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“Costruire nuove possibilità: una leadership più generativa, più trasformativa, al femminile”: per tutte le donne che non erano presenti

Che cos’è il potere? Un’immediata rappresentazione machista arriva alla nostra mente se proviamo a rispondere. Quella di un potere individualista che subordina l’altro, lo schiaccia, crea distanze.

Questa però non è l’unica declinazione: esiste un potere che avvicina, che fa squadra, che trae la sua forza dal sostenere le altre. È il potere declinato al femminile.

È con questa riflessione che Melicia Comberiati, Segretaria Generale CISL Napoli e Raffaella Ruocco, Dirigente Confcooperative Campania, hanno aperto le due giornate che si sono tenute l’8 e il 9 ottobre al Palazzo Reale di Napoli.

L’evento, dal titolo “Per costruire nuove possibilità: una leadership più generativa, più trasformativa, al femminile”, ha raggiunto circa trecento iscrizioni: trecento donne, studentesse, libere professioniste, vittime di violenza, che hanno lavorato insieme affinché i temi dell’emancipazione e libertà femminili potessero tornare centrali nell’agenda politica.  

Solo con questa rinnovata attenzione si potranno “costruire nuove possibilità”  per la leadership femminile, partendo dal presupposto che, spesso, il semplice possesso dello status di donna determina minori opportunità: a prescindere dalle sue capacità, una donna che prova ad affermarsi nel mondo del lavoro incontra ostacoli solo perché non è un uomo. Cosa ce ne facciamo, dunque, delle pari opportunità? Se partiamo svantaggiate abbiamo bisogno delle dispari opportunità: di una linea di partenza che sia 10 metri più avanti. Solo così potremmo correre al pari di un uomo, o meglio, al pari delle sue possibilità.

Dopo aver definito quindi il punto di partenza, è l’Assessore Politiche Sociali Regione Campania, Lucia Fortini, a dare il via ai lavori con l’energia necessaria per “costruire una Campania migliore”.

I sei tavoli di lavoro

Un esercito di donne si riversa a questo punto nei meravigliosi corridoi di Palazzo Reale, dividendosi tra le preziose sale che ospitano i sei tavoli di lavoro tematici:

  • Genere e generazioni: il lavoro per costruire futuro e sviluppo
  • Donne e libertà: stereotipi, diritti e violenze
  • Donne e cultura: l’Economia della bellezza
  • Il Welfare: la sfida da vincere
  • Donne e intelligenza artificiale
  • La medicina di Genere per il benessere delle donne

È questo il momento in cui da spettatrici diventano partecipanti. Da ciascun tavolo è infatti emerso un documento riassuntivo delle principali proposte che le donne avanzano alla Regione Campania per lo sviluppo delle politiche di genere. “Tavoli di possibilità”, come li ha definiti Enza Amato, Presidente Consiglio del Comune di Napoli. Spazi di discussione e di confronto in cui potersi conoscere per poi costruire insieme: ciascuna poteva liberamente prendere parola e condividere un’esperienza personale, professionale o una semplice riflessione. Ciascuna, con taccuino e penna alla mano, poteva scrivere insieme alle altre un documento che partisse così dalle necessità concrete delle donne e dalle problematiche che vivono ogni giorno sulla propria pelle.

Tavolo “donne e libertà: stereotipi, diritti e violenze”

Le proposte, suddivise in aree tematiche, sono emerse quindi da tavoli diversi, fisicamente distanti, ma profondamente trasversali.

Al tavolo “donne e libertà: stereotipi, diritti e violenze” si comincia parlando di violenza sulle donne, proponendo una strategia d’azione che si dirama in due direzioni: quella della prevenzione – attraverso la promozione di corsi di educazione ai sentimenti e corsi di educazione sessuale nelle scuole – e quella della presa in carico della vittima di violenza. Su quest’ultimo punto, le donne coinvolte nell’organizzazione di centri antiviolenza e case rifugio hanno preso parola per insistere sulla necessità di investimenti strutturali – con cadenza triennale – lamentando l’attuale mancanza di continuità nell’erogazione di risorse verso tali strutture.

Non solo, si è anche parlato dell’ implementazione del sistema regionale dei centri di trattamento per autori di comportamenti violenti. È in quel momento che una giovane donna si è alzata per prendere parola. I suoi occhi sono emozionati: dice di aver pensato a lungo a se parlare o meno e il microfono svela il battito accelerato del suo cuore. Inizia a raccontare con coraggio della violenza domestica subita, di essere ospite di una casa rifugio, oramai al termine del suo percorso. Racconta di quanto ha lavorato su sé stessa e della fatica che ha fatto per realizzare di non avere colpe. Soprattutto però, parla della rabbia che prova quando pensa che l’uomo coinvolto nella stessa storia – nel ruolo di carnefice e non di vittima – non ha dovuto fare nessuno sforzo e nessun percorso in cui sentire tutto il peso delle sue colpe.

Dopo il suo intervento prende parola una psicologa, per aggiungere un altro tassello fondamentale: spiega che l’uomo maltrattante può intraprendere un percorso riabilitativo per avere una riduzione della pena, ma che al termine non è prevista nessuna valutazione, da parte di un professionista, che attesti che l’uomo sia di fatto uscito da quel circuito di maltrattamenti. Secondo il suo parere – e non solo – la semplice certificazione dell’avvenuto percorso non è sufficiente.

Nel frattempo, dal tavolo “Genere e generazioni: il lavoro per costruire futuro e sviluppo”, qualche sala più in là, arriva l’eco delle parole delle donne che individuano il lavoro – e l’indipendenza economica che ne deriva – come la leva che permette di affrancarsi da situazioni violente: di ribellarsi, di divorziare, di denunciare.

L’interdipendenza tra i tavoli di lavoro è palpabile: le frasi interrotte in un tavolo vengono completate in un altro e le riflessioni si intrecciano tra loro. Al tavolo “donne e libertà: stereotipi, diritti e violenze” si passa al tema degli stereotipi e del peso che esercitano sulle nostre scelte fin dai primi anni di vita. Una donna, per esempio, è convinta sin da bambina di essere più portata per le materie letterarie ed è scoraggiata dal cimentarsi in quelle scientifiche. Nel mentre, non a caso, al tavolo “Donne e intelligenza artificiale” si fa luce su un grosso problema: quello di un’intelligenza artificiale al maschile. Le donne impegnate nelle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) sono infatti una minoranza: ne consegue un’ AI fondata su database generati principalmente da uomini. Perché questo può rappresentare un problema? Amazon, nota azienda di commercio elettronica, aveva deciso di utilizzare l’intelligenza artificiale per selezionare il proprio personale, per poi rendersi conto che i curriculum delle donne venivano discriminati e scartati a priori. 

La fine delle due giornate

La leadership femminile viene ostacolata da troppo tempo. In queste due giornate abbiamo voluto costruire insieme le possibilità di cui ci hanno privato a lungo, nella speranza di avvicinarci a sfondare quel famoso soffitto di cristallo.

Io ancora vedo orizzonti dove tu disegni confini

Frida Kahlo

C’è però una condizione preliminare affinché una donna possa accettare le possibilità che le vengono offerte: liberarsi dalla sindrome dell’impostora e dal senso di colpa che spesso la coglie quando si dedica a sé stessa e al lavoro piuttosto che alla cura della famiglia. Sentirsi inadatte e inappropriate non è irreversibile. Entrare in punta di piedi in un’occasione che ci siamo ben meritate non è un destino segnato. Fin da bambine saliamo a bordo di un treno che cammina sulle rotaie dello stereotipo, ma possiamo scegliere di scendere.

Come hanno fatto le ragazze della squadra Sant’Anastasia Calcio Femminile, nata grazie alla volontà di lottare contro gli stereotipi di genere della Cooperativa Sociale Proodos, presentate alla platea dal suo Presidente Mario Sicignano. È stata poi la cantante e attivista Stefania Ojemba a suggellare il messaggio attraverso la musica e a ricordarci di non avere mai paura di essere donne.

Le coordinatrici dei sei tavoli di lavoro hanno infine chiuso la giornata del 9 ottobre con la divulgazione delle proposte avanzate alla Regione Campania. Sarà poi redatto un documento finale da consegnare al presidente della regione Vincenzo De Luca che, rammaricato di non aver potuto presenziare all’evento, ha comunque inviato un messaggio di supporto alle iniziative.

 Conclusioni

Abbiamo aperto questo articolo parlando del concetto di potere. Adesso abbiamo capito che ha una trasposizione al femminile: leadership. Dal verbo inglese “to lead”, si riferisce alla capacità di guidare un gruppo, di fare squadra. Senza sottomettere, senza schiacciare.

Alle due giornate dell’8 e del 9 ottobre le donne presenti hanno fatto squadra, perché forse è vero, al di la di tutti i cliché, che non possiamo evitare di essere solidali l’una con l’altra: il 9 ottobre era sera mentre rincasavo dall’evento. Alla stazione della metropolitana un uomo barcollava accanto ai binari, probabilmente ubriaco. Una ragazza davanti a me si gira, mi guarda, mi fa un cenno col capo invitandomi a passare insieme dall’altro alto, ed io la seguo.

Nello spazio tra noi due non c’era nulla: non un nome o una presentazione. Nessuna parola, nessuno sforzo per comprendere quel gesto dal significato lampante, ovvio. Forse per una donna.

Solo uno strano senso di confidenza, come se ci riconoscessimo. Solo due donne e tutto il non detto delle loro comuni esperienze.

Costruiamo nuove possibilità. Per me, per la ragazza senza nome della stazione, per tutte le donne che non erano presenti.

Simona Settembrini

Leggi anche: Empowerment e leadership femminile: l’evento conclusivo del percorso formativo. Una fine che non vuole essere una fine

Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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