La violenza di genere attraverso gli estratti letterari
In occasione del 25 Novembre, giornata designata dalle Nazioni Unite per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla violenza di genere, l’intento è quello di ridare voce alle nostre sorelle che prima di noi hanno subìto violenze e discriminazioni e che hanno avuto il coraggio di scriverne pubblicamente; sono voci della storia della letteratura che accompagnano le nostre, di voci, ogni giorno.
Nel dolore, nella lotta, nella vita e nella morte, nella resistenza.
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Finché alcuni uomini usano la forza fisica per soggiogare le donne, non tutti gli uomini hanno bisogno di farlo. La consapevolezza che alcuni uomini lo fanno è abbastanza per minacciare tutte le donne.
Questo è un estratto del libro di Marilyn French intitolato The War Against Women, pubblicato nel 1992.
French, scomparsa nel 2009, era una scrittrice e un’accademica che ha contribuito al pensiero e alla letteratura femminista; la sua opera intitolata The Women’s Room è stata uno dei simboli del movimento femminista degli anni ’70.
Sono ancora tantissime le persone, uomini soprattutto, che rivendicano il detto “not all men” per sottolineare che non tutti gli uomini sono violenti o carnefici o sostenitori del patriarcato.
È un’espressione di cui gli uomini si servono per difendersi dalle accuse di violenza di genere, cadendo in un estremo soggettivismo che include solo la loro esperienza. Ma l’assoluta soggettività della loro esperienza non può e non deve essere il loro unico orizzonte di riferimento per un dialogo ben più complesso che comprende piaghe sociali quali violenza fisica, verbale, economica…e femminicidio, l’ultimo tassello della violenza patriarcale.
Non tutti, non noi, non io. Eppure, è sempre uno di voi.
Non sia mai che un uomo si senta offeso, preso in causa, esposto, costretto a riflettere sui propri gesti e sulle proprie parole. Dopo secoli di indiscussi privilegi gli uomini ancora vogliono essere protetti, rassicurati, lodati perché “io la mia fidanzata non la picchio” o “non faccio catcalling alle sconosciute per strada”. Bravo, Uomo. Spiacente di comunicarti che questo non è un vanto, né sei meritevole di qualche premio o lode.
La violenza di genere è una violenza sociale di tipo strutturale. Gli uomini hanno il compito e il dovere di guardare aldilà della difesa personale, perché focalizzarsi esclusivamente sulla propria innocenza comporta il rischio di allontanarsi sempre di più dal problema sistemico della violenza di genere che richiede un approccio più ampio, non personale ma collettivo.
Non tutti gli uomini, ma sempre un uomo. E questo, per tutti gli uomini, dovrebbe essere sufficiente per abbracciare una responsabilità collettiva, per riconoscere il legame tra patriarcato e violenza, per mettersi in discussione e agire contro le norme dannose e le disuguaglianze.
Sì, lo sappiamo che non tutti gli uomini sono così. Ma finché anche solo un uomo è così, l’espressione “not all men” sposta l’attenzione dalla vittima all’uomo; non tutti gli uomini picchiano, stuprano, uccidono o sono coercitivi, ma è probabile che tutti gli uomini contribuiscano anche alla semplice trasmissione e rafforzamento della cultura patriarcale. Si può essere complici anche senza essere direttamente responsabili. Quindi sì. Tutti gli uomini.
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Per la maggior parte della storia, Anonimo era una donna.
Queste le parole di Virginia Woolf, tratte dal saggio intitolato “Una stanza tutta per sé” pubblicato nel 1929. Il saggio si inserisce nel panorama della letteratura femminista e si concentra, in particolare, sul rapporto tra la donna e la scrittura, attraverso l’analisi degli ostacoli con cui le donne erano costrette a confrontarsi per accedere al mondo intellettuale e letterario.
Affermando che Anonimo era una donna, Woolf vuole sottolineare l’impatto ed i contributi delle donne al mondo letterario, spesso ignorati o trascurati. Gli uomini, al contrario, sono sempre stati riconosciuti e celebrati per i loro traguardi. Tale evidente disparità mostra come le donne siano state ingiustamente derubate delle proprie idee e dei propri scritti che poi sono stati successivamente attribuiti ad un uomo.
Woolf vuole evidenziare la sistematica cancellazione e svalutazione delle opere delle donne nel corso della storia della letteratura, offrendo così uno spunto per un’importante riflessione sulla natura oppressiva delle strutture sociali che relegavano la figura della donna ad un ruolo esclusivamente domestico e al servizio di un uomo.
Bisogna, però, riconoscere la natura paradossale dell’Anonimo. Per quanto repressivo e limitante, l’anonimato ha spesso consentito alle donne almeno di entrare nel mondo intellettuale, spesso con l’uso di pseudonimi maschili. L’anonimato è stato anche una forma di liberazione dalle aspettative sociali, dal peso dell’identità personale, dalle critiche sessiste, dai giudizi esterni.
Ma è arrivato il momento, come sottolinea Woolf, di sfidare le esistenti dinamiche di potere e scavare nella storia per portare alla luce le voci e le storie di tutte le donne che sono state ignorate, trascurate o dimenticate.
Anonimo non deve essere sinonimo di contributo femminile, che invece deve essere riconosciuto e onorato.
Amplifichiamo le voci delle donne storicamente emarginate, affinché a nessuna donna tocchi più lo stesso destino. Mai più.
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Elena Ferrante, pseudonimo di una scrittrice napoletana (o scrittore, secondo alcune speculazioni), ha centralizzato la violenza di genere in alcuni dei suoi romanzi (specie nella tetralogia de L’Amica Geniale).
Ferrante, servendosi della scrittura come potente strumento di denuncia, esplora la violenza di genere in tutte le sue forme; la violenza domestica e gli abusi fisici, ma anche la violenza psicologica ed il controllo che gli uomini esercitano sulle donne. Tale controllo si traduce spesso in una dipendenza economica della donna, relegata (dalla sua famiglia o dall’Uomo) ai soli ruoli di moglie e madre, costretta a restare in una situazione di violenza perché altrimenti non potrebbe neanche più mangiare o vedere i figli. Ma ancora, il controllo dell’uomo può includere anche altri campi: i vestiti della donna, il suo modo di parlare, i suoi gesti, chi incontrare e chi no…e tanto altro ancora. Sulla sua intera vita, forse.
Ferrante spiega brillantemente la ciclicità della violenza. Può accadere che le donne internalizzino le dinamiche delle violenze ricevute e, non avendo strumenti per difendersi o elaborarle, perpetuano il ciclo di violenza nei confronti sia di sé stesse che degli altri.
Ferrante descrive una società profondamente maschilista, dove i ruoli di genere appaiono rigidamente codificati, irremovibili. Le donne sono madri, mogli, serve, mero oggetto di desiderio dell’uomo; provare ad affermarsi come donna acculturata ed indipendente, e quindi tentare di scavalcare i margini di queste categorie, è quasi un suicidio.
Ferrante adotta frequentemente una prospettiva intersezionale, per cui la violenza di genere non è un evento isolato o un campo di studi da considerare separatamente, ma è radicalmente legata ad altri fenomeni quali la lotta di classe e l’accesso all’istruzione.
Ed è questa la base del femminismo intersezionale: l’oppressione delle donne è intrinsecamente legata ad altre forme di discriminazione quali il razzismo, la disabilità, l’età, la sessualità e l’identità di genere ed altre caratteristiche identitarie.
La vera lotta femminista è una lotta intersezionale. Ricordiamocelo SEMPRE.
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Secondo l’ISTAT, i femminicidi nel 2023 sono stati 112 (di cui siamo a conoscenza).
Nel 2024, fino ad ora, più di 90.
È innegabile che ci troviamo di fronte ad una violenza di genere che cresce sempre di più anno dopo anno.
È una violenza che si nutre principalmente dell’assenza. L’assenza dell’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole. L’assenza nei figli maschi di educazione del rispetto e dell’uguaglianza. L’assenza di leggi per la CONCRETA protezione delle donne. L’assenza di punizioni adeguate agli stupratori e gli assassini.
A quante altre donne spetterà lo stesso atroce destino prima che la rivoluzione socioculturale abbia inizio?
Attraverso quanta morte ancora dobbiamo stringere i nostri denti sanguinanti prima che il patriarcato possa essere sradicato dalla nostra storia?
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Fondazione Giulia Cecchettin: Fondazione Giulia Cecchettin
1522 – Numero Anti Violenza e Stalking: 1522 – Numero Anti Violenza e Stalking
Rifugi Anti Violenza in Italia: I Centri Antiviolenza di D.i.Re – D.i.Re – Donne in Rete Contro la Violenza
Casa Internazionale delle Donne: Associazioni – Casa Internazionale delle Donne
Telefono Rosa per donne e minori: Telefono Rosa – Più forti insieme 2024
Associazione Transfemminista LUCHA y SIESTA: Casa delle donne Lucha y Siesta
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Marcella Cacciapuoti
Leggi anche: Quanti secondi servono per fare violenza? – La Testata Magazine
Illustrazione di Sonia Giampaolo