O le fave o la vita!
Capita spesso, al volgere della primavera, che nei supermercati o dal fruttivendolo si trovino esposti cartelli del tipo “attenzione, questo esercizio vende fave fresche sfuse”. Probabilmente qualcuno si sarà chiesto il motivo di tale avviso. La ragione di ciò è una grave malattia, il deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, nota anche come favismo. Vediamo perché.
Cos’è il deficit di G6PD? – Si tratta di una malattia ereditaria che rappresenta il deficit enzimatico più comune al mondo. L’enzima deficitario è coinvolto in una via metabolica la cui alterazione porta a uno squilibrio ossidativo cellulare; questo è il motivo per cui le cellule più colpite sono i globuli rossi, laddove l’equilibrio ossidoriduttivo è particolarmente delicato.
L’organizzazione mondiale della sanità distingue cinque forme di deficit di G6PD: le prime due molto gravi, in cui si ha distruzione dei globuli rossi, anche se non si entra in contatto con sostanze pro-ossidanti, una terza in cui si hanno gravi reazioni se questo avviene, e le ultime due che invece sono più blande.
Dov’è diffusa? – Abbiamo detto che è il deficit enzimatico più comune al mondo, con 400 milioni di affetti. È interessante notare che tale patologia trova la sua massima diffusione in Africa, Medioriente e Asia meridionale, che sono anche aree dove la malaria è endemica.
Come si spiega questo? Il Plasmodium Falciparum s’insedia generalmente nei globuli rossi; questi ultimi, colpiti dalla malattia, non sono più un ambiente favorevole a ospitare il protozoo, ragion per cui questo deficit enzimatico è un fattore protettivo rispetto alla malaria.
Cosa c’entrano le fave? – Le fave, così come i piselli e alcuni farmaci, contengono delle sostanze pro-ossidanti che, in presenza della mutazione genetica, portano a una grave reazione emolitica. Va però detto che il termine favismo non è propriamente corretto per indicare la malattia, perché questa si può manifestare anche senza l’assunzione di fave, quindi in modo spontaneo nelle forme più gravi, così come nelle forme molto blande anche l’assunzione di questi alimenti non determina gravi reazioni.
Il divieto pitagorico – Tra i grandi personaggi storici che si pensa fossero affetti da favismo compare anche Pitagora. Nell’antichità vigeva, infatti, il cosiddetto “divieto pitagorico” di cibarsi di fave.
In merito a questa questione ci sono però varie spiegazioni: secondo alcuni l’imposizione è da ricollegarsi direttamente alla malattia, dal momento che era molto diffusa nel crotonese, terra di Pitagora. Una seconda affascinante spiegazione è associata invece ad antiche credenze secondo cui le fave fossero connesse al mondo dei morti e all’impurità dell’anima.
Domenico Macari