Le chat di Fratelli d’Italia contro Roberto Saviano: la politica mette il “corpo accanto alle parole”?
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io sono uno scrittore e il mio strumento è la parola. La parola è ciò per cui sono qui.
È quanto affermò Roberto Saviano due anni fa con una dichiarazione letta davanti al tribunale di Roma. Stava per essere processato in seguito alla querela per diffamazione da parte di Giorgia Meloni, per le parole pronunciate nella trasmissione Piazzapulita.
Le parole sono quelle che ci riportano ancora oggi a discutere del conflittuale rapporto tra Roberto Saviano e le forze di destra.
Parole private, nascoste nelle chat di gruppo tra gli esponenti di Fratelli d’Italia, all’ombra della garantita privacy di Whatsapp. Sono parole ostili e canzonatorie quelle rivolte a Saviano da Giorgia Meloni e altri membri di Fdi, emerse dal libro Fratelli di chat del giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini, pubblicato pochi giorni fa, il 7 febbraio 2025. Le chat risalgono al 2020 e si allungano fino al 2023, e testimoniano quanto sia lungo e datato il capitolo del conflitto tra Saviano e Fratelli d’Italia, evidentemente ancora in fase di scrittura. Proviamo a ripercorrerlo.
Siamo nel 2021 quando Giorgia Meloni, non ancora Presidente del Consiglio, denuncia Roberto Saviano per diffamazione in seguito alle parole “Bastardi, come avete potuto”. Ospite della trasmissione Piazzapulita, lo scrittore aveva commentato un video prodotto dalla ONG Open Arms, raffigurante la tragedia di un naufragio di migranti. Una mamma ha perso in mare il suo bambino di sei mesi e urla, straziata, “I lost my baby, I lost my baby”.
“Bastardi, come avete potuto” fu esplicitamente rivolto a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, per criticare le modalità di comunicazione dei due politici, le parole scelte per narrare e mistificare la disperazione dei migranti: in un video pubblicato su Youtube da Saverio Tommasi, in macchina con Saviano proprio il giorno del processo, il giornalista di Fanpage chiese allo scrittore: “Hai visto cosa succede a non farsi i fatti propri?”.
“Si viene processati per aver attaccato con parole molto dure la propaganda che in questi anni è stata fatta contro i migranti”, risponde infatti lui. Da scrittore, Saviano opina sulle parole scelte, non attribuisce comportamenti. «Come avete potuto», dice, «raccontare tutto questo come “pacchia”, “crociere”, “viaggi in cui hai come omaggio la cittadinanza italiana”?».
Giorgia Meloni non ha mai ritirato la denuncia, nemmeno dopo la nomina a Presidente del Consiglio. Così, il 12 ottobre 2023, il Tribunale penale di Roma condanna Saviano a pagare una multa da 1000 euro per reato di diffamazione. Ed ecco che, nelle chat di Fratelli d’Italia emerse qualche giorno fa, alcuni esponenti di Fdi, appresa la notizia della condanna in giornata, commentavano l’accaduto così: «Evviva, paga infame», oppure: «Troppo poco, fosse dipeso da me avrei buttato le chiavi».
Le chat in cui si parla di Roberto Saviano, ricostruite graficamente dallo scrittore e pubblicate sulla sua pagina Instagram, risalgono però anche agli anni precedenti la condanna.
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Cominciano il 23 dicembre 2020, quando il deputato Ciro Maschio rivela agli esponenti di Fdi il suo “regalo di natale”: annuncia soddisfatto che il consiglio comunale di Verona – da lui presieduto – aveva appena revocato a Saviano la cittadinanza onoraria. «Grande Ciro!» Risponde Paola Frassinetti, attuale sottosegretaria all’Istruzione. Tra l’esultanza generale, si arriva al 5 giugno del 2021, quando Giorgia Meloni e Guido Crosetto – non ancora rispettivamente presidente del Consiglio e ministro della Difesa – tornano a parlare di Saviano. In quei giorni imperversava la polemica dopo il suicidio di un 20enne nato in Etiopia e adottato in Italia da piccolo.
Così, con un post sul social X, lo scrittore si scagliò contro Giorgia Meloni e Matteo Salvini con l’intento di giudicare – ancora una volta – la loro strategia comunicativa, ostile verso le persone straniere: «#Seid si è suicidato perché vittima di razzismo. #salvini e #meloni un giorno farete i conti con la vostra coscienza, perché la sadica esaltazione del dolore inflitto ai più fragili prima o poi si paga». Nella stessa giornata della critica mossa dallo scrittore, Crosetto scriveva di Saviano così: «Saviano fa schifo», «Saviano va punito». Poco dopo, la leader di Fdi rispondeva: «Io domani esco con una palata di letame pesante contro Saviano e co. Se ci sono controindicazioni da parte dei genitori fatemelo sapere».
Che cosa emerge, quindi, dalle chat segrete di Fdi? Roberto Saviano, nei suoi profili social, parla di “politica dietro lo schermo” e ci tiene a specificare che i testi – da lui ricostruiti graficamente – sono esattamente come loro li hanno scritti.
«Nel libro “Fratelli di chat”, il giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini svela ciò che FdI non avrebbe mai voluto far emergere: odio, violenza verbale (il mio “bastardi” era da dilettanti), paura degli avversari non solo politici, ma soprattutto esponenti della società civile […] Violenza verbale, sete di vendetta e soprattutto paura. Paura di chi smaschera la loro incapacità di governare. […] troppi errori, troppi scandali, troppe menzogne. Il governo è terrorizzato e fa bene a esserlo perché gli italiani stanno iniziando a capire il bluff».
È come lo scrittore anticamorra ha commentato l’intera vicenda. Ciò che è davvero significativo, in questo caso così come nel precedente caso di querela, è il fatto che un governo democratico decida di processare un membro della società civile, di scagliarsi contro un libero cittadino e soprattutto, contro un intellettuale. Soprattutto per reati d’opinione. Che cosa sarebbe la nostra struttura sociale senza le fondamenta degli intellettuali, di chi analizza e osserva con spirito critico ciò che può sembrare invisibile ai più? Tutelare i cittadini, proteggere loro e le loro opinioni, non dovrebbe essere la priorità di un governo democratico? Nel video sopra citato, in cui Saverio Tommasi segue Saviano nel giorno del processo, il giornalista di Fanpage incontra, tra coloro che erano venuti a portare la loro solidarietà allo scrittore, anche la brillante Michela Murgia.
«Perché stamattina non sei rimasta a casa?» Le chiede. «è importante garantire a chi vive delle sue parole la possibilità di usarle con larghezza, anche con indignazione» risponde la scrittrice. Nello stesso video, Saviano dice a Saverio di essere lì perché nella sua vita ha sempre messo «il corpo accanto alle parole». Non c’è dubbio che possa piacere oppure no, che le sue parole possano essere condivise oppure no, ma è certo che non c’è frase migliore di questa per descriverlo.
Roberto Saviano ha sempre messo il corpo accanto alle parole, qualsiasi esse fossero. Lo fa presentandosi al processo convinto e per nulla pentito delle parole per le quali è accusato. Lo fa quando si reca fisicamente nei luoghi della camorra per poterli sviscerare nei suoi libri, e dei quali si porta dentro tracce profonde, e per i quali deve essere scortato ovunque. Lo fa persino nel suo modo di scrivere: la sua parola è corporea, la sua narrazione ha una fisicità dirompente. In “Gomorra” – e non solo – descrive il sangue in un modo tale che il lettore se lo senta addosso. Scrive della saliva che si prosciuga e dei lunghi respiri quando entra di nascosto nei luoghi sequestrati alla camorra e quello stato di ansia entra nel sentire di chi legge.
Che cosa significa, quindi, mettere il corpo accanto alle parole? Significa essere presenti a se stessi. Significa che il fuori deve somigliare al dentro. Che le parole e le azioni che si riversano fuori devono somigliare a se stessi, alle proprie intenzioni, alla propria morale, alle proprie interiora.
I politici coinvolti sono abituati a mettere il corpo accanto alle parole? Quando descrivono come “pacchia” navigare su barconi fatiscenti, riescono a sentire quelle urla e quel dolore nel proprio corpo? Quando c’è distanza tra la politica dietro lo schermo e la politica davanti allo schermo, si mette il corpo accanto alle parole? La scrittura privata di una chat può giustificare la retorica violenta delle istituzioni verso un libero cittadino, come Saviano, e come ognuno di noi?
Settembrini Simona
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