Il mio “bambino peloso”. L’attaccamento uomo-cane è uguale a quello genitore-figlio?

Compagno fedele e amico leale: il rapporto tra l’essere umano e il cane ha origini antichissime.
Ma questo legame indissolubile è davvero paragonabile a quello tra genitori e figli?
Negli ultimi 5 anni, il cane che sonnecchia sul tappeto del mio salotto e implora una fetta di pizza non è “solo un cane”. È Teo, un membro della famiglia, il mio compagno di vita, e mi diverto a definirmi un “essere a 6 zampe”.
Ciononostante, riconosco le differenze etologiche tra un animale-umano (la sottoscritta) e un animale-non-umano (Teo): siamo due anime gemelle anche se apparteniamo a due mondi diversi, ma mi rendo conto che il legame che ci unisce, che abbiamo creato insieme, giorno dopo giorno, è qualcosa di unico, viscerale e inscindibile.
E se ti dicessi che esiste una prova scientifica che dimostra che l’affetto che ci lega non è poi tanto diverso da quello che unisce un genitore al proprio figlio? Chi ha un cane, in realtà, lo ha sempre saputo. Ma andiamo con ordine.
DAL PLEISTOCENE, CON AMORE
Il nostro è un amore genuino, una fiducia incondizionata, un rapporto unico. Un legame basato sulla pazienza, sul rispetto delle diversità, sul gioco, sul perdono, sull’affetto e sulla condivisione. Ma non sono la prima nella storia del mondo ad amare il mio cane.
Le origini della domesticazione risalgano al Pleistocene (tra 20 e 40 mila anni fa), a rimarcare come l’unione tra uomo e cane sia così stretta da aver influito sulle traiettorie di sviluppo di entrambe le specie.
Durante il lungo processo di addomesticamento, il cane ha mostrato una forte sensibilità emotiva, sapendo collaborare, convivere e adattarsi agli animali-umani. Così, come l’uomo ha imparato a conoscere e a comunicare col cane, il cane ha imparato a comunicare in modo non-verbale con gli esseri umani.
Uomo e cane sono dunque esseri sociali: vivono in gruppo, in branco, in compagnia. L’isolamento è dannoso e doloroso per entrambi: alla fine, anche il binomio diventa un piccolo branco. Insieme si è più forti. Insieme si sta bene.
OLTRE LO SPECISMO
È necessario superare lo specismo, ossia la tendenza a credere che l’animale-umano sia superiore agli animali-non-umani. Madre Natura ha provveduto alla creazione di tante intelligenze, non ordinabili in modo gerarchico ma diverse in modo qualitativo: ogni animale si confronta con esigenze e necessità peculiari.
Rispetto agli animali-non-umani, il cervello dell’uomo è dotato di una straordinaria neocorteccia che gli consente il ragionamento logico e astratto. Ma anche i cani hanno una neocorteccia che si è sviluppata diversamente rispetto a quella umana: la prova scientifica che pensa e prova emozioni.
Dunque, a rigor di logica, il nostro quattro zampe è un essere senziente (ma questo già lo sapevamo ogni volta che ci ha rubato una ciabatta e ci ha cercato di ingannare con quello sguardo languido da “non sono stato io”).
GENITORE UMANO, FIGLIO PELOSO
Non bisogna cadere nel tranello dell’antropomorfizzazione: etologicamente, il cane merita il rispetto da animale-non-umano, ed è sempre utile ricordarlo. Ma, allo stesso tempo, non bisogna inciampare nella sterile polemica di chi afferma che si adotta un cane solo come sostituto del figlio (o anche del partner) in una relazione di dipendenza che riguarda la sfera emotiva e affettiva.
Infatti, il rapporto tra cane e umano è reciproco: c’è un sentimento che ci lega e ci piacerebbe dare un nome a questa profonda connessione che unisce zampe, piedi, code scodinzolanti, tartufi umidi e mani piene di croccantini.
La ricerca ha evidenziato che l’amore che unisce cane e umano è davvero un legame genitoriale e filiale. Pensiamoci: quando vediamo un cucciolo, piccolo batuffolo, si attiva in noi un senso di protezione e cura che durerà per tutta la vita. Di fatto – a differenza dei bambini umani che col tempo diventano adulti e, di conseguenza, si spera, autonomi – i nostri “figli pelosi” restano “eterni bambini”, dipendenti per nutrimento e protezione per tutta la vita.
Negli ultimi anni la scienza ha confermato che esiste un vero e proprio legame di attaccamento, che si manifesta nella relazione uomo e cane: il legame che i cani creano verso la figura di accudimento è uguale a quello che i bambini provano verso i genitori.
Ma c’è una differenza: il cane non ci chiede esplicitamente di fargli da genitore, perché dal suo punto di vista il semplice fatto di esistere fa di noi un punto di riferimento. Sicuramente non come “padrone” – rapporto che sottolinea le differenze e non riconosce l’animale come essere senziente – ma con un concetto che si avvicina più al nostro senso umano di genitore.
Il cane non ha bisogno di un “padrone” ma di un compagno, una base sicura su cui contare, che però si ricorda sempre delle differenze dentro una relazione interspecifica necessariamente diversa tra quella che c’è tra conspecifici.
E non è un gioco lessicale, ma sono le ricerche scientifiche a dimostrarlo.
Come accade per i bambini, la maggioranza dei cani mostra di avere nei confronti del proprio “genitore-umano” una vera e propria forma di attaccamento di tipo sicuro, insicuro o evitante.
Quando l’attaccamento è sicuro, il cane prova un modesto stress durante la separazione (cioè quando l’umano lo lascia da solo) ma, durante il ricongiungimento, si tranquillizza; gli insicuri, invece, non si calmano, mentre gli evitanti manifestano il disagio attraverso l’indifferenza, focalizzando la loro attenzione su stimoli esterni alla relazione.
Quindi il rapporto tra il cane e il suo umano è paragonabile a quello che si crea tra genitori e figli. Entrano in gioco il sistema di attaccamento e quello di accudimento, un meccanismo biologico innato.
MI FIDO DI TE
Il filo invisibile che lega il cuore del cane a quello dell’uomo si sostanzia di fiducia. È proprio il senso di fiducia la base dell’attaccamento e, per funzionare, deve essere reciproca. Il cane ci ascolta, ci ama, ci segue perché si fida di noi. E si fida di noi perché ci fidiamo di lui, come ogni volta che lo portiamo al parco a correre libero e sappiamo che al nostro richiamo tornerà, non perché ha fame o sete, ma perché noi per lui siamo una base sicura. Perché si fida di noi.
Perché, alla fine, la fiducia è il linguaggio dell’amore.
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Elisabetta Carbone
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