Lidia Poët: chi è la donna della serie italiana più vista al mondo
Nata a Perrero il 26 agosto 1855, è stata la prima donna in Italia iscritta all’Ordine degli Avvocati, ma non solo: fu pioniera di numerose battaglie per l’emancipazione femminile e tra gli ideatori del moderno diritto penitenziario.
Lidia Poët ebbe il coraggio di sfidare la legge per difendere i suoi diritti di avvocato e, soprattutto, di donna.
Lidia, nata in un’agiata famiglia valdese, in seguito alla frequentazione del collegio svizzero di Aubonne, fu determinata a intraprendere gli studi liceali e, successivamente, a iscriversi alla facoltà di legge, fino a discutere una tesi dal titolo Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale ed al diritto amministrativo nelle elezioni.
Il suo scritto segnò simbolicamente un traguardo ma fu, in realtà, l’inizio di una lunga rivendicazione e di un percorso di vita dedito alla difesa di chi era costretto al silenzio: le donne, i minori e i detenuti.
Dopo la laurea superò l’esame di ammissione in assenza di norme che vietassero alle donne di rivestire la professione di avvocato per cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino iscrisse la Poët all’albo. Ma, per via di un ricorso del Procuratore Generale del Re, la Corte d’Appello di Torino annullò tale iscrizione ritenendo che la professione forense fosse un pubblico ufficio e, in quanto tale, vietato alle donne.
«Che le attitudini, le inclinazioni, la missione che si vogliono proprie della donna, siano inconciliabili con tale professione, che il suo ingegno non sia robusto abbastanza, né la sua dottrina di quell’ampiezza voluta, né la sua laboriosità indefessa può essere opinione dell’egregio sostituto procuratore generale e di altri molti spettabili personaggi, opinione che forse il tempo e i fatti potranno modificare».
È questo ciò che disse la Poët e così fu: non si arrese e in ogni modo manifestò il suo dissenso, fece sentire la sua voce e portò avanti i suoi ideali e i suoi sogni.
Prese parte a Congressi Penitenziari Internazionali per dimostrare la necessità di una pena equa e costruttiva: grazie a lei vennero istituiti i tribunali dei minorenni al fine di sostituire alla pena un graduale reinserimento nella società. Inoltre, in collaborazione con la scuola di ricamo Bandera di Torino, avviò un progetto di rieducazione per le detenute.
Tenne numerose conferenze in Congressi Femminili, battendosi per la piena emancipazione, la parità dei sessi e il diritto al voto.
Nel 1908, infatti, partecipò attivamente alla realizzazione del programma del Primo Congresso delle Donne italiane a Roma, poi diffuso dalla rivista La donna con cui lei collaborava, e dal 1922 divenne presidentessa del Comitato Pro Voto di Torino. Nel frattempo, si inserì anche nel panorama internazionale prendendo parte, insieme a un gran numero di delegate straniere, al Consiglio Internazionale delle Donne che si tenne a Roma nel 1914.
Anche in seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, decise di impegnarsi per il prossimo, proponendosi come infermiera volontaria nel corpo della Croce Rossa Italiana e come membro del Comitato per Profughi del comune di Pinerolo.
Lidia Poët venne iscritta all’albo degli avvocati di Torino solo nel 1920, all’età di 65 anni e in seguito all’approvazione di una legge che consentiva alle donne di lavorare negli Uffici Pubblici.
Il suo operato le valse la stima e l’affetto di numerosi intellettuali del tempo, tra cui Edmondo De Amicis di cui conserviamo una serie di lettere che dimostrano un chiaro rapporto di amicizia tra i due.
Trascorse i suoi ultimi anni a Diano Marina, dove morì il 25 febbraio del 1949.
Personalità di spicco, donna forte e intraprendente, punto fermo nella lotta per i diritti delle donne. Una vita che Guido Iuculano e Davide Orsini hanno deciso di raccontare attraverso una serie televisiva pittoresca e avvincente.
La legge di Lidia Poët, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire, debutta su Netflix il 15 febbraio 2023. Nel ruolo di Lidia, Matilda De Angelis, affiancata da Eduardo Scarpetta nei panni del giornalista Jacopo Barberis.
La trama è liberamente ispirata alla vita dell’avvocata Poët e prende avvio proprio dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino che dichiara illegittima l’iscrizione della donna all’albo degli avvocati, impedendole di esercitare la sua professione. Da lì, si delinea sempre più chiaramente l’immagine di un’eroina che va oltre le apparenze per fare giustizia e che combatte per rivendicare il proprio ruolo e la propria identità.
Una serie che indubbiamente rende giustizia a una grande donna, tanto da diventare la serie italiana più vista al mondo.
Di sicuro si tratta di un successo importante e significativo, soprattutto in una società ancora intrisa di maschilismo, misoginia e patriarcato.
Viviamo in un contesto nuovo e in un momento storico diverso, ma nonostante questo l’esempio della Poët continua ad essere di grande attualità e consegna alle donne un modello da imitare e agli uomini qualcosa a cui pensare.
La serie torna con una seconda stagione il 30 ottobre, e mostrerà una successiva fase di vita della donna, sempre più determinata a cambiare la legge.
Una vicenda biografica diviene spunto di riflessione, si fa portavoce di un messaggio che va oltre il tempo e le circostanze: Lidia invita ancora oggi a farsi sentire, a ribellarsi, a credere nelle proprie idee, ad essere donne libere.
Maddalena D’Angelo
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