Nadia Fusini, chi ha ucciso Anna Karenina? Inchiesta sugli omicidi bianchi nei romanzi dell’Ottocento
“È stato Aleksandrovič Karenin, il marito, a uccidere Anna o è stato Aleksej Vronskij, l’amante?”
Il breve saggio (Minimum Fax) della scrittrice, traduttrice e anglista Nadia Fusini, si apre con una domanda: chi ha ucciso Anna Karenina?
Una domanda fondamentale, di questi tempi, poiché ancora stiamo nell’era in cui sono le donne a morire, e per mano di un uomo, o donne che muoiono, suicidandosi.
La storia di Anna Karenina la conosciamo tutt*, ma che cosa, invece, non conosciamo? Il motivo del suo suicidio.
Nadia Fusini non sottopone al lettore solo la storia di Anna Karenina, ma anche quella di Emma Bovary, Effi Briest e Nora di Ibsen.
Il saggio indaga sulle storie di queste donne, donne che hanno un nome, ma che correlate a un uomo, sono solo una cornice, un accessorio.
“Il marito rappresenta il potere e il possesso nella sua dimensione istituzionale: è il padrone, il tutore dell’ordine”
Con questo breve saggio la Fusini indaga sulle loro storie, e lo fa da investigatrice, non si lascia sfuggire nulla di ciò che racconta e vede Anna, analizza ogni piccolo dettaglio presente nella sua vita, o in quella di Emma Bovary oppure di Nora Ibsen.
Un passo eccezionale qu analizzato dalla scrittrice è quello sul rapporto tra Vronskij-Frou (cavalla), una scena che al suo tempo mi fece riflettere. La scena di Vronskij che cavalca Frou-Frou la vediamo attraverso gli occhi di Anna, oltre a questo, osserviamo anche Karenin, che si accorge di come l’espressione del viso di sua moglie sia cambiato, nel momento in cui, Vronskij cade. Questo passo rivela agli occhi di Karenin non solo l’adulterio tra Anna e Vronskij, in seguito, sarà proprio lei a confessarglielo, ricevendo solo come risposta di “essere discreti” in società. È significativo la risposta di Karenin ma è ancora significativo il rapporto che va a simboleggiare, come ci fa notare la Fusini, di Vronskij e la cavalla, che si sovrappone al rapporto tra lui e Anna.
“Anna è la cavalla già nel modo in cui Vronskij la osserva […] Vronskij è l’uomo, quindi cavalca, sta sopra. […] Lei deve essere dolce, docile, ubbidiente, e capire”
In questo passo ci sono tutti gli elementi per capire il gesto simbolico di Anna, il suo suicidio. Anna non desiderava altro che essere libera, e prova a farlo in tutti i modi, a partire dall’esporre la sua relazione extraconiugale con Vronskij in società, questo, non senza soffrire, basta ricordare come si stava distruggendo nell’anima e nel corpo.
Quello che compie la Fusini con maestria e con un linguaggio accattivante – in modo da condurre il lettore a leggere la storia di almeno una di queste donne – è far comprendere che Anna, come Emma o Nora di Ibsen, sono donne del presente, donne che possiamo trovare ancora oggi, in cui è ancora evidente la disparità di genere. Ci sono ancora le donne che “sbattono la porta”.
È Anna che paga, paga il suo matrimonio, paga il suo adulterio con la morte. E Vronskij? Karenin? A Vronskij, a quest’uomo che ha fatto impazzire Anna con un solo “gesto” e sguardi, non riceve dalla società l’allontanamento, ecco, l’espulsione, l’esclusione.
“Il matrimonio è identità, è prestigio, è solidarietà, è inclusione. È il possesso dei figli che lei ha partorito, ma non sono i suoi, perché il Nome è del padre”
DONNE SBATTETE LA PORTA!
EMILIA PIETROPAOLO
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