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Rage-baiting: quando farti incazzare diventa un business

Ti è mai capitato di annoiarti sui social e imbatterti casualmente in un post così assurdo da farti ribollire il sangue nelle vene? Un commento sessista, un’opinione esagerata, un video che sembra fatto apposta per farti perdere la pazienza…

Ecco, benvenuto nel rage-baiting, l’arte di scatenare rabbia per guadagnare visibilità.

Ma perché ci caschiamo? E soprattutto, come possiamo smettere di essere burattini dell’algoritmo?

Il rage-baiting (letteralmente “esca per la rabbia”) è una raffinata arte manipolativa per suscitare indignazione, rabbia o fastidio aumentando il traffico internet, la visibilità online, le entrate economiche e i follower.

D’altronde, perché impegnarsi a creare contenuti di qualità quando basta una provocazione ben piazzata per scatenare una tempesta di commenti indignati?​

Prendiamo il caso di Michelle Comi, influencer italiana che ha trasformato la provocazione in una carriera decisamente redditizia. E diciamo che possiamo anche eleggerla a pieno titolo come “regina del rage-bait” (a cui tutti, prima o poi, siamo abboccati come fessi).

Alcune sue sparate sono abbastanza note:

«I figli vanno fatti se si vogliono e se si ha la possibilità. Io quando mi sento solo mi faccio comprare una nuova Prada. Quando ho voglia la tiro fuori e quando non ne ho più vogli la rimetto nell’armadio. […] Potrei fare dei figli quando scendo di hype così li butto sui social. Come fa quella tiktoker che ha fatto un bambino… lo tira fuori per fare i like e lo piazza dai nonni».

Dichiarazioni che hanno fatto imbestialire intellettuali, femministe e gente comune. E quale miglior modo per rispondere a tali affermazioni se non amplificandole con fiumi di indignazione sui social? Beh, complimenti a tutti per aver contribuito al suo successo! ​

A renderla così popolare infatti non sono i suoi follower quanto i suoi critici più accaniti: sono proprio i fiumi di parole, commenti, articoli e news che si accaniscono contro di lei ad alimentarne la popolarità, il successo e la ricchezza.

Il rage-bait è una tecnica che sfrutta alcuni meccanismi psicologici. Primo tra tutti il fatto che la rabbia cattura l’attenzione e, quando vediamo un contenuto provocatorio, sentiamo il bisogno di “rimettere le cose al loro posto” con un commento indignato o con una critica. Questo ci dà l’illusione di avere il controllo sulla narrazione, quando in realtà stiamo solo amplificando il messaggio dell’influencer.

Tra l’altro, le emozioni negative come la rabbia sono più contagiose di quelle positive: se leggiamo un post che ci irrita o vediamo un video che ci fa arrabbiare, tendiamo a condividerlo con gli altri, aumentandone la visibilità.

Non dimentichiamoci l’algoritmo! Le piattaforme social premiano l’engagement: più interazioni un contenuto riceve (commenti, condivisioni, reazioni) più viene mostrato ad altri utenti. Il problema? La rabbia genera più interazioni rispetto alla gioia o all’ammirazione. Quindi, un post pensato per infastidire ha più probabilità di diventare virale.

Su TikTok, il rage-baiting è diventato una tendenza diffusa, con creatori che pubblicano contenuti volutamente irritanti per scatenare reazioni furiose. E adesso è chiaro il perché: se l’algoritmo premia l’engagement niente genera più interazioni di un pubblico incazzato nero.

Quindi, la prossima volta che ti senti tentato di commentare con rabbia un post provocatorio, ricordati che stai facendo il gioco dell’influencer. Insomma, la prossima volta che un post ti fa infuriare, fermati un attimo. Stai provando indignazioneo sei solo diventato un giocattolo nelle mani dell’algoritmo

Elisabetta Carbone

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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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