Primo PianoSociale

Sotto il tappeto delle competenze: il curriculum nascosto, un ostacolo invisibile per la parità

Si parla spesso di curriculum scolastico e di piano formativo, dimenticandosi di guardare sotto il tappeto.

Infatti, esiste un curriculum nascosto, concetto usato principalmente nel contesto scolastico per descrivere tutte quelle conoscenze, abilità, valori e comportamenti che gli studenti apprendono indirettamente, al di là di ciò che è formalmente previsto dal programma didattico.

Il curriculum nascosto comprende tutta quella costellazione di messaggi impliciti veicolati sin dalla prima infanzia e ben amalgamati nel sistema culturale che tramandano gli stereotipi di genere e condizionano la vita delle donne e il loro futuro. È costituito da un insieme di valori, idee, convinzioni e comportamenti più o meno impliciti fondati sugli stereotipi di genere, ed è presente soprattutto nell’ambiente scolastico e accademico.

Essendo un sistema implicito non viene insegnato in modo diretto ed è profondamente influenzato dall’ambiente, dalle relazioni sociali e culturali. A sua volta, però, influenza i valori e i comportamenti, trasmettendo norme sociali, modelli di autorità, aspettative di genere e idee di successo o fallimento, generando un impatto a lungo termine e producendo trasformazioni sulla persona, sull’atteggiamento, sul modo di pensare il presente e il futuro.

In particolare, vengono riproposti, reiterati e confermati gli stereotipi di genere che influenzano non solo le scelte scolastiche e professionali delle donne, ma anche la percezione che hanno di sé e delle proprie competenze.

UNA BASE SOCIALE

Gira e rigira, alla fine, la nostra società è a misura di uomo, maschile e singolare, basata su un sistema economico e culturale che avvantaggia la popolazione maschile e che tralascia quella femminile – dimenticandosi spesso della prospettiva di genere a causa della radicata prospettiva patriarcale e maschilista con cui ancora facciamo i conti. E questo a partire dai banchi di scuola, dalle prime esperienze di socializzazione, dalle prime attività ludiche e dai primi hobby.

Uno studio pubblicato su Science, condotto dalla ricercatrice Lin Bian dell’Università dell’Illinois, rivela che già a partire dai 5-6 anni le bambine tendono a considerarsi meno brillanti rispetto ai coetanei maschi. Questa convinzione, priva di fondamento – dato che, in realtà, le performance scolastiche suggerirebbero il contrario – si rafforza con il passare degli anni e porta le ragazze a sottovalutarsi, minando la loro sicurezza e autostima. Le ripercussioni sociali di queste dinamiche sono significative, perché influenzano le scelte educative e professionali future, spingendo le donne a orientarsi verso percorsi lavorativi che considerano più accessibili dovuto al divario di fiducia, il cosiddetto confidence gap.

Il fenomeno che contribuisce a rafforzare questo sistema di convinzioni stereotipate è proprio il curriculum nascosto.

IL CURRICULUM NASCOSTO TRA I BANCHI DI SCUOLA

Il concetto di curriculum nascosto, introdotto da Jackson nel 1968, si oppone a quello di curriculum formale, ossia l’insieme di informazioni trasmesse agli studenti tramite i programmi, i corsi e le lezioni.

Nel curriculum nascosto i messaggi che gli studenti ricevono – accademici, sociali o culturali – sono impliciti e spesso non-verbali. Possono riguardare i modelli di socializzazione, il trattamento degli studenti da parte degli insegnanti, le aspettative che i docenti ripongono su di loro, il linguaggio usato, i materiali didattici e i libri di testo.

Tuttavia, il curriculum nascosto che nasce tra i banchi di scuola, si estende oltre le mura dell’apprendimento, grazie anche ai media per l’infanzia e ai messaggi diffusi dalla società in generale.

Un esempio particolarmente evidente riguarda il diverso trattamento che gli insegnanti riservano agli alunni maschi e alle alunne femmine: negli anni, infatti, è emersa la tendenza a promuovere nei ragazzi comportamenti di indipendenza, di ambizione e di individualismo, mentre alle ragazze vengono spesso attribuiti modelli di passività, di accondiscendenza e di conformismo.

Questo comportamento trasuda di vecchi stereotipi machisti ancora in auge, secondo cui le donne dovrebbero essere più docili e oblative, più empatiche e meno ambiziose, più modeste e altruiste.

Inoltre, sembra che i docenti riconoscano il successo scolastico alle studentesse femmine grazie all’impegno e allo studio, meno alle reali capacità intellettive: voti e carriera accademica dipendono quindi dal comportamento diligente, non dall’abilità cognitiva e intellettuale. 

Nell’ambito lavorativo, si riflette nello stereotipo della donna-segretaria: precisa, diligente, ordinata e studiosa; l’opposto dei maschi, più abili, talentuosi e indipendenti, stereotipi dell’uomo-manager. Un processo che porta le studentesse a sentirsi insicure e a vivere con maggiore impegno lo studio, con spirito di abnegazione e sacrificio, maggiore impegno e costanza, perché portate a pensare di non essere in grado di potercela fare con le proprie capacità.

Anche il materiale didattico e i libri di testo giocano un ruolo significativo in questo processo, contribuendo a rafforzare lo stigma di genere nel sistema educativo tramite l’uso di un linguaggio stereotipato che, in modo sottile e subliminale, tende a esaltare la figura maschile, attribuendole potere e un’immagine di successo, mentre sminuisce quella femminile.

Nei libri scolastici, infatti, le figure maschili sono generalmente associate a una vasta gamma di professioni, mentre le figure femminili sono ancora prevalentemente rappresentate nel ruolo di madri e casalinghe, legate a compiti domestici e di cura.

Il messaggio che alunni e alunne ricevono è quindi duplice: da una parte, i maschi si sentono incoraggiati a puntare in alto, dall’altra, le ragazze sono indotte a limitare le proprie aspirazioni, poiché i ruoli più prestigiosi socialmente sono riservati alla figura maschile.

IL CURRICULUM NASCOSTO NELLA SOCIETÀ

Fin da piccoli, siamo stati cresciuti con l’idea che le ragazze siano meno portate per le materie scientifiche e che siano più adatte a professioni come l’infermiera, la ballerina ola maestra, mentre ruoli come medico, astronauta o scienziato siano “da maschi”. Questi stereotipi hanno conseguenze sociali rilevanti: le discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) offrono il più alto tasso di occupazione e stipendi più elevati, ma vengono spesso ignorate dalle studentesse, influenzate da un sistema culturale che le sottovaluta e le orienta verso settori legati all’assistenza, alla creatività e alla cooperazione. Un ruolo cruciale in questo contesto è svolto dagli insegnanti, che, spesso in modo inconsapevole o subdolo, contribuiscono a perpetuare gli squilibri di genere.

Oltre ai programmi educativi e al sistema scolastico, sono molti gli ambiti in cui vengono trasmessi messaggi impliciti legati agli stereotipi di genere. Un esempio di ciò è il codice dell’abbigliamento. Oltre alla separazione dei colori (che si impone già dal momento del fiocco di nascita) ci sono segnali sessisti nascosti in scelte stilistiche che sembrano innocue.

Ad esempio, i capi d’abbigliamento per bambini spesso presentano tasche più grandi e numerose, mentre quelli per bambine hanno tasche più piccole, meno numerose (se non addirittura finte o assenti). Anche in questo caso, il messaggio che ne scaturisce è riduttivo per il genere femminile: le bambine sembrano avere meno bisogno di portare con sé cose, suggerendo una condizione di passività e inattività, in contrasto con l’immagine di dinamicità, attività e realizzazione associata ai maschi.

Anche i cartoni animati svolgono un ruolo nel rinforzare gli stereotipi di genere. Carmen Fought e Karen Eisenhauer, due linguiste della North Carolina State University, hanno analizzato dodici classici Disney prodotti tra il 1937 e il 2013, scoprendo che i personaggi femminili, in media, hanno meno battute rispetto ai personaggi maschili.

Il film Frozen (2013), lodato per aver introdotto un modello di femminilità più indipendente e intraprendente, risulta, sotto questo punto di vista, peggiore rispetto ai cartoni più vecchi. Le protagoniste Elsa e Anna, infatti, parlano solo il 41% del tempo, a fronte del 71% della Bella Addormentata e del 60% di Cenerentola, cartoni che, sebbene criticati per rappresentare la figura femminile in modo stereotipato, associata alla principessa salvata dal principe azzurro, mostravano comunque un ruolo più attivo delle donne.

Le due ricercatrici hanno anche osservato un peggioramento nel tempo. Ad esempio, la principessa Jasmine, pur essendo un personaggio fondamentale in Aladdin, ha pochissime battute: parla solo il 10% del tempo nel film. In Pocahontas, le donne parlano solo il 24% del tempo, mentre in Mulan questa percentuale scende al 23%. Questi atteggiamenti contribuiscono a educare i bambini a prestare meno attenzione alle voci femminili, attribuendo loro minore rilevanza. Come ha dichiarato la Fought al Washington Post:

«Non crediamo che le bambine giochino o parlino in un certo modo per natura. Non nascono amando un vestito rosa. A un certo punto, glielo insegniamo. Quindi una grande domanda è: da dove prendono le ragazze le loro idee sull’essere ragazze?»

QUINDI…

Il curriculum nascosto è un elemento potente e spesso trascurato nell’educazione, in grado di influenzare profondamente le aspirazioni e l’identità di genere degli studenti. Solo attraverso una consapevolezza critica e un impegno concreto possiamo trasformare le scuole in ambienti veramente inclusivi, capaci di abbattere gli stereotipi e promuovere la parità di genere.

Elisabetta Carbone

Leggi anche: Nomi in movimento: le peripezie della carriera alias

Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
Back to top button