Abbiamo bisogno del diritto alla disconnessione
Abbiamo il record di straordinari in Europa e lavoriamo come cani, neanche la dedizione nel nostro lavoro dipendesse dalla quantità di ore aggiuntive non retribuite.
Com’era il proverbio? Trova lavoro in Italia e non staccherai un’ora nella tua vita.
Che cos’è il diritto alla disconnessione?
Citando Wikilabour:
«Per diritto alla disconnessione si intende il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa. La sua previsione è particolarmente importante nell’ambito del lavoro agile1.»
Quale legge lo regola in Italia?
Il tema venne affrontato nella legge 81/2017 in modo sommario e non adeguato, infatti la norma trattava del diritto dello smart worker di limitarsi all’orario lavorativo normale, non accennando a contratti lavoratore-editore.
Attraverso misure di contrattazione contrattuale si è ottenuto che lo smart working venisse regolamentato, prendiamo ad esempio la Barilla, che in un accordo siglato nel 2015 dice “durante lo svolgimento dello smart working, nell’ambito del normale orario di lavoro, la persona dovrà rendersi disponibile e contattabile tramite gli strumenti aziendali”. Simili provvedimenti sono stati attuati da Vodafone, Monte dei Paschi di Siena ed Enel.
Se si osservano bene i testi degli accordi si nota un punto comune: tutti parlano del dovere di lavorare in orario lavorativo ma nessuno impedisce di essere reperibili anche per periodi più lunghi, il che potrebbe portare certi lavoratori a sforare gli orari giusto per via di pressioni esterne.
La pandemia ha posto in primo piano l’urgenza del vuoto legislativo, portando alla legge 61/2021, la prima a parlare chiaramente di diritto alla disconnessione come una necessità. Sempre la stessa legge stabilisce che lo smart worker non rischi ripercussioni in caso di non reperibilità in orario extra-lavorativo.
Abbiamo però qualche novità: il 28 settembre 2024 è stata lanciata dall’associazione L’associata una proposta di legge volta proprio a ridiscutere i termini del diritto alla disconnessione.
Il pdl prevede tre aggiunte fondamentali alle leggi già presenti:
- No lavoro (mail o simili) al di fuori dell’orario lavorativo e sino a 12 ore dopo il termine del turno. Se, in casi emergenziali, si contravviene al divieto è obbligatorio pagare gli straordinari.
- Gli strumenti digitali lavorativi come pc e smartphone devono essere forniti dalle aziende (se con più di 15 dipendenti)
- La legge varrà sia nel rapporto datore-lavoratore, che tra colleghi.
In caso di mancato rispetto della legge il pdl prevede multe da 500 a 3000 euro.
Tale legge permetterebbe all’Italia di accodarsi ad altri Paesi europei che già da tempo hanno leggi in merito: la Francia, per esempio, punisce il datore di lavoro per non aver adempiuto all’obbligo di negoziare sulla qualità della vita sul lavoro, compreso il diritto di disconnettersi. In questo caso, il datore di lavoro potrebbe essere punito con un anno di reclusione e una multa di euro 3.750 (come previsto dagli artt. L.2243-1 e L.2243-2 del Codice del Lavoro). Similmente fanno, Slovacchia, Portogallo e Lussemburgo.
Perché abbiamo bisogno di questa legge?
Il diritto alla disconnessione vero e proprio, così come lo prevede il pdl, non esiste ancora in Italia. Lascia in mano alle singole aziende e alla contrattazione impari datore-lavoratore l’onere di gestire lo smart working, con risultati deludenti e svantaggiosi per il lavoratore. La nuova legge permetterà invece la tutela di tutti i lavoratori, a prescindere dalla singola azienda, equiparandone le condizioni minime.
Ci siamo abituati a un mondo che ci spinge ad essere macchine, dove la vita dei sogni è essere business qualcosa, senza tempo per nessuno perché focus on yourself e nel tempo libero leggere le 10 regole per avere successo. Peccato che nel frattempo ci stiamo anche ammalando e passeremo forse alla storia come la generazione “sesso poco, droga dello psichiatra e rock n roll”.
Ecco, forse queste politiche di tutela potrebbero aiutare nel processo di riumanizzazione dei nostri ritmi e delle nostre vite.
Sofia Seghesio
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