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Attualità in “Game of Thrones”

di Domenico Chirico 

Su una serie come Game of Thrones si è detto più o meno tutto. Da quando è iniziata la prima stagione, il suo successo è stato irrefrenabile. I libri di George Martin, dai quali la serie TV è tratta, sono andati a ruba. Immediatamente i fan si sono moltiplicati e con essi tutte le possibili interpretazioni, i commenti e le congetture più o meno tecniche e sensate.

Cercare di andare contro questa corrente sarebbe infruttuoso, poiché la realizzazione di un prodotto culturale significa anche l’esposizione dello stesso a speculazioni.
Basta fare un giro sul web per farsi un’idea di come, spesso e volentieri, la serie e i libri strizzino l’occhio agli eventi storici del passato: la guerra delle due rose, le faide tra Scozia e Inghilterra, le orde di mongoli e matrimoni con annessi stermini di parenti.

Quello che è stato fatto meno volte invece è l’avvicinare Game of Thrones all’attualità politica del mondo contemporaneo.

Esattamente come al giorno d’oggi, il mondo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sta vivendo dei forti cambiamenti climatici, infatti, dopo sei stagioni, un lungo inverno si è abbattuto su esso e sono arrivati gli Estranei: uomini di ghiaccio, quindi personificazioni stesse del freddo, con il loro esercito di non-morti alla ricerca di sangue e distruzione.
L’arrivo di questi ultimi ha portato allo sfondamento, da parte del Popolo Libero, del confine nord dei sette regni. Durante tutta la quinta e la sesta stagione, l’arrivo di queste ondate migratorie dal confine nord provoca molto sgomento tra i vari lord, il cui interesse si concentra sempre di più nel tentativo di respingere il Popolo Libero oltre il confine dal quale sono venuti e verso la minaccia degli Estranei e del loro esercito zombie.

Tutta la questione, ovviamente, è declinabile nella presa di coscienza dei cambiamenti ambientali che vive il nostro mondo oggi, nell’idea di confine e di come quest’ultimo venga continuamente valicato da popoli che hanno dovuto lasciare la loro terra spinti dal clima sempre meno ospitale e dalla guerra.

Tutta la serie, dai protagonisti ai personaggi secondari, è permeata da un unico grande sentimento che accomuna anche personaggi di schieramenti avversi: la volontà di essere diversi dai propri genitori.

«Abbiamo avuto pessimi padri, che hanno reso il mondo un posto peggiore» dice Daenerys Targaryen a Yara Greyjoy alla fine della sesta stagione.

Il mondo che ci presenta questo fantasy non è un mondo nuovo, è molto più antico, quasi alla fine della sua storia e portato sul limite del baratro dagli stessi uomini che lo hanno popolato. Siamo quasi nello stesso mondo della Brianza di Virzì nel Capitale Umano quando lucidamente si ammette: «Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto». La rabbia e, quasi, l’ansia da prestazione di una dozzina di personaggi, nel voler scavare un solco tra loro e il passato che li ha preceduti, sono la base profonda dell’empatia che possiamo provare verso i personaggi dello show.

Siamo davanti ad un mondo che freme e che si dibatte per essere migliore, per risalire dal baratro, per cambiare finché è ancora in tempo, nella lucida follia, nelle mille contraddizioni di intenti e anche di principi in un fantasy che non vive di buoni e cattivi. C’è la rabbia generazionale di quelli che da bambini hanno visto in TV la caduta delle torri gemelle e sono nati senza conoscere il muro di Berlino, con la voglia di strapparsi a pezzi la pelle di dosso pur di star lontani da quello che è.

Tutta questa attenzione al mondo contemporaneo sfugge spesso in Game of Thrones ma è – probabilmente insieme al superomismo catartico – tipico ormai di tutte le serie TV attuali, la vera miscela che lo ha reso il successo mondiale che è.

 

 

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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