Salento, casa mia
La mia terra sa di sale e sa di sabbia.
Sa di vento che soffia forte e di giornate che non sono mai calme. Sa di coste e di mareggiate che si scontrano a suon di tramontana. Sa di scirocco e di odori intensi. Sa di gente che si nasconde sotto le ombre degli alberi e di persone che disperatamente cercano il sole. Sa di sudore e di lavoro. Sa di radici che si sono ancorate con dolore nei ricordi. Sa di abbandono e di nostalgia.
La mia terra è un ulivo, che protegge e spaventa. Ha il tronco grande e i rami frondosi. Niente lo agita, niente lo smuove. Solo una cosa lo tange. E l’ha distrutto.
La mia terra ha foglie che cadono di continuo e germogli nuovi ogni giorno. Ha figlie che partono senza provare rimorso, smosse da desiderio, rabbia e frustrazione, e nipoti che vanno via senza staccarsi del tutto, legati a quel ramo che sarà sempre “casa”. Ha anche figli che rimangono, chi per volontà, chi per rassegnazione, chi perché non saprebbe affidarsi a nessun altro albero all’infuori di questo ulivo malconcio. Chi perché ancora ci crede, in quello che sarà domani.
La mia terra sa di amaro in bocca e del dolce dei fichi raccolti ad agosto. Sa di occhi che bruciano, guardando il sole, e di scogli che graffiano la pelle. Sa di piedi nudi sull’asfalto, nuotate dove non si tocca e corse su una sabbia che scotta. La mia terra sa di tufo e di colore. Sa di storia, di leggenda e di mistero. Sa di sospetto e commenti detti a bassa voce. Sa di occhi indiscreti e di malelingue. Ma, più di tutto, sa di sguardi buoni, di calore e di accoglienza. Sa di vino la mia terra, di uva e di convivialità.
La mia terra è logora e imperfetta. Sa tormentare con promesse che, già in partenza, sono infrante e sa curare le ferite più profonde. Sa amare la mia terra, chi viene e chi va, chi resta e chi non vuole più tornare.
Sa amare me, quando non voglio andare via e anche quando preferisco restare lontano. Mi chiama, mi cerca, mi attira e mi trattiene. “La mia terra”, che poi non è neanche così mia. Eppure io sì che lo sono. Spatriata, e così sua.
Stefania Malerba
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