La storia di Ida Dalser, amante di Mussolini e vittima del regime
![Ida Dalser](https://www.latestatamagazine.it/wp-content/uploads/2025/02/474001145_1755362285039777_2745864828042822872_n.jpg)
Sposato solo una volta, civilmente e poi dopo in chiesa, con Rachele Guidi, Benito Mussolini ebbe in realtà numerosissime amanti nonostante sia difficile crederlo: Margherita Sarfatti, ebrea e ispiratrice del fascismo, Claretta Petacci, che accompagnò Mussolini nel tentativo di fuga, sono solo due delle varie amanti che il duce ha avuto.
Però la donna che più merita di essere ricordata è Ida Irene Dalser, di certo meno famosa rispetto alle due amanti già citate ma anche tra le più sfortunate di tutte.
Lei amò tantissimo Mussolini, tanto da vendere i muri del suo salone di bellezza e finanziargli l’attività politica e il quotidiano Il Popolo d’Italia, nonostante questi era già impegnato con Rachele Guidi.
Nel 1915 Ida e Benito ebbero anche un figlio, Benito Albino detto “Benitino”, che però venne riconosciuto ufficialmente dal padre solo l’anno dopo. Dalser, però, non accettò mai la fine della loro relazione, e più Mussolini aumentava di potere ed importanza, più la sua ostinazione era un problema per il capo del fascismo, che altro non desiderava che avere potere.
Nel 1917 si azzuffò addirittura con Rachele mentre Mussolini era in ospedale a seguito di ferite riportate durante un’esercitazione, perché la moglie le urlava di essere lei la vera Mussolini. L’anno dopo Ida scrisse al direttore del Corriere della Sera che il duce voleva disfarsi di lei per non rendere palesi “le sue comunicazioni e l’oro illecito avuto dai traditori per fondare quel losco e nefasto giornale”, dal momento in cui il salone non le apparteneva.
Quindi, lei divenne un fastidioso problema, una questione spinosa. E Mussolini, che doveva apparire e già si presentava come il perfetto italiano e cristiano, era un problema che andava risolto in fretta.
Quindi, cosa pensò di fare il “perfetto italiano e cristiano”?
Pensò “bene” di rinchiudere madre e figlio in un manicomio, allontanandoli dai loro affetti e dal mondo intero, dove vennero picchiati, torturati e, infine, morirono. Come se non avessero alcuna dignità. Senza lasciare alcuna traccia, nemmeno una tomba.
Fu proprio per questo motivo che la giornalista Simonetta Fiori definì la loro morte “un delitto di regime”.
Irene Ippolito
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Immagine creata con AI