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La Germania impone il divieto alle proteste antiaborto davanti ai consultori

L’aborto è un tema che con i suoi dibattiti accesi divide profondamente il mondo: se da una parte ci sono coloro i quali sostengono esso sia un diritto inalienabile della donna, dall’altra ci sono gruppi che, per motivi etici o religiosi considerano l’aborto un atto contro natura e si oppongono in maniera estenuante alla sua legalizzazione.

Tale pratica, che prevede la cessazione volontaria della gravidanza, è regolata e regolamentata in maniera diversa nei vari paesi del mondo.

La Germania ha introdotto il divieto ai gruppi antiabortisti di protestare davanti ai consultori.

Un immenso passo avanti per il rispetto del prossimo e delle sue scelte in uno stato dove l’aborto, in base all’articolo 218 del Codice penale, è illegale, ma non perseguibile se avviene entro la dodicesima settimana di gestazione (sono altresì previste eccezioni in casi particolari). Il divieto ha attirato l’attenzione internazionale tant’è che la notizia è ormai presente sui maggiori tabloid mondiali: il provvedimento fonda le sue basi nella necessità di tutelare le donne che cercano assistenza e consulenza nei consultori, senza subire intimidazioni o pressioni da parte dei manifestanti.

I pro-life saranno tenuti a rimanere ad almeno 100 metri di distanza dalle strutture e in caso di violazione è prevista una sanzione che può raggiungere anche la copiosa cifra di €5000. La ministra tedesca per la famiglia, Lisa Paus, ha definito questa legge “un passo importante nel rafforzamento dei diritti delle donne”.

Quella dello stato tedesco è una presa di posizione completamente opposta a quella italiana: infatti il 23 aprile scorso in Senato è passato l’emendamento – proposto dal deputato Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia – che autorizza le associazioni antiabortiste di operare all’interno dei consultori familiari. Un ulteriore schiaffo alla libertà, eppure gli articoli 1 e 3 della legge 194 prevedono che “lo stato le regioni e gli enti locali promuovano e sviluppino i servizi socio-sanitari nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.”, e che è responsabilità dei consultori quella di contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.

L’aborto resta a oggi un calvario, una vera e propria odissea considerando che due terzi dei ginecologi è obiettore di coscienza. Secondo l’ultima relazione annuale sulla legge del ministero della salute sull’attuazione della legge 194 l’obiezione di coscienza nel 2021 è arrivata a riguardare il 63,6% dei ginecologi e il 40,5% degli anestesisti in Italia.

La premier Giorgia Meloni ha dichiarato che non intende cambiare la legge sull’aborto e che “bisogna garantire una scelta libera che vuol dire garantire tutte le informazioni e le opportunità del caso”. I sentimenti e la salute mentale della madre non contano, la violenza che una donna deve subire non conta: non si tratta unicamente di scegliere se diventare madre o meno; la donna ha diritto di essere l’unica a poter decidere del proprio corpo, della propria salute e della propria vita.

Della Femina Antonietta

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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