Giovani e volontariato: la solidarietà incontra l’attivismo

È ormai ben radicata la percezione che i giovani siano sempre più disinteressati e inattivi nel sociale, troppo impegnati a mettere in mostra sé stessi sui social per potersi dedicare agli altri.
Tuttavia, i dati dimostrano il contrario: negli ultimi anni il volontariato è “teen”.
La convinzione è questa: i giovani fanno meno volontariato di un tempo. Un’idea ulteriormente alimentata dalla crisi causata dalla pandemia. Perciò, laddove le parole non riescono a fare chiarezza, proviamo ad ottenerla con i numeri, precisamente quelli forniti dall’Istat.
Infatti, il rapporto del censimento del 2021, pubblicato il 23/07/2024, lascia emergere nuovi dati sulla composizione del settore non profit in Italia, offrendo una panoramica sulla quantità complessiva dei volontari, la distribuzione geografica e i settori di attività in cui sono coinvolti.
Un’intervista a Sabrina Stoppiello, responsabile del Censimento permanente delle istituzioni non profit, approfondisce la ricchezza delle diverse componenti del volontariato organizzato in Italia e pone in rilievo l’importanza della solidarietà giovanile.
Sono quasi 600.000, infatti, i giovani italiani tra i 19 e i 29 anni che dedicano il loro tempo alle istituzioni non profit. Una buona parte (56%) è impegnata nei settori della cultura, dello sport e della ricreazione anche se il settore che maggiormente caratterizza il loro impegno resta quello sanitario (17,3%). Le principali attività di questo settore includono servizi di soccorso, trasporto sanitario, donazioni di sangue, clown therapy e pet therapy.
Il quadro si arricchisce portando alla luce un ulteriore dato nascosto nelle pieghe della statistica italiana, rilevato dall’indagine demoscopica Aspetti della vita quotidiana, condotta annualmente dall’Istat su un campione di 20.000 famiglie e 50.000 individui. L’ultima è stata pubblicata a maggio 2024 ed è relativa ai dati del 2023 e dimostra che il 7% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni svolge un’attività di volontariato, un numero all’apparenza esiguo ma profondamente significativo se confrontato con il 3,9% del 2021. Questo significa che in soli due anni il numero di adolescenti che hanno deciso di dedicare tempo a un’attività di volontariato è quasi raddoppiato.
Secondo Gianluca Cantisani, presidente nazionale del MoVI (Movimento del Volontariato Italiano) «molti scoprono il mondo della solidarietà attraverso il Servizio Civile e una parte significativa sceglie di restare attiva anche dopo. Vorremmo che fosse ancora di più».
Quindi, seppur intraprendendo il Servizio Civile come esperienza necessaria per scopi personali, per tanti ragazzi segna una svolta: la scoperta di un viaggio che consente di dare un valore aggiunto alla vita di molte persone e, d’altronde, anche alla propria.
Ma come si può cercare di spingere molti più giovani alla continuità? Prendendo spunto da una riflessione di Ivana Borsotto, presidente della FOCSIV (Federazione italiana che riunisce gli Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontariato), è necessario che le associazioni si avvicinino maggiormente ai valori delle nuove generazioni.
È chiaro, infatti, che siano particolarmente sensibili e vicine alle tematiche attuali, quali la pace, la sostenibilità e la tutela dell’ambiente. In questo senso si attiva da parte dei giovani una mobilitazione per “scopo”, che tende a mettere in luce e risolvere i problemi e a porsi come valido esempio. Basta pensare all’impegno giovanile al di fuori del contesto delle associazioni, mossi dai disastri ambientali (come alluvioni o eventi sismici) o dalle conseguenze della pandemia.
Non è proprio questo l’atteggiamento che onora il vero significato del volontariato? Parola che etimologicamente conserva l’antica voluntas: la facoltà di volere e realizzare un comportamento idoneo al raggiungimento di uno scopo. Ne consegue, quindi, l’esigenza di ripensare il mondo del volontariato per accogliere nuove forme di attivismo e favorire un ricambio generazionale.
Tuttavia, dalle statistiche emerge anche un accentuato divario territoriale nella partecipazione ad attività sociali: al Nord quasi il 10% della popolazione (dai 14 anni in su) presta attività gratuita in associazioni di volontariato mentre al Sud il dato si ferma al 5,7%. La causa principale risiede nel numero di associazioni presenti sul territorio, che diminuisce sensibilmente scendendo lungo lo Stivale. Quindi i ragazzi del Sud non hanno meno interesse ma semplicemente meno opportunità di impegno.
Sicuramente potrebbe essere d’aiuto semplificare la scoperta di opportunità di volontariato e l’iscrizione a progetti. Proprio con questo scopo, è nata l’app Attivati!, che propone una lista di enti non profit in cerca di collaboratori facilitando la connessione tra volontari e organizzazioni che necessitano di supporto.
Di solito sono le parole che trasudano sentimenti, in questo caso, invece, trapelano dai numeri: la statistica mette in mostra passione e interesse da parte dei giovani, fortemente impegnati in un cammino che lascia una profonda e significativa impronta solidale.
Maddalena D’Angelo
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