Arte & CulturaPrimo Piano

L’arte sotto i raggi X, così il Metropolitan Museum svela i segreti dei capolavori esposti

L’uso dei raggi X nell’arte ha rivoluzionato il modo in cui gli studiosi del settore si approcciano alle opere e analizzano la loro storia.

Al Metropolitan Museum of Art di New York questa tecnologia viene usata per portare alla luce i segreti dietro i manufatti antichi, le sculture e i dipinti.

Il Metropolitan Museum non è l’unico museo al mondo a utilizzare i raggi X nel campo dell’arte: vediamo al suo fianco il Museo del Louvre il quale dispone di un laboratorio chiamato AGLAE (Accelerateur Grand Louvre d’Analyse Elementaire) che utilizza sia raggi X che raggi gamma per analizzare manufatti artistici e archeologici; il museo Egizio di Torino; il Museo di Capodimonte a Napoli; il Kunsthistorisches Museum di Vienna che già dai primi anni del Novecento ha utilizzato la radiografia.

I raggi X, una tecnologia non invasiva, permette di svelare dettagli nascosti e la comprensione delle tecniche utilizzate dagli artisti, permettendo dei restauri più accurati.

IL CASO DI A MAID ASLEEP DI JAN VERMEER

Uno dei casi più discussi Per quanto concerne l’analisi ai raggi X è il dipinto A maid asleep di Jan Vermeer. Il quadro conservato al Metropolitan Museum di New York, durante un simposio sull’artista tenutosi ad Amsterdam, è stato protagonista dell’utilizzo di tecnologia di ultima generazione e della fluorescenza raggi X. Il team di restauratori, guidati da Dorothy Mahon, ha evidenziato alcuni particolari inediti, tra cui la figura nascosta di un uomo che brandisce un pennello. Questa scoperta potrebbe così portare gli studiosi a dover ribattezzare l’opera, riportando l’attenzione sull’artista. Si è ipotizzato si tratti di un autoritratto del pittore; qualora ciò fosse confermato si potrebbe ulteriormente ipotizzare che la donna addormentata è una modella che ha ceduto al sonno durante la sessione.

Inoltre, l’analisi dei pigmenti utilizzati nel dipinto – così come viene riportato da Colourlex – ha rivelato una tavolozza composta da ocra marrone e gialla, giallo di piombo-stagno, ultramarino naturale, azzurrite, smalto, bianco di piombo e terra d’ombra. Questa combinazione di pigmenti testimonia la maestria di Vermeer nell’utilizzo dei colori per creare effetti luminosi e atmosferici distintivi nelle sue opere.

Per approfondire l’argomento vi consigliamo la lettura di questa intervista al dottor Marco Leona, fondatore del dipartimento scientifico, tra i più avanzati degli Stati Uniti nel campo della ricerca sui beni culturali, del Metropolitan Museum di New York.

Antonietta Della Femina

Leggi anche: Paestum si svela: “Paestum: dalla città romana a oggi”, inaugurata al Museo Archeologico

Photo credits: FB MET

Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
Back to top button