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La villa di Poppea ad Oplontis

Presso la città di Torre Annunziata si trova una villa di epoca romana perfettamente conservata, sepolta come Pompei ed Ercolano durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C, appartenente, secondo le fonti, a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone.

La villa è un meraviglioso esempio del lusso di cui la nobiltà romana si circondava, ed è per noi di grande importanza per ricostruire gli ambienti e le decorazioni antiche.

Oplontis era il nome, in epoca romana, della zona dove ora sorge Torre Annunziata, sappiamo questo grazie alla Tabula Peutingeriana, una mappa datata all’epoca medievale, che riproduce una mappa più antica, di epoca romana, in cui la zona dove sono state rinvenute la villa di Poppea ed altre due abitazioni, era così denominata. 

Gli scavi intrapresi ad inizio del 1700, con il ritrovamento delle costruzioni, furono poi portati a compimento nel 1964, anche se una porzione della villa di Poppea rimane ancora da scavare, a causa degli edifici sovrastanti della moderna Torre Annunziata che impediscono le indagini archeologiche. 

Sappiamo che la villa apparteneva a Poppea Sabina e alla famiglia imperiale, da un’iscrizione trovata su un’anfora all’interno della casa, che al momento dell’eruzione del Vesuvio era in fase di ristrutturazione a causa di un forte terremoto avvenuto pochi anni prima, nel 62 d.C, in cui molti edifici, anche di Pompei, rimasero danneggiati. 

La dimora, di stupefacente bellezza, fu edificata nel I secolo a.C e ricevette modifiche nel corso dell’età claudia, al suo interno sono stati rinvenuti numerosi oggetti, tra cui anfore, statue e numerose decorazioni parietali che adornavano le mura delle sale, attribuiti al secondo stile prevalentemente, in cui vi sono ritratti gerle con frutta, animali, colonne, inoltre si possono ammirare pavimenti realizzati in mosaico.

La costruzione è di notevoli dimensioni, adatta all’alto rango dei possessori, originariamente doveva trovarsi vicino al mare di cui si poteva godere la vista, fu accuratamente pianificata, con una zona adibita alla vita quotidiana dei proprietari con ampie sale affrescate in cui si ricevevano gli ospiti, che si affacciano sul portico, e una zona riservata ai magazzini e alle stanze in cui riposavano gli schiavi. 

Interessanti sono la cucina in ottimo stato di conservazione, che presenta una lunga balaustra in mattoni, probabilmente utilizzata per la preparazione dei cibi con sotto dei ripiani semicircolari per contente legna, una cisterna, ed altri appoggi sempre in mattoni, e il complesso termale accuratamente riscaldato, vi erano un calidarium, stanza con vapori caldi, che presenta un affresco raffigurante l’eroe Ercole ed un tepidarium, stanza con temperature più moderate, anch’esso accuratamente affrescato.

Fuori alla casa vi era poi una notevole e suggestiva piscina, immersa nel verde, di 61 x 17 metri con fondo in cocciopesto e pareti decorate, con vicino il portico su cui si aprivano gli ambienti della casa ed ottimale per passeggiare. L’intera dimora possedeva un grande e curato giardino, in cui vi erano piantate varie specie di piante, come alloro, rose, oleandri ma anche limoni ed olivi, come le ricerche archeobotaniche hanno confermato. 

La Villa di Poppea è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1997.

Beatrice Gargiulo 

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Beatrice Gargiulo

M. Beatrice Gargiulo, studentessa di archeologia, ama l’arte, la storia e dedicare il tempo libero alla lettura.
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