Guida pratica al Gender Non Conformity, la costellazione di identità non binarie
Sono tante, ed è importante conoscerle.
Le identità di genere non binarie non sono solo etichette, ma riflettono un bisogno di ri-conoscimento.
Per identità di genere non binarie si intendono tutte quelle identità che non ricadono nelle categorie tipicamente adottate della cultura occidentale, che vede il genere diviso tra due lontane e antitetiche polarità, uomo-donna.
Parlando di non binarismo di genere, ci si riferisce quindi a una vasta gamma di identità differenti e di possibili modi in cui le persone esperiscono il proprio genere, come ad esempio, l’assenza di genere (agender), la presenza di più di un genere (bigender, pangender), una fluttuazione tra diversi generi (genderfluid), l’identificazione con un genere neutro all’interno dello spettro uomo/donna o al di fuori di esso (genderqueer, genere neutro, terzo genere) oppure una parziale identificazione con l’essere uomo o donna (demiboy o demigirl).
La percezione di sé come individui sessuati è il perno su cui si va a costruire l’intera identità del Sé. È un costrutto multidimensionale composto da sesso biologico, ruolo di genere, identità di genere, orientamento sessuale e affettivo… fare confusione è facile, dato che oggi è sicuramente una costruzione molto più complessa di un tempo.
IL SESSO BIOLOGICO
Il sesso biologico è il semplice prodotto dell’interazione tra cromosomi e ormoni e, per questo motivo, viene determinato alla nascita. Oltre al maschile e al femminile, troviamo l’intersessuale (conosciuto erroneamente anche come ermafroditismo), ossia la presenza di alcuni caratteri maschili e femminili non concordanti tra loro.
Quindi, quando parliamo del sesso di una persona, intendiamo la categoria che gli è stata assegnata alla nascita dai medici rispetto ai genitali esterni.
Non sempre, però, il sesso assegnato corrisponde al genere a cui la persona sente di appartenere.
IL GENERE
Il ruolo di genere è il ruolo pubblico vissuto o riconosciuto dal punto di vista legale e culturale, frutto dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. È il modo di rappresentare il proprio sesso biologico nella società tramite atteggiamenti, comportamenti, abbigliamento e così via: è un costrutto socioculturale influenzato dalla cultura di appartenenza che definisce cosa ritiene appropriato per maschi e femmine.
Purtroppo, viene dato per scontato che il sesso biologico sia coerente con il ruolo di genere, ossia la condizione cisgender. Eppure, non è meccanico che l’identità di genere sia cisgender: essa potrebbe, ad esempio, essere anche transgender o non-binary.
Parlando di identità di genere, è utile citare il concetto di disforia di genere, definita nel DSM come la sofferenza che deriva dall’incongruenza tra il genere percepito e quello assegnato alla nascita, che porta a vivere con un senso di estraneità e sofferenza la propria appartenenza sessuale anatomica e il ruolo di genere ad essa associato. La sensazione riportata più di frequente è quella di essere imprigionati in un corpo che non risponde al proprio sentire.
Ma la disforia di genere non è una patologia, bensì, appunto, una condizione di grande sofferenza: quindi le persone disforiche non vanno curate ma aiutate a modificare ciò che crea la loro sofferenza!
È possibile un percorso di transizione verso il sesso che è rispecchiato dall’identità di genere: chi ha cominciato e non ancora portato a termine il percorso di transizione (ormonale e/o chirurgico) viene definito transessuale.
L’ORIENTAMENTO SESSUALE
L’orientamento sessuale e affettivo si riferisce all’attrazione affettivo-sessuale di una persona nei confronti di un’altra. Anche se gli orientamenti sessuali sono molteplici, tra i più conosciuti troviamo l’orientamento eterosessuale, quello omosessuale e quello bisessuale.
L’affettività però non ha niente a che vedere con l’identità di genere e non si può quindi dare per scontato l’orientamento in base al genere (identificarsi donna non significa essere necessariamente eterosessuale, come chi si identifica come transgender non è necessariamente omosessuale, e così via). A partire da questi concetti, si sono declinate una serie di definizioni per indicare l’esperienza multiforme e sfaccettata di ognuno.
- Eterosessuale: l’individuo che sessualmente si sente attratto dal sesso opposto.
- Omosessuale: chi è sessualmente attratto esclusivamente dal proprio stesso sesso.
- Bisessuale: l’individuo che prova attrazione per persone di entrambi i sessi.
- Asessuale: l’individuo che non prova attrazione verso nessun genere o, più in generale, verso la sessualità. L’asessualità può essere intesa anche come la mancanza di orientamento sessuale.
- Polisessuale: chi prova attrazione per più generi oltre a quello maschile e femminile, dunque anche generi non-binary, ma non per tutti.
- Pansessuale: la persona che prova attrazione verso un altro individuo senza dare importanza al suo sesso o genere di appartenenza.
- Cisgender: termine che indica le persone che si identificano nel loro genere di nascita. Nei cisgender, l’identità di genere, il sesso biologico e il ruolo sociale corrispondono.
- Transgender: chi assume l’identità di genere diversa da quella attribuita alla nascita (è un concetto ampio, che include quello di transessuale). È, di fatto, l’opposto del cisgender.
- Transessuale: una persona che modifica attivamente il proprio corpo in modo chirurgico e/o ormonale per allinearlo alla sua identità di genere. Ci si rivolge alle persone transgender/transessuali utilizzando il pronome corrispondente alla loro identità di genere e non al loro sesso biologico. La transizione dal genere maschile a quello femminile si indica con MTF (male to female), mentre la transizione dal genere maschile a quello femminile si indica con FTM (female to male).
- Non-binary: indica una persona che non si riconosce nell’idea che esistano solo due generi, maschile o femminile. Le persone non-binary non si sentono nate nel corpo sbagliato. Gender queer è un altro modo di indicare le persone non-binary e rende l’idea di un’identità di genere dinamica e in continua evoluzione.
- Genderfluid: è un concetto che appartiene al termine ombrello non-binary per indicare una persona che percepisce il suo genere in modo fluido, accettando che possa cambiare nel tempo o a seconda delle situazioni. Una persona genderfluid può, in qualsiasi momento, identificarsi come maschio, femmina, genere neutro o qualsiasi altra identità non binaria. Di solito, per indicare persone genderfluid si usano pronomi neutrali come they/them in inglese (attenzione perché in italiano non esiste il neutro).
- Agender: letteralmente, “senza genere”, indica una persona che non si identifica in nessun genere.
A PROPOSITO DI LINGUA…
Se, quando parliamo di e con persone cisgender, il linguaggio da utilizzare risulta semplificato grazie alla presenza di nomi e pronomi definiti in senso maschile o femminile, quando ci rivolgiamo a persone non-binary la situazione si complica.
Nei paesi anglofoni c’è l’opzione dei pronomi they/them che, essendo usati come neutro anche al singolare, risolve in parte il problema. In italiano, come in altre lingue, questo non è praticabile. Tra le soluzioni adottate nella lingua scritta c’è quella di troncare la parola terminandola con l’asterisco (ad esempio, ciao a tutt*!) o con la lettera “u” (sei molto bellu!). Bel problema nel parlato.
Per risolvere la resa del suono si può utilizzare la schwa, un simbolo dell’Alfabeto Fonetico Internazionale che è rappresentato dalla “e” minuscola rovesciata (“ə”, ad esempio: benvenutə a tuttə, carə amicə!)
PERCHÉ CONOSCERE LE DIFFERENZE?
Perché ogni etichetta lessicale rispecchia l’interiorità di una persona, e rappresenta l’infinità di costellazioni interne non riconosciute, sottovalutate e, spesso, stigmatizzate, patologizzate e bistrattate. A questo si aggiunge la difficoltà di trovare un riconoscimento pubblico, in una società che fatica a lasciare spazio alle identità non binarie, dato che ancora i negozi, i servizi pubblici e il linguaggio sono impostati su una visione cisgender.
Qui per approfondire!
Elisabetta Carbone
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