L’ Amica Geniale 4 è una serie di vita e perdita: la recensione a caldo
La fine di un’era, di un duo iconico, arriva con l’episodio conclusivo della serie TV L’Amica Geniale.
La stagione 4 si conclude e porta alla sua fine una storia di vita e perdita, una Napoli antica e povera, un immaginario che ha conquistato il mondo intero.
L’ultima stagione de L’Amica Geniale si chiude con una narrazione intensa e ambiziosa, fedele alla penna di Elena Ferrante ma con una propria identità cinematografica.
È una stagione che si muove tra i legami personali e le tensioni collettive di un’Italia in trasformazione, con uno sguardo che si restringe per concentrarsi sul cuore della storia: l’amicizia complessa, dolorosa e indispensabile tra Elena Greco e Lila Cerullo. La fine è degna dell’inizio e, lentamente, è proprio lì che ci riporta con il suo atto conclusivo.
La regia di Laura Bispuri ha scelto di spostare l’attenzione dal contesto storico e sociale – dominante nelle prime stagioni – verso una narrazione più intima e personale. Elena e Lila non sono solo due donne, ma due visioni del mondo che si confrontano, si sfidano e, inevitabilmente, si cercano. Una resta profondamente radicata al rione, alla Napoli degli anni ’70 con le sue contraddizioni e i suoi vincoli. L’altra tenta di fuggire verso un’ideale di emancipazione, ma scopre che può essere davvero molto, troppo difficile lasciarsi il passato alle spalle.
Il cuore pulsante della serie TV è l’amicizia che non si spezza. Al centro della stagione troviamo un’amicizia che è il motore narrativo dell’intera serie. Lila ed Elena vivono vite profondamente diverse, eppure intrecciate in modo quasi ossessivo. Lila, interpretata da Irene Maiorino, incarna ancora quella forza enigmatica e contraddittoria: ribelle, geniale, ma anche profondamente fragile. Elena, invece, interpretata da Alba Rohrwacher, cerca di definire sé stessa attraverso la scrittura, il matrimonio e una relazione tormentata con Nino Sarratore. Questo legame, mai del tutto risolto, è un riflesso delle loro insicurezze, delle loro speranze, ma anche delle loro reciproche invidie.
Le differenze tra le due protagoniste diventano più marcate che mai, ma non impediscono loro di sostenersi nei momenti cruciali, come quando Lila si trova ad affrontare un parto difficile o quando Elena è costretta a confrontarsi con il fallimento della sua vita sentimentale. Questa tensione emotiva non è solo una dinamica personale, ma un’analisi sottile delle possibilità e dei limiti dell’amicizia femminile. I riferimenti alla maternità sono disseminati ovunque, ponendola al centro dell’idea di donna, di femmina, che ha costellato e piagato le epoche.
La maternità è un tema centrale nella quarta stagione, affrontato con grande realismo. Elena si divide tra l’essere madre e il perseguire la sua carriera, sentendo il peso delle aspettative sociali. Al contrario, Lila vive la maternità con un’intensità quasi feroce, protettiva fino all’estremo. È un confronto che riflette due modi di vivere la femminilità, ma anche le pressioni di un’epoca in cui le donne sono costrette a scegliere tra affermazione personale e sacrificio.
A complicare il quadro c’è Nino Sarratore, interpretato da Fabrizio Gifuni, il personaggio più ambiguo della storia. La sua relazione con Elena è un’altalena di speranza e disillusione, un amore che sembra promettere emancipazione ma che si rivela tossico. Nino incarna le contraddizioni di un certo tipo di mascolinità: affascinante, colto, ma incapace di superare il proprio egoismo. Questo rapporto tormentato diventa un’occasione per Elena di confrontarsi con i propri limiti e di riscoprire la sua identità al di fuori degli uomini che hanno segnato la sua vita.
La stagione si chiude con un ritorno simbolico al punto di partenza: il rione, le bambole smarrite, e la “smarginatura” di Lila. Questo concetto, introdotto nei primi episodi, rappresenta una dissoluzione dei confini tra sé e il mondo, un’esperienza che accompagna le protagoniste lungo tutto il loro percorso. È un finale che non offre risposte definitive, ma che lascia spazio alla riflessione sul significato della memoria, dell’identità e del tempo.
Il cambio di cast ha suscitato reazioni contrastanti, ma il risultato finale è un successo. Alba Rohrwacher, già voce narrante della serie, si confronta con il difficile compito di incarnare una Elena adulta, più consapevole ma anche più disillusa. La sua interpretazione ha diviso il pubblico: alcuni l’hanno trovata distante, altri hanno apprezzato la complessità che ha dato al personaggio. Ma il suo essere “algida” è calzante alla tormentata Lenù, geniale ma non abbastanza. Irene Maiorino, invece, raccoglie l’eredità di Gaia Girace con una performance che mantiene viva l’essenza di Lila, regalando momenti di intensità e vulnerabilità che rendono il personaggio ancora più tridimensionale.
Questa quarta stagione è più di un semplice finale: è una riflessione sull’impossibilità di sfuggire completamente alle proprie origini, sul peso delle scelte e sul significato dell’amicizia. Elena e Lila non sono solo protagoniste di una storia, ma simboli di una lotta universale per la libertà e l’autodeterminazione. La regia, con i suoi primi piani intensi e una fotografia che cattura la bellezza e il degrado della Napoli dell’epoca, amplifica il senso di intimità e di urgenza che pervade ogni scena.
L’Amica Geniale non si limita a raccontare una storia: diventa un viaggio emotivo che ci invita a guardare dentro di noi, a riconoscere le nostre paure e i nostri desideri nelle vite di Elena e Lila. Anche quando i titoli di coda scorrono, l’eco della loro amicizia continua a risuonare. E forse è proprio questo il vero successo della serie: non tanto chiudere un cerchio, quanto lasciare che il suo messaggio continui a vivere, dentro e fuori dallo schermo.
Sveva Di Palma
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