Francisco Franco, storia del Caudillo di Spagna

Francisco Franco, una delle figure più note della Spagna, è salito al potere a seguito di un conflitto sanguinario avvenuto tra il 1936 e il 1939.
È considerata una delle figure più controverse della storia contemporanea, un dittatore spietato che è stato a capo della penisola iberica fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1975, facendo affidamento sia ad Hitler che a Mussolini.
Chiamato Caudillo de España e Generalísimo de los Ejércitos, ha iniziato ad operare durante un periodo in cui la Spagna era un Paese frammentato da divisioni sociali, politiche ed economiche, facilitando la sua ascesa.
All’inizio del XX secolo, abbiamo una Spagna in crisi: nel 1898 ci fu il “Disastro del ‘98”, dove il Paese perde le colonie di Cuba, Filippine e Porto Rico, provocando una profonda ferita nell’identità spagnola. Fu una situazione dove i conservatori facilmente riuscirono a dare la colpa del disastro alle nuove istanze liberali e democratiche.
Al capo della monarchia borbonica troviamo, solo nominalmente, il re neonato Alfonso XIII, monarchia che si trovava in difficoltà nel mantenere la stabilità politica, mentre il paese era diviso tra monarchici, repubblicani, anarchici e socialisti.
Gli anni ’20 sono caratterizzati dalla dittatura di Miguel Primo de Rivera, il cui regime autoritario prova a modernizzare il paese, fallendo nella gestione delle crescenti tensioni sociali. La caduta di Primo de Rivera, nel 1930, porta alla proclamazione della Seconda Repubblica Spagnola, nel 1931.
Nonostante sia un periodo di grandi riforme, vi ritroviamo anche profonde divisioni: la Spagna cerca di affrontare questioni importanti come la riforma agraria, il potere della Chiesa cattolica e l’autonomia regionale, ed è proprio in questo contesto di instabilità che Francisco franco emerge come figura di spicco.
Ma qual è la sua storia?
Franco nasce il 24 dicembre del 1892 a Ferrol, una cittadina costiera della Galizia, nel nord-ovest della Spagna, la cui economia, fin dal 1762, dipende da una base navale.
La famiglia ha alle spalle una lunga tradizione nella marina militare spagnola, lui, però, sceglie di intraprendere la carriera militare nell’esercito di terra, dove venne impiegato in Marocco nel 1912 durante la guerra del Rif in cui riuscì ad acquisire il rispetto dei suoi superiori e dei suoi soldati per il coraggio dimostrato in battaglia.
Nel 1916 ottiene il grado di maggiore, ma è costretto a tornare in Spagna a Oviedo nelle Asturie, dove conosce Carmen Polo, che sposerà nel 1923. Nel 1919 conosce un personaggio che lo influenzerà tanto: il soldato José Millán Astray, che vorrebbe fondare la Legión Española, ispirandosi alla Legione Straniera Francese. Questi chiederà a Franco di fargli da secondo in quest’impresa, che vedrà realizzarsi nel gennaio 1920.
La Legione accoglie uomini di qualsiasi nazionalità disposti a vivere una nuova vita a prezzo della vita; difatti, i legionari vengono chiamati “fidanzati della morte”, anche se non sono eroi quanto uomini molto brutali.
Negli anni ’30 le tensioni politiche in tutta Europa crescono tantissimo, e Franco inizialmente sceglie di non schierarsi apertamente.
Con la nascita della Seconda Repubblica nel 1931, le politiche dei repubblicani mineranno a ridurre il potere e l’influenza dell’esercito, della chiesa e dei proprietari terrieri tramite la ratifica di una costituzione avanzata, cercando di riformare il sistema di proprietà terriera del paese. Ma Franco verrà inizialmente isolato per le sue posizioni autoritarie di destra.
Nel 1933, la Spagna inizia a cambiare volto con la vittoria elettorale di una coalizione conservatrice. La tensione esplode nelle Asturie, dove una rivoluzione socialista viene repressa con brutalità dal generale Francisco Franco. L’operazione, condotta con pugno di ferro nel 1934, provoca circa 4.000 morti e segna il destino dell’ufficiale, destinato a diventare una figura chiave negli eventi successivi.
Il paese è ormai spaccato tra due fazioni inconciliabili: da un lato i Nazionalisti, dall’altro i Repubblicani. Ma la realtà è più complessa di una semplice contrapposizione tra destra e sinistra. A destra si trovano fascisti della Falange, monarchici e conservatori; a sinistra, invece, repubblicani, socialisti, comunisti – divisi tra stalinisti e trotzkisti – e anarchici sindacalisti.
Nel 1935, Franco viene nominato Capo di Stato Maggiore, ma la sua posizione intransigente lo porta ai margini quando, nel 1936, il Fronte Popolare di sinistra vince le elezioni. Di fronte alla crescente influenza comunista, Franco e altri militari iniziano a pianificare un colpo di Stato, dando il via a un processo che sfocerà in una delle pagine più drammatiche della storia spagnola: la Guerra Civile.
Francisco Franco entra apertamente nella cospirazione militare solo il 13 luglio 1936, dopo l’assassinio del politico conservatore José Calvo Sotelo per mano di guardie repubblicane. Il 17 luglio, i militari ribelli lanciano la loro offensiva, conquistando rapidamente ampie zone della Spagna occidentale. Entro pochi giorni, controllano il Marocco Spagnolo, le Canarie, parte delle Baleari e vari territori settentrionali, mentre i Repubblicani mantengono il controllo delle città più importanti, come Madrid, Barcellona e Valencia.
Il paese è ormai spaccato in due: da un lato i Nazionalisti, che vogliono rovesciare il governo democratico, dall’altro i Repubblicani, decisi a difenderlo. Entrambi i fronti si riorganizzano, ma la guerra si trasforma in un bagno di sangue. Il “terrore rosso” repubblicano si accanisce soprattutto contro il clero e gli oppositori interni, causando circa 50.000 vittime. Il “terrore bianco” nazionalista è ancor più sistematico, con esecuzioni di massa che coinvolgono tra 130.000 e 200.000 persone, tra cui il poeta Federico García Lorca, giustiziato a Granada.
Franco, inizialmente impegnato nel trasferire truppe dal Marocco, diventa presto la figura dominante del movimento nazionalista. Il 21 settembre 1936 viene nominato “Generalissimo” a Salamanca e, pochi giorni dopo, ottiene un’importante vittoria liberando l’Alcázar di Toledo dall’assedio repubblicano. Con l’assenza di José Antonio Primo de Rivera, leader della Falange, Franco unifica tutte le fazioni anticomuniste sotto il suo comando. Il 1° ottobre 1936 viene proclamato ufficialmente Caudillo dello Stato nazionalista, con sede a Burgos. Alla fine dell’anno, le sue truppe assediano Madrid, che però resisterà per altri due anni.
Il regime di Francisco Franco inizierà ufficialmente nel 1939, durante il quale mantenne la neutralità della Spagna durante la Seconda Guerra Mondiale, nonostante simpatizzasse con le potenze dell’Asse. La Spagna inviò la “División Azul“, un’unità volontaria, a combattere sul fronte orientale a fianco della Germania nazista contro l’Unione Sovietica. Tuttavia, quando divenne chiaro che l’Asse avrebbe perso la guerra, Franco adottò una politica più prudente per evitare ritorsioni dagli Alleati.
Con la sconfitta di Hitler e Mussolini, la Spagna franchista si trovò isolata sulla scena internazionale. Nel 1946, l’ONU condannò il regime e molti paesi ritirarono i loro ambasciatori da Madrid. La Spagna non fu inclusa nel Piano Marshall e rimase economicamente e diplomaticamente emarginata. Il paese affrontò una grave crisi economica, caratterizzata da autarchia, scarsità di beni di prima necessità e un forte controllo statale sull’economia.
Nel decennio successivo, Franco cercò di porre fine all’isolamento internazionale. Il cambiamento geopolitico legato alla Guerra Fredda giocò a suo favore: gli Stati Uniti e le potenze occidentali iniziarono a considerare il regime franchista un baluardo contro il comunismo. Nel 1953, la Spagna firmò con gli USA il Patto di Madrid, che prevedeva aiuti economici e militari in cambio della concessione di basi militari sul territorio spagnolo. Lo stesso anno, il Vaticano riconobbe ufficialmente il regime con un concordato che rafforzò ulteriormente il ruolo della Chiesa nella società spagnola.
Nel 1955, la Spagna entrò finalmente a far parte dell’ONU, segnando la fine dell’isolamento diplomatico. Sul fronte interno, Franco abbandonò gradualmente la politica autarchica e si affidò a tecnocrati legati all’Opus Dei, che avviarono le prime riforme economiche. Il regime, però, continuò a reprimere con durezza qualsiasi forma di opposizione, con arresti, esecuzioni e censura capillare.
Gli anni ‘60 segnarono una svolta economica per la Spagna. Grazie alle riforme introdotte dai tecnocrati e all’apertura ai mercati internazionali, il paese conobbe una rapida crescita economica, spesso definita il “miracolo economico spagnolo”. L’industria si sviluppò, il turismo divenne una delle principali fonti di reddito e milioni di spagnoli emigrarono in Europa per lavorare, inviando rimesse fondamentali per la crescita dell’economia.
Nonostante il progresso economico, la Spagna rimaneva una dittatura. La censura limitava la libertà di espressione, le elezioni erano controllate e la repressione politica non si fermò. Tuttavia, le nuove generazioni, influenzate dal contesto internazionale e dalla modernizzazione del paese, iniziarono a contestare il regime. I movimenti studenteschi, le lotte operaie e le richieste autonomiste nei Paesi Baschi e in Catalogna divennero sempre più difficili da reprimere.
Negli ultimi anni del franchismo, le tensioni sociali e politiche si fecero sempre più evidenti. L’economia spagnola, dopo il boom degli anni ‘60, cominciò a rallentare, mentre le richieste di maggiore libertà si moltiplicavano. Movimenti studenteschi, proteste operaie e rivendicazioni autonomiste nei Paesi Baschi e in Catalogna sfidavano apertamente il regime. Franco, ormai anziano, iniziava a perdere il controllo della situazione.
Nel 1969, per garantire la continuità del regime, Franco designò come suo successore Juan Carlos di Borbone, nipote dell’ultimo re di Spagna, Alfonso XIII. Questa scelta segnava il ritorno della monarchia, sebbene fosse stata concepita per mantenere viva l’eredità franchista. Tuttavia, molti fedelissimi del dittatore iniziarono a temere che, alla sua morte, la Spagna potesse prendere una direzione diversa.
Nel 1973, Franco compì un ulteriore passo indietro, rinunciando alla carica di primo ministro e affidandola al suo uomo di fiducia, Luis Carrero Blanco. Il suo governo durò però solo pochi mesi: il 20 dicembre 1973, Carrero Blanco venne assassinato dall’ETA, il gruppo armato separatista basco. L’attentato, avvenuto nel centro di Madrid, fu un duro colpo per il regime. Senza il suo più stretto collaboratore, Franco si trovò sempre più isolato, mentre il paese scivolava verso un cambiamento inevitabile.
Nel 1975, la salute di Franco peggiorò drasticamente. Colpito da diversi problemi cardiaci e complicazioni renali, passò gli ultimi mesi in un’agonia prolungata. Dopo settimane di agonia in ospedale, morì il 20 novembre 1975. Due giorni dopo, Juan Carlos fu proclamato re di Spagna, avviando il delicato processo di transizione democratica.
Con la morte di Franco, il regime franchista perse la sua guida e, nel giro di pochi anni, la Spagna abbandonò definitivamente la dittatura. Nel 1978, una nuova Costituzione democratica sancì la nascita di una monarchia parlamentare, ponendo fine a quasi quattro decenni di governo autoritario. Oggi, il lascito di Franco rimane un tema di grande dibattito in Spagna, tra memoria storica, divisioni politiche e la rimozione dei simboli legati alla dittatura.
Irene Ippolito
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