Referendum Cittadinanza sì, abbiamo poco tempo
Il referendum cittadinanza potrebbe essere la prova che l’Italia umana esiste ancora.
Fino al 30 settembre 2024, ogni cittadina e ogni cittadino maggiorenne può firmare per il Referendum cittandinanza, lo si può fare sia online tramite SPID sia ai vari presidi organizzati nelle piazze del vostro territorio (fatevi un giro sull’instagram referendumcittadinanza).
Ora cerchiamo di capirci qualcosa insieme, così sfatiamo ogni bufala e falso mito diffuso da chi di questo Stato sta facendo una gabbia, sta facendo e dico reprimendo chi da solo denuncia e combatte sti fetiente e sa bene che significa “emarginazione” ( ndr la frase non è strana, è solo una citazione necessaria da qui:
Lasciando INALTERATI i requisiti base per ottenere la cittadinanza italiana quali: reddito adeguato, assenza di reati, conoscenza della lingua italiana, idoneità professionale e inserimento abitativo, rispetto degli obblighi tributari, il referendum chiede UNICAMENTE di dimezzare il tempo legale di residenza in Italia per i cittadini e le cittadine che presentano domanda di cittadiananza per se stessi e per figlie e figli minorenni e conviventi. Così facendo, l’Italia non farebbe altro che allinearsi alla maggioranza dei paesi UE da cui si distacca nelle tempistiche tanto lunghe e snervanti.
In sostanza: gli anni dimunuirebbero da dieci a cinque, dandoci la possibilità di colmare alcuni divari abissali e flagellanti che sono una piaga nella nostra società che potremmo riassumere, ad esempio, nella famossissima massima poco dotta del: “pensiamo prima ai problemi degli italiani”. Una qualsiasi persona fisica che in Italia ha una famiglia, lavora e paga le tasse, contribuisce all’economia del Paese. Quest’ultima è anche un’enorme possibilità per il nostro futuro.
Fonte OCSE, entro il 2050 in Italia ci saranno più cittadini inattivi che lavoratori.
Si sa, siamo un paese anziano, andiamo in pensione con un piede nella fossa e quel piede nella fossa lo teniamo in bilico anche grazie alla sanità pubblica, con la quale ci curiamo senza dover necessariamente essere ricchi ( ndr. la sanità pubblica è un tasto dolente, ma per ora diciamo che il sillogismo può esserci utile a comprendere). Chi se non persone che ormai sono integrate e fanno parte del nostro assetto economico, ma che scandalosamente non risultano ancora italiane su carta, può aiutarci a portare avanti un discorso più bilanciato? Certo, sarebbe molto più bello se in ogni ambito politico si abbracciasse l’idea di giustizia che il referendum cittadinanza contiene, ma se vogliamo ragionare in modo utilitaristico e senza fantomatiche bandiere politiche, la risposta è una sola: ci serve una mano da tutte e tutti.
“La cittadinanza solo a chi sa parlare italiano”
Insegno italiano, latino e storia al Liceo. Non sempre persone figlie di genitori italiani, nipoti di nonni italiani, parlano bene italiano. Direi, più che non sempre, spesso. Il problema risiede spesso nella diffusa dialettofonia delle famiglie, nella condizione socio-economica da cui provengono, nelle risorse a cui accedono o possono accedere. La scuola, quella che io stimo e rispetto, prova nei propri limiti a fornire ogni strumento possibile a chi parte con uno svantaggio linguistico. Lo svantaggio linguistico, però, non è presente solamente di italiano di famiglia italiana in italiano di famiglia italiana, è ovvio e sacrosanto che tale svantaggio si manifesti in alunne e alunni che provengono da famiglie ormai italiane, ma che in casa parlano con la propria lingua madre. Allora, nella scuola che piace a me, nella scuola che lo Stato non sempre supporta, gli stessi alunni vanno supportati nello studio. Ad oggi, lo Stato stesso spesso ignora le problematiche di alunne NAI e BES con problematiche linguistiche, bandendo corsucci che per quanto utili, sono sempre troppo poco ai fini dell’integrazione. Una cosa da esperienza diretta però la posso dire: per chi non conosce bene una lingua, c’è possibilità di recuperare e in molti proprio tra i miei alunni lo hanno fatto diventando maggiormente competenti di chi di italiano porta il nome, ma per chi impone tali barriere sapendo che le barriere disuniscono, al mero scopo politico, allora per quelle persone non esiste miglioramento o redenzione.
Per questo, dopo aver bocciato lo ius scholae, dopo aver tanto discusso di ius soli e dopo aver profuso mille parole pensando che davvero i bambini che vanno a scuola possiedano già ogni diritto, fateci un pensiero. Se foste onesti cittadini di un paese e sapeste che vostra figlia o vostro figlio perde l’opportunità di gareggiare all’estero o di affrontare un percorso di formazione unicamente perché, pur essendo nato in quel paese, non gode degli stessi diritti di tutti, ma assolve medesimi doveri, come vi sentireste?
Il referendum è l’unico strumento per un Paese in cui è pausa diritti, noi oggi siamo qui per ricordarvi di fare la cosa giusta e firmare:
Link per la firma con SPID https://pnri.firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/1100000
Arriviamo ai numeri richiesti entro il 30 settembre e facciamo finalmente vedere a chi mette le mani sul nostro futuro che siamo padrone e padroni di noi stessi.
Benedetta De Nicola