Alcuni manicomi più famosi d’Italia
Quella dei manicomi è una storia sofferta iniziata nel 1793 dal medico francese Pinel, il quale decise di liberare i folli dalle prigioni in quanto il malato di mente non può essere equiparato al delinquente, ma senza inserire un vero e proprio trattamento per la cura della persona.
In Italia, grazie alla legge Basaglia, dal 1978 vennero chiusi i manicomi per creare nuove strutture in cui una équipe seguiva il paziente prima, durante e dopo eventuali ricoveri, facendo maggiore attenzione al loro benessere.
Da allora, molti dei manicomi esistenti sul suolo italiano sono stati abbandonati a loro stessi, diventando luogo di ritrovo per i curiosi, fotografi e non solo. Andiamo a conoscerne alcuni tra i più famosi.
Ex manicomio di Mombello
Uno dei più famosi è quello di Mombello, ex ospedale psichiatrico Antonini e conosciuto anche come Villa Crivelli Pusterla, situato a Limbiate, Monza.
Fu il quartier generale di Napoleone Bonaparte durante la campagna d’Italia, preferita addirittura dallo stesso alla reggia di Monza. Considerato una vera e propria città, fu una colonia per i malati adibiti ad attività riabilitative con laboratori, orti e giardini mentre gli agitati erano tenuti in isolamento nell’aerea denominata Campo della Palma, della quale rimane un imponente cancello.
Il manicomio di Mombello fu anche luogo di prigionia e poi di morte del figlio segreto di Benito Mussolini, avuto dall’amante Ida Dalser, anche lei internata in un’altra struttura. Si dice che loro figlio venne internato proprio nel reparto degli agitati.
Nel corso della sua attività fu protagonista di diversi scandali, primo fra tutti di un ospite ricoverato che uccise due infermieri oppure quando, nel 1955, venne avviata un’inchiesta sulle morti di due ospiti che erano deceduti dopo essere stati sottoposti all’elettroshock, creando scompiglio tra i pazienti.
Al giorno d’oggi, molti edifici che compongono l’ex manicomio di Mombello sono in disuso e in decadenza mentre Villa Crivelli ospita le classi di una scuola superiore.
Ex manicomio di Volterra
Nel 1884 nacque il manicomio di Volterra, situato nella zona di Bordo San Lazzero, inizialmente utilizzato come ospizio per i mendicanti. Cinque anni più tardi, l’ingegnere Filippo Allegri ebbe l’ordine di fare un progetto per farlo diventare un vero e proprio manicomio. Nel 1900 Luigi Scabia, a cui venne affidato l’incarico di presiedere l’istituto, fece trasferire i malati dal manicomio di Como a quello di Volterra tramite un treno apposito al loro viaggio.
Scabia strinse contatti con molte Amministrazioni provinciali per ottenere la custodia di ammalati provenienti da varie zone d’Italia, permettendo l’ampliamento del complesso ospedaliero reso necessario dall’aumento dei ricoverati. Gli edifici vennero dislocati in varie arie dovute alla necessità di evitare la simmetria, affinché apparisse come un villaggio. Vi era anche un padiglione apposito per accogliere quelli più agitati e pericolosi, chiamato padiglione Ferri.
Attualmente, l’ex manicomio è in parte abbandonato ma nel complesso ospedaliero di Volterra vi è un museo disponibile per visite guidate tramite la Onlus Inclusione Graffio e Parola di Volterra, in cui sono conservati quadri a olio, che illustrano l’idealizzazione dei padiglioni, le foto dei graffiti NOF4 – pseudonimo di Fernando Nannetti, incisore italiano – i plastici dei padiglioni e tanto altro.
Ex manicomio di Aversa
Altro manicomio che, dopo la legge Basaglia del 1978, venne chiuso e definitivamente abbandonato…anche se non proprio subito dopo la legge, in quanto il manicomio di Aversa, in provincia di Caserta, venne chiuso solo sul finire degli anni Novanta.
Questo complesso edilizio ha una lunghissima storia, che risale al XIII e XV secolo per le architetture più antiche, edificate con funzione religiosa e conventuale: nel 1269 venne costruita la chiesa della Maddalena mentre nel 1430 venne aggiunto il chiostro. Fino al XIX secolo, la struttura ospitò l’ordine francescano, periodo in cui avvenne la definitiva conversione in ospedale psichiatrico.
Inizialmente, l’ex manicomio era specializzato nella cura dei pazienti con metodi non repressivi tramite il “Trattamento morale”, in cui erano curati con un’organizzazione di vita che era fatta di regole ed orari ma anche di divertimenti e svaghi, metodo considerato rivoluzionario per l’epoca. Difatti, i Borbone, una volta ritornati al trono, ne fecero un vanto del Regno in tutta Europa.
Col tempo, però, alcune attività e luoghi come il teatro vennero abolite, trasformandoli in nuovi spazi per gli internati, iniziando così ad assomigliare di più al moderno manicomio, come struttura di contenzione e internamento, a scapito dell’aspetto riabilitativo della persona.
Irene Ippolito
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