Spazio al PhEST. Fotografia, arte e società nel centro di Monopoli
Torna anche quest’anno il PhEST – See Beyond the Sea.
L’esposizione fotografica prende vita, per il nono anno, nel centro di Monopoli (Bari), e rimarrà aperta fino al 3 novembre, visitabile dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20 (sabato e domenica fino alle 21).
«PhEST è fotografia, cinema, musica, arte, contaminazioni dal Mediterraneo. PhEST nasce da una necessità, quella di provare a restituire una voce propria alle mille identità che compongono il mare in mezzo alle terre, quella di ridefinire un immaginario proprio e nuovo» si legge sul sito della manifestazione, che quest’anno raduna nel borgo pugliese oltre trenta artisti italiani e internazionali.
«La necessità non è quella di cucire la distanza che il Mediterraneo crea tra queste identità perché questo mare semmai le identità le crea e le pone in relazione, ma di ricucire la frattura tra il reale e la sua rappresentazione fuori dal teatro delle verità, dalla scena della verità che spesso l’Occidente è in grado di imbastire». La fotografia, immediata, oggettiva, dettagliata, viene considerata il mezzo migliore per raggiungere questo scopo, l’unico capace di spingersi dove la comunicazione si interrompe, permettendo a chiunque di scoprire cosa c’è al di là del proprio pezzo di terra, dietro chilometri di mare.
«Nel momento in cui tutto sembra dunque meritare una nuova definizione, ci sembrava giusto ripartire da qui, dall’idea destabilizzante di una continua riscrittura del presente. L’area geografica di interesse, mai davvero restrittiva e sempre pronta a modificarsi, a estendersi, a focalizzarsi, coincide con la naturale panoramica di quello sguardo da qui, da Monopoli, dalla Puglia: il Mediterraneo, i Balcani, il Medio Oriente, l’Africa e oltre». Nessun limite di spazio e di tempo, solo l’invito alla libera interpretazione del tema di quest’anno: il sogno. Ispirato al centenario del manifesto surrealista di André Breton (1924), The dream è stato il punto di partenza per una riflessione che ha coinvolto società, ambiente e cambiamento climatico, tecnologia e arte, in forme innovative e sorprendenti.
«“Le strade sono piene di artigiani ammirevoli, ma di pochi sognatori pratici” diceva Man Ray ma noi quest’anno di sognatori pratici da tutto il mondo riempiremo le strade di Monopoli» ha spiegato il direttore artistico Giovanni Troilo. E così è stato: dal Castello Carlo V al lungomare Santa Maria, da Palazzo Palmieri a Casa Santa, dalla Chiesa dei santi Pietro e Paolo al monastero di San Leonardo, fino al Belvedere Portavecchia.
Castello Carlo V
Nel Castello Carlo V, lo spazio è dedicato Man Ray, con La révolution du regard, un approfondimento sul concetto di manipolazione dell’immagine e a Art Every Day, realizzato da Serifa, in cui arte e tecnologia si sfidano e uniscono. La sala d’armi del castello ospita, per la prima volta in Italia, i lavori di Natalie Karpushenko, con il titolo Where Dreams May Come, un suggestivo connubio di luci e ombre.
Palazzo Palmieri
A Palazzo Palmieri, è la Warka Tower di Arturo Vittori a dare il benvenuto ai visitatori, una fonte d’acqua alternativa, realizzata con materiali naturali, biodegradabili e riciclabili al 100%. Al piano terra, anche il progetto fotografico Terra Madre che Lisa Sorgini ha realizzato durante una residenza a Taranto, sul tema della maternità e The lollipop trees, la foresta di disegni in cui sono scritti i sogni dei bambini di Monopoli coinvolti nel progetto di Jan von Holleben. Scendendo pochi gradini, ecco le immagini di Celestino Marco Cavalli, Northern Stars: pennellate di vernice fosforescente a illuminare il sentiero che da Grimaldi di Ventimiglia porta a Menton, e, nella sala che ospita i forni, l’esposizione Terracielo realizzata da Davide Monaldi, una produzione scultorea in ceramica, in cui realtà, ossessione e fantasia coesistono.
Al primo piano: Polly in Wonderland di Polina Kostanda riproduce immagini in cui esseri umani, cibo e mondo animale si fondono in forme trasgressive e audaci; in Soft Spot, Michalina Kacperak racconta la storia della sua vita, figlia di padre alcolizzato, attualmente sobrio, e la difficoltà di convivere con la paura e la colpa; Ismail Ferdous, con Sea Beach, torna nel luogo della sua infanzia, una spiaggia oggi affollata e privata della purezza originaria. Il sogno inteso come speranza è ben rappresentato nella serie di Matthias Jung, Esperanto, la storia di una piccola regione del Belgio, che voleva affermarsi come stato indipendente e fare dell’Esperanto la sua lingua nazionale.
Al secondo piano: Valentina Vannicola, con La Processione mistica, si ispira alla processione descritta da Dante nel XXIX Canto del Purgatorio, portando in scena il timore dello scorrere del tempo e la vulnerabilità dell’essere umano; César Dezfuli, in Passengers, riprende il progetto nato nel 2016, decidendo di raccontare le storie di 118 passeggeri salvati da un gommone alla deriva a 20 miglia nautiche al largo delle coste libiche; Bruce Eesly, attraverso New Farmer, affronta il tema della manipolazione genetica delle colture, un’innovazione che potrebbe nascondere un destino rovinoso.
Poi, i progetti dell’artista visivo iracheno Nariman Darbandi immagini e video 3D ispirati ai cliché del cinema occidentale(Desolated Dreams), e di Pier Alfeo (Lapse), sulle conseguenze dell’inquinamento acustico di origine antropica. Antone Dolezal (Part of Fortune and Part of Spirit) riflette sulla «creazione del mito americano» e Richard Sharum, in Of Thee I Sing – An American Series propone un approfondimento sulla società americana, minata dalla violenza e dalla povertà. Per finire, il progetto di Nico Palmisano, Dream, unione tra l’intelligenza artificiale e i sogni della sua infanzia.
Casa Santa e Stalle di Casa Santa
Casa Santa, poco lontana da Palazzo Palmieri, è un salto in un mondo delicato e compromesso. A Photographic Memory of Palestine Before the Nakba, dal libro Against Erasure, èuna raccolta di immagini sulla Palestina tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, prima della creazione dello Stato di Israele; Adam Rouhana, in Before Freedom, commemora la quotidianità dagli abitanti di Gerusalemme, oltre i conflitti e le guerre; Landingdi Maen Hammad porta in scena lo skateboarding, forma di resistenza e lotta silenziosa per molti giovani palestinesi e Antonio Faccilongo, in Habibi (in arabo “amore mio”) racconta la vita di famiglie costrette alla distanza e alla solitudine, ma che non si abbandonano alla rassegnazione.
È nelle stalle dell’edificio che trovano posto leopere realizzate da Polina Osipova (The Heart of Dreams), in cui oggetti e sculture sono indossati dall’artista con ironia e audacia, diventando occasione di sperimentazione.
Monastero di San Leonardo
Protagonista è Paolo Ventura (in copertina) con Short Stories: ciclo di opere realizzato ad Anghiari, dove l’artista trascorse parte dell’infanzia e dove immagina i viaggi e i desideri di brevi storie in cui intervengono anche il figlio Primo, la moglie Kim e il fratello gemello Andrea, in racconti fantasiosi e amari.
Chiesa dei santi Pietro e Paolo
La chiesa dei santi Pietro e Paolo ospita Fields of Sight, collaborazione tra Gauri Gill e Rajesh Vangad, che combina gli scatti realizzati da Gill in un villaggio sulla costa del Maharashtra in India e i disegni fantastici di Vangad.
Chiesa di Sant’Angelo
Nella chiesa di Sant’Angelo, lo spazio è dedicato a Tutto è compiuto di Fabrizio Cicero, installazione che «incorpora le forme del folklore della cultura popolare, i simboli, i riti, i costumi e le convenzioni sociali» attraverso l’impiego delle luminarie tipiche delle feste popolari.
Molo Margherita e Lungomare Santa Maria
Il molo Margherita, nei pressi del porto e del castello, ospita i progetti di Jan von Holleben e Peter Menzel. Il primo, All Humans Be Cats, racconta i sogni di oltre 800 bambini e bambine che frequentano la scuola primaria in quattro istituti comprensivi della città: piccoli giocolieri, insegnanti, poliziotti, supereroi che hanno portato in scena, come in un gioco, aspirazioni e progetti. Il secondo, Material world: a global family portrait, ritrae varie famiglie di diverse parti del mondo, fuori dalla loro casa, con intorno tutti i propri oggetti e arredi. La domanda è: «Possiamo tutti avere tutto ciò che vogliamo, e sarebbe giusto?»
Il lungomare Santa Maria è il luogo dedicato al progetto di Pamcoc, Non è una passeggiata, in cui l’artista affida alle parole e a pochi tratti di colore, la sua concezione di tempo, infanzia, dubbio e futuro.
Belvedere Portavecchia
È il punto più lontano della mappa, ma poco distante dal resto. Qui, custoditi dalla fotografia di Guillem Vidal, sono immortalati parchi giochi abbandonati (Forgotten Playground): «sono una metafora dell’oblio: di quella incapacità caratteristica della fase adulta della vita umana, quella in cui il ludico resta solo come un ricordo».
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