Fedez vs. Tony Effe: dissing o odio?
La battaglia musicale tra Fedez e Tony Effe è sulla bocca di tutti. Ma come è iniziata davvero questa faida? E cosa significa dissing?
La teoria principale è che tutto sia partito dal rifiuto di Tony Effe di collaborare con Fedez nel brano DiCaprio.
Fedez avrebbe quindi coinvolto Niki Savage, scatenando l’ira di Tony Effe che ha attaccato entrambi con un 64 Bars. Tuttavia, ciò che doveva essere una semplice competizione artistica si è trasformato in uno scontro personale, toccando anche i familiari degli artisti. Le parole non sono più state solo provocazioni, ma vere e proprie armi di odio.
Le prime scintille
Il 17 settembre, Tony Effe ha pubblicato un 64 Bars, una traccia di 64 versi in cui si è scagliato contro Fedez e Niki Savage. Inizialmente sembrava una classica sfida tra rapper, ma Tony ha lanciato frecciatine personali, tirando in ballo persino Chiara Ferragni e i figli di Fedez, Leone e Vittoria. Nel mondo del rap, il dissing è spesso usato per alimentare la competizione tra artisti, ma qui ha preso una piega decisamente più oscura. Invece di concentrarsi sull’abilità lirica, si è passati a colpire nel profondo della sfera personale.
Parole d’odio e attacchi personali
Se Niki Savage ha risposto rapidamente con Bufu Freestyle, ironizzando sull’ossessione di Tony per i capelli ricci, la vera esplosione è avvenuta quando Fedez ha pubblicato L’infanzia difficile di un benestante – brano che in meno di 12 ore, ha superato milioni di visualizzazioni su YouTube e Instagram – e non si è trattenuto anzi, ha accusato Tony Effe di tutto: dall’uso di droghe all’invasione nella sua vita familiare. Il tono si è fatto sempre più velenoso, con Fedez che ha dichiarato: “Il crac***ane più bello d’Italia, per tre anni ti ho fatto da balia”.
Da qui in poi si può ben dire che la situazione è precipitata. Tony Effe ha tirato in ballo i figli di Fedez, dicendo “Hai fatto i figli solo per postarli”. Questo attacco ha scatenato la furia del pubblico e ha fatto riflettere su quanto sia accettabile spingersi così in là nei dissing. Ci si domanda: dove finisce la competizione musicale e inizia l’aggressione personale?
Il confronto con i dissing americani
Negli Stati Uniti, il dissing ha una lunga tradizione, ma con regole non scritte che, di solito, tengono fuori le famiglie. Prendiamo gli storici scontri tra Tupac e The Notorious B.I.G. o tra Jay-Z e Nas. Le battaglie erano feroci, si, piene di insulti e attacchi personali, verissimo, ma sempre focalizzate sulla credibilità artistica e sulla rivalità professionale.
Anche faide più recenti, come quella tra Eminem e Machine Gun Kelly, si sono concentrate sull’abilità lirica e sulla competizione egoica, senza mai scivolare in attacchi così intimi. In Italia invece, il confine tra la sfera personale e quella artistica è più sottile e sono stati coinvolti persino dei minori.
Quando il dissing diventa odio
Quello che emerge chiaramente da questa vicenda è che, come spesso accade, le parole, quando usate in modo improprio, si trasformano in veri e propri strumenti di odio. Ci chiediamo quindi se questo è stato rinominato come “dissing” ma in realtà si tratterebbe di odio fra i due artisti?
Fedez e Tony Effe, hanno nettamente superato i confini della musica, dando vita a una situazione tossica che ha coinvolto anche persone estranee al conflitto. Questo dimostra come il dissing abbia perso la sua essenza artistica, trasformandosi in uno strumento di aggressione.
A differenza dei dissing americani, che di solito rimangono confinati alla rivalità musicale e alla credibilità artistica, in Italia si assiste a una tendenza preoccupante: l’invasione della sfera personale degli artisti, violando il rispetto per la loro vita privata. La faida tra Tony Effe e Fedez solleva quindi una domanda cruciale: fino a che punto la cultura del dissing può degenerare, quando le parole smettono di essere un’espressione artistica e diventano armi di odio?
E ironicamente, proprio quando ci si aspetterebbe una conclusione drammatica, Fedez chiude il cerchio con una canzone “semi” romantica dedicata a Chiara Ferragni. È come il classico malessere che ritorna nel suo porto sicuro: le parole possono svanire, ma il web non dimentica. Così, mentre i fan applaudono il “riavvicinamento”, il ricordo delle offese resta impresso nella memoria collettiva, dimostrando che, in fondo, l’odio ha lasciato un segno profondo, difficilmente cancellabile.
Arianna D’Angelo
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