto una società di oggetti, di persone controllate in ogni loro azione h24 e private di tutte le libertà.

Ebbene, per quanto possa sembrarvi strano…anche i social ed in generale l’universo digitale possono ed anzi vogliono renderci oggetti. 

Accettiamo politiche di privacy senza neppure leggerne il contenuto, poiché l’alternativa è pagare per accedere. 

Viviamo e ci informiamo principalmente su piattaforme possedute da una sola persona, la quale periodicamente decide di limitare certi tipi di contenuti per favorirne altri.

Come se non bastasse il nostro stesso accesso alla realtà è circoscritto alla sola nostra bolla: nulla appare nella nostra home per caso e tutto ciò che vi appare è rigorosamente parte di ciò che già conosciamo, con cui siamo concordi e cui siamo interessati. 

In un paese dove il 58,1% di persone usa siti online per informarsi (3) il pericolo di diventare esseri agiti ma non agenti, determinati ma non in grado di determinare e determinarsi è concreto.

Decidendo di usufruire gratuitamente di queste piattaforme, abbiamo ceduto in cambio i nostri dati (che detto in maniera semplice sono certo la nostra età ed altri fattori anagrafici ma soprattutto le nostre passioni, il bar in cui ci piace fare aperitivo, i siti che consultiamo di più, come ci vestiamo e persino cosa mangeremo a cena). Quello che abbiamo ceduto è la nostra libertà sulle azioni e sui comportamenti futuri , che crederemo di “scegliere” ma che invece saranno manipolati. 

In malafede abbiamo scelto di semplificarci la vita, di non pagare dei contenuti, di non dover mettere in discussione le nostre idee politiche o sociali o il nostro stile di vita, di poter ascoltare la musica che vogliamo e muoverci serenamente con le mappe online

Forse la filosofia di Sartre aiuta poco nel momento in cui si intenda parlare di leggi per la regolamentazione digitale ma ci ricorda il punto da cui si deve partire, il bene supremo e forse l’unica vera responsabilità che abbiamo nei nostri confronti e in quelli degli altri: determinarci, costruirci e scegliere giorno per giorno come agire nel rispetto dei nostri valori. Indipendentemente dall’età, dalla fazione politica e dallo stile di vita che si conduce, la malafede (intesa quindi come rinuncia all’agire e al produrre esperienza sul mondo) deve essere condannata e combattuta.

Sartre ci ricorda che la nostra azione come singoli è fondamentale, poiché letteralmente è il fondamento dell’azione comune. 

Sofia Seghesio

Leggi anche: D’amore e di disillusioni – tra la vita e La nausea di Jean-Paul Sartre

Sofia Seghesio

Classe 2001. Non sono assolutamente in grado di definirmi. Pessima partenza per un* scritt*, lo so. So di me che sono curiosa ma a volte superficiale ed è proprio scrivere che mi aiuta ad andare in fondo alle questioni per capirle veramente. Nutro un interesse magnetico verso le persone: per quello che fanno e pensano. Per questo non posso fare a meno di interagirci, che sia attraverso un libro, un film, una chiacchierata. Spero dunque di potervi portare con me all’interno di qualche fantastica storia o che possa avere l’onore di raccontare la tua.
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