Un mondo avvelenato: manosfera e cultura incel nelle nuove generazioni

Violenza di genere, femminicidi, odio online: sintomi di una malattia culturale che riguarda tutti noi.
Ogni storia di violenza, ogni donna uccisa o umiliata racconta il fallimento di una cultura che non sa proteggere, non sa educare, non sa ascoltare.
Siamo immersi in una realtà in cui la brutalità sembra avere sempre più spazio, in una società dove l’aggressività viene scambiata per forza e l’empatia per debolezza. Quali identità stiamo plasmando, soprattutto tra i più giovani? E in che modo il contesto digitale contribuisce ad alimentare questa deriva?
La manosfera: una rete digitale tossica
La manosfera (o androsfera, dal greco anèr, andròs – uomo; coraggioso) è articolata in una serie di gruppi e movimenti che, pur avendo alcune differenze ideologiche, si uniscono attorno a un focolaio comune: la convinzione che la società odierna sia strutturata per privilegiare le donne, mentre gli uomini sono trattati come secondari e oppressi.
Indagando a fondo nel marcio di internet ci siamo ritrovati dinanzi a velenosi covi di esseri umani che percepiscono gli uomini come le vere vittime di un sistema che “favorisce ingiustamente il sesso debole”. Causa di tale ingiustizia è l’ascesa del femminismo, accusato di essere promotore di una misandria sistematica. Le donne, all’interno della narrativa della manosfera, vengono dipinte come mostri manipolatori e pericolosi, potenzialmente capaci di distruggere loro vite.
Un concetto centrale all’interno di queste comunità è quello di red-pillato. La scelta della “pillola rossa” (red pill, dal film Matrix) simboleggia il passaggio dalla visione comune – quindi contemporanea, influenzata dal femminismo – a una presa di coscienza che la società nasconda la verità sugli uomini e sulle loro sofferenze. Chi non accetta questa visione viene definito “blupillato”.
La crescente popolarità del fenomeno ha sollevato non poche preoccupazioni. Negli ultimi anni, alcuni individui della manosfera sono stati associati alla diffusione di atteggiamenti misogini e razzisti. Oltretutto, questa visione distorta delle relazioni di genere sta contribuendo alla radicalizzazione di individui che, alimentati da una retorica di odio, giustificano episodi di violenza contro le donne.
«Se lui l’ha uccisa, è perché lei lo ha sicuramente esasperato. »;
« Se l’è cercata, avrebbe dovuto stare zitta.»
Sono solo alcuni esempi dell’odio che dilaga sul web, per non parlare degli episodi di violenza legati a ideologie misogine promosse da membri della manosfera: esempi lampanti sono il massacro di Isla Vista (2014) e il recente Gamergate, una campagna di molestie online contro le donne nel mondo dei videogiochi.
Gli albori
Il termine “manosfera” avrebbe fatto la sua prima comparsa nel 2009 su Blogspot. La sua diffusione si deve in particolare a Ian Ironwood, autore del libro The Manosphere: A New Hope For Masculinity.
In questo periodo sono nate decine di movimenti di liberazione maschile, con l’intento di mettere in discussione gli schemi rigidi dei ruoli di genere imposti agli uomini. Tuttavia, col passare del tempo, una parte di loro ha iniziato a individuare nel progresso dell’emancipazione femminile le cause delle difficoltà vissute dal genere maschile.
Secondo la giornalista Emma A. Jane, intorno al 2010 il dibattuto fenomeno ha raggiunto il punto di non ritorno. In seguito alla diffusione del Web 2.0 e alla crescente influenza dei social network, gli adepti e le loro ideologie hanno iniziato a emergere e intaccare la discussione pubblica, avvelenando le menti dei più.
Ma è stato solo dopo una serie di eventi violenti collegati a membri della comunità che l’attenzione dei media si è rivolta alla manosfera. Tra questi, il massacro di Isla Vista (California, 2014), la sparatoria all’Umpqua Community College (Oregon, 2015) e l’attentato a Toronto nel 2018.
Elliot Rodger, autore della strage di Isla Vista, risultava frequentatore abituale del forum PUAHate, uno spazio manosferico. Anche il sociologo Michael Kimmel ha sottolineato il ruolo di questi forum come “luogo di sfogo” per uomini frustrati, dove i sentimenti di rabbia contro le donne trovano conferma e sostegno. Nel 2012, Arthur Goldwag definì la manosfera quale rete sommersa animata da un profondo disprezzo verso le donne, con un’ostilità che va ben oltre le critiche alle istituzioni familiari o legali.
Infine, dopo la vittoria di Donald Trump nel 2024, l’Associated Press ha evidenziato come la retorica della manosfera abbia sfruttato il clima politico per rafforzare l’odio verso le donne e giustificare comportamenti violenti, sconfinando nella vita quotidiana.
Come dimenticare il celebre “You body, my choice!”.
Odiatori seriali: la visione ideologica
Sebbene ogni gruppo all’interno della manosfera adotti una visione distinta, tutti condividono la stessa idea di fondo: gli uomini sono vittime di un sistema che li ha resi deboli, impotenti e marginalizzati. Per contrastare tale svilimento del genere maschile è necessario valorizzazione una mascolinità tradizionale, in opposizione al femminismo.
Come dimostrato anche nella serie TV “Adolescence”, queste ideologie trovano una fertile base di adesione tra i più giovani, soprattutto quelli che affrontano insicurezze legate all’identità maschile.
La MRA (Men’s Rights Activists) si batte per i diritti degli uomini, spesso in modo estremamente conflittuale nei confronti del movimento femminista. Gli adepti della MRA sostengono che le politiche sociali, legali e culturali favoriscono eccessivamente le donne a danno degli uomini, in particolare in ambiti come il divorzio e l’affidamento dei figli.
I membri del MGTOW (Men Going Their Own Way) promuovono il completo distacco dalle donne, ritenendo che interagire con esse in qualsiasi contesto sociale o romantico sia pericoloso e dannoso. Per loro, la soluzione è evitare le donne e concentrarsi su sé stessi.
Il movimento della Red Pill sostiene che la società contemporanea stia facendo il lavaggio del cervello agli uomini, inducendoli a credere che le donne siano uguali a loro. Solo coloro che “prendono la pillola rossa” riescono a vedere la verità nascosta, ossia che il mondo è dominato da poteri forti che promuovono un “femminismo” atto ad opprimere gli uomini.
La PUA (Pick-Up Artists) si dedica all’insegnamento di tecniche di seduzione manipolative e talvolta coercitive, ignorando completamente il concetto di consenso. L’idea di base è che gli uomini debbano apprendere come “sedurre” le donne, viste quali oggetti da conquistare piuttosto che come reali esseri umani.
Infine, ma non per importanza, abbiamo gli Incel (Involuntary Celibates), protagonisti di una discussione moderna. I membri appartenenti a questo gruppo si definiscono celibi involontari, convinti che il loro fallimento nelle relazioni sentimentali e sessuali sia causato dalla società e dalle donne stesse, accusate di essere eccessivamente selettive e materialiste.
La regola dell’80/20 e l’ideologia del risentimento: gli Incel
Un concetto particolarmente pericoloso che circola all’interno della manosfera è la cosiddetta regola dell’80/20. Secondo questa teoria, ispirata al principio di Pareto, l’80% delle donne sarebbe attratto solo dal 20% degli uomini più belli, ricchi e dominanti (i Chad).
Tale teoria che solo una élite di uomini possa avere il privilegio di accedere alla sessualità di una donna non fa che aumentare rabbia e frustrazione. Non nei confronti dei Chad, ma piuttosto nei confronti delle donne, colpevoli di non trovare gli uomini attraenti allo stesso modo.
Portatori insani di questa teoria è un gruppo in particolare: gli Incel. Nata negli anni ’90 con un significato inizialmente neutro, la parola “incel” (Involuntary Celibates: Celibi involontari) ha acquisito nel tempo connotazioni più radicali e violente. Rifiutati dalla società, questi uomini vedono nella verginità maschile un fallimento personale e giustificano la propria frustrazione attraverso l’odio nei confronti delle donne.
Purtroppo, come spesso accade, questo sentimento si tramuta in violenza (verbale e non), come accaduto nel 2014. Il 22enne Elliot Rodger, ispirato dalle teorie sul suprematismo maschile, uccise sei persone a Isla Vista (California), in un atto terroristico misogino. Il giovane attentatore, poi, rivolse contro di sé una delle pistole usate per compiere il massacro, togliendosi la vita.
In un video caricato su YouTube poco prima della strage, Elliot dichiarava:
«Per gli ultimi otto anni della mia vita, sin dalla pubertà, sono stato costretto a patire una vita fatta di solitudine, rifiuto e desideri insoddisfatti».
Malgrado buona parte dei membri dei forum legati alla manosfera condanni il gesto di Rodger, in molti non possono fare a meno di esprimere profonda empatia nei suoi confronti. Il manifesto di Elliot viene spesso citato per descrivere il loro vissuto, pertanto ne comprendono il dolore:
«Lui si è già salvato [dalla sua condizione], compiendo quel gesto. Non è più tra di noi, ha lasciato un chiaro messaggio ed è volato via»
(Utente A – 2020)
Andrew Tate e il culto della mascolinità tossica
Andrew Tate, ex campione di kickboxing e influencer da milioni di iscritti, è emblema, causa e conseguenza di questo fenomeno. Un uomo che ha costruito un impero mediatico promuovendo la superiorità maschile, l’odio verso il femminismo e una visione darwinista della società. Colpevole di aver sfruttato i social media per diffondere contenuti virali che legittimano la violenza di genere, Tate banalizza il consenso e incita all’autoaffermazione tramite il dominio sugli altri, in particolare sulle donne.
La sua attitudine a respingere le fragilità come segno di debolezza ha avuto un impatto significativo, specialmente sui più giovani, tanto da essere spesso citato da questi gruppi come modello da seguire: colui che ha raggiunto il successo attraverso l’affermazione della propria virilità e il disprezzo per le donne.
Radicalizzazione online e il rischio di violenza
Le ideologie tossiche della manosfera e della cultura incel influenzano negativamente soprattutto i giovani, spesso privi di spirito critico e vulnerabili a causa di insicurezze e senso di esclusione. Ragazzi che non “nascono” misogini, ma sviluppano disagio e frustrazione in risposta a una società patriarcale che li fa sentire inadeguati.
Oltretutto, come abbiamo visto, le teorie della manosfera escono dai confini del web e avvelenano le menti dei più, alimentando la radicalizzazione di tali idee, spingendo gli uomini verso atti di violenza fisica, terrorismo e soprusi, che sfociano spesso in femminicidi.
Ma quindi, cosa possiamo fare attivamente? Come possiamo agire per fermare questa spirale di odio e violenza?
Perché è chiaro che girarsi dall’altra parte e sminuire l’intero assetto sia stato controproducente. Ad oggi, non possiamo più ignorarlo: la manosfera e i movimenti incel rappresentano una minaccia concreta non solo per le donne, ma per l’intero tessuto sociale.
E per contrastare questa deriva di ideali, etica e morale, dobbiamo agire con decisione. A nostro parere, serve un’educazione affettiva ed emotiva che aiuti i ragazzi (uomini e donne che siano) a rifiutare i modelli tossici di mascolinità e a sviluppare relazioni più sane e rispettose. È fondamentale che i social media smettano di essere terreno fertile per l’odio, assumendosi la responsabilità di limitare la diffusione di contenuti violenti o ideologicamente pericolosi.
Le scuole e le università devono diventare spazi di consapevolezza, capaci di educare alla cittadinanza digitale e al rispetto. È il momento di costruire una cultura del rispetto, che protegga e valorizzi ogni individuo.
Federica Polino
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