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La Corona Ferrea: un millenario viaggio tra fede, potere e leggenda

Immagina di trovarti nel cuore pulsante di un’epoca antica, dove il confine tra storia e leggenda si dissolve, mentre fede e potere, intrecciandosi, danno luogo ad un equilibrio perfetto e senza tempo; sul capo dei sovrani d’Europa noteresti, silenziosa e altera, una splendente corona dorata, riccamente intarsiata con ogni tipo di gemma preziosa.

Molto più di un semplice ornamento, la Corona Ferrea rappresenta, ancora oggi, un ponte tra l’umano e il divino, un simbolo tangibile di una sacralità e di un’autorità che trascendono le mere convenzioni terrene, ma anche, e forse soprattutto, una chiave per comprendere il complesso intreccio di potere, spiritualità e mito che ha dominato la storia dell’Europa medievale e moderna.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo straordinario manufatto, ad oggi considerato come uno dei più antichi gioielli regali ancora esistenti, non fu realizzato in ferro, ma in oro purissimo: il nome “Corona Ferrea”, infatti, deriverebbe dall’espressione che, anticamente, veniva utilizzata per riferirsi ad essa, ovvero “Corona del Ferro”, intendendo con “Ferro” uno dei chiodi che, secondo la tradizione, sarebbero stati utilizzati per crocifiggere Gesù Cristo. Il chiodo, conservato come reliquia, sarebbe stato quindi fuso, trasformato in una lamina e, infine, posto all’interno della corona, quasi a voler simboleggiare un potere sacro e regale al tempo stesso, oltre che incontestabile poiché scelto e benedetto da Dio. Ad oggi, benché tale versione ci appaia affascinante e suggestiva, sappiamo di per certo che la placca interna della corona, montata probabilmente per concedere stabilità e solidità a tutte le altre, è costituita interamente da argento e non da ferro. Da dove nasce, quindi, questa antichissima leggenda?

Secondo la tradizione più accreditata, l’ornamento sarebbe appartenuto all’imperatore Costantino, il quale, piuttosto che indossarlo come una comune corona, l’avrebbe portato incastonato in un elmo-diadema, come rappresentato in un medaglione che, risalendo al lontano 315, risulterebbe la più antica testimonianza dell’esistenza della corona.

Costantino avrebbe ottenuto il prezioso manufatto grazie a sua madre Elena, oggi venerata come santa da tutte le Chiese cristiane; l’imperatrice, infatti, era cristiana e nel corso della sua vita, oltre a spingere il figlio ad intraprendere il lungo percorso che l’avrebbe poi portato alla conversione, condusse diversi pellegrinaggi a Gerusalemme, da cui sarebbe tornata con numerosissime preziose reliquie. Tra esse, molte delle quali andate perdute, quattro chiodi della Vera Croce: il primo l’avrebbe gettato in mare durante una tempesta, con lo scopo di ottenere protezione durante la traversata, il secondo sarebbe stato condotto a Roma ed è tutt’oggi custodito presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, il terzo sarebbe stato fuso al fine di realizzare il morso del cavallo di Costantino, mentre il quarto ed ultimo chiodo venne incastonato direttamente nella sua corona, assicurando perpetua protezione al giovane imperatore. Se volessimo prendere per vera questa leggenda, il ferro sarebbe stato posto probabilmente sulla sommità della corona, piuttosto che al suo interno, quasi a formare una sorta di arco, mentre l’argento deriverebbe da un restauro successivo di epoca medievale. La nostra storia, a questo punto, ammette due versioni tra loro discordanti: secondo la più antica di queste, alla morte di Costantino e per volere dello stesso imperatore, la corona sarebbe stata ereditata dal vescovo di Roma e conservata da quest’ultimo almeno fino all’epoca della regina longobarda Teodolinda, passata alla storia come la monarca che, per prima, guidò il suo popolo verso il cristianesimo. Con lo scopo di premiare l’intraprendenza della sovrana, papa Gregorio I le offrì quindi in dono la preziosa corona e le permise, inoltre, di erigere una piccola cappella con lo scopo di preservarla. Ad oggi, quell’antica cappella non esiste più e, al suo posto, svetta l’immensa cattedrale del Duomo di Monza, mentre la Corona Ferrea, adorata come reliquia da fedeli provenienti da ogni parte del mondo, giace ancora al suo interno.

Questa versione, tuttavia, non è molto credibile e sembra essere contraddetta dalle dimensioni della stessa reliquia che, costituita da sei placche, sono certamente da considerarsi inferiori rispetto a quelle della mitica corona di Costantino che, invece, ne possedeva otto; è probabile, dunque, che il manufatto, rimasto in Oriente a seguito della morte dell’imperatore, sia tornato in Italia per volere dei bizantini i quali, riconoscendo formalmente il governo barbaro istauratosi in Occidente, l’avrebbero offerto in dono ai nuovi dominatori dell’Italia, non prima però di averlo privato di due delle otto placche originarie, quasi a voler dimostrare che il potere di qualsiasi sovrano barbaro sarebbe rimasto sempre inferiore a quello del legittimo imperatore di Bisanzio. Sia come sia, il mito della Corona Ferrea, alimentato anche dalle suggestive leggende che circolarono per secoli, spinse i monarchi europei a volerla come indiscussa protagonista delle loro cerimonie di incoronazione: la indossò Ottone III di Sassonia, intenzionato a dimostrare il consolidamento del suo rinnovato potere in Italia, ma anche Federico Barbarossa, ricordato soprattutto per aver tentato, in un periodo in cui le città italiane pretendevano l’indipendenza, di restaurare l’autorità imperiale nella penisola; la volle nel suo corredo Carlo V, a capo del celebre “impero sul quale non tramontava mai il sole” e fu persino di Napoleone Bonaparte che, autoincoronandosi come nuovo re d’Italia, pronunciò la frase: “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!”.

Napoleone, in verità, ebbe anche il merito di rilanciare un nuovo interesse per la corona, dopo secoli di oblio; dopo il crollo dell’impero napoleonico e a seguito della Restaurazione, infatti, venne creato il regno austriaco del Lombardo-Veneto, mentre la Corona Ferrea ne divenne l’insegna reale. Fu Ferdinando I d’Asburgo l’ultimo monarca a cingere in capo la Corona durante una cerimonia d’incoronazione: era il 6 settembre del 1838. Ripresa in seguito nel moderno stemma del Regno d’Italia, subito sopra lo scudo sabaudo, la millenaria reliquia brilla ancora oggi nella basilica di Monza, continuando ad esercitare un fascino che, sebbene minacciato dalla spietata resistenza dei secoli, attraversa popoli, re e dominazioni. Specchio di ciò che fummo, riflesso di ciò che saremo, la Corona Ferrea resta lì, silenziosa e altera, mentre continua a suscitarci un intrigante interrogativo: cosa saremmo diventati senza di essa, cosa sarebbe stata senza di noi?

Antonio Palumbo

Antonio Palumbo

Antonio Palumbo, classe 1999, è dottore in Lettere Moderne e attualmente completa la propria formazione con una magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Insegna Lingua e Letteratura Italiana in un istituto scolastico privato e, appassionato di lettura e di scrittura, dedica il suo tempo libero anche alla fotografia naturalistica e al collezionismo di libri e di monete antiche. Insegue il sogno di visitare il mondo e di scoprire tutto il fascino e la complessità delle diverse culture umane.
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