Natura & Scienze

Recycling plastic, it’s fantastic!

Life in plastic, it’s fantastic!”

La vita non è poi così fantastica come cantava Barbie, se si considerano le quantità di nanoparticelle di plastica che abbondano nei mari e che, inevitabilmente, i pesci di cui ci nutriamo inghiottono. Purtroppo questo materiale è difficilmente biodegradabile, motivo per cui dev’essere correttamente smaltito.

La plastica che usiamo comunemente è un polimero termoplastico: è costituita da polimeri che riscaldati ad alte temperature sono malleabili, per poi cristallizzare una volta raffreddati. A temperatura ambiente sono resistenti agli urti e questo li ha portati, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, a sostituire i metalli nella produzione di oggetti di uso quotidiano data la maggiore praticità e leggerezza.

Purtroppo l’entusiasmo iniziale e il basso costo di acquisto hanno creato una mentalità convinta della breve vita degli oggetti in plastica, che sono così diventati il costituente maggiore dei rifiuti domestici: un materiale che ha un tempo di vita molto lungo è stato ridotto a materia prima per la produzione di imballaggi e oggetti usa e getta.

Il termine “plastica” nel linguaggio comune racchiude vari tipi di polimeri cristallizzati che hanno caratteristiche leggermente diverse tra loro. Ognuno è indicato da una sigla sovrastata da un triangolo di frecce che ne indica la riciclabilità; se il triangolo comprende il numero 07 il materiale non è riciclabile e quindi va conferito nella raccolta indifferenziata.

Il polietilene (PE) si presenta trasparente nella sua forma amorfa o bianco se cristallino. I polimeri che lo compongono possono essere più o meno ramificati costituendo molteplici composti, tra cui i più conosciuti sono PE-HD (High Density Poly Ethylene 04), PE-LD (Low Density Poly Ethylene 02) e il polietilene espanso. Trova applicazione nel rivestimento di cavi, tubi e confezioni per alimenti, giocattoli e flaconi di detersivi, oltre allo scoppiettante pluriball.

Il polipropilene isotattico (PP 05) fu scoperto da Giulio Natta in collaborazione col collega Ziegler, scoperta che valse loro l’assegnazione del premio Nobel per la chimica. Presenta una struttura semicristallina, ha una bassa densità ed è utilizzato per la produzione di cruscotti e paraurti di automobili, custodie di cd, tappi, fibre tessili per zerbini e negli ultimi anni ha sostituito il polietilene nella produzione delle tubature di acqua e gas per le maggiori performances chimiche e meccaniche.

Il polistirene (PS 06) è probabilmente la più economica delle resine plastiche, per cui è utilizzato per la produzione di posate e bicchieri, confezioni di yogurt e uova e laddove serva un materiale rigido ed economico. La sua forma espansa è il polistirolo: insufflando vapore acqueo al polistirene addizionato con pentano si ottiene l’ebollizione di quest’ultimo e la formazione di schiuma, che raffreddata forma le palline bianche con cui tutti abbiamo almeno una volta rischiato il soffocamento.

Il polietilene tereftalato (PET 01) è molto usato negli imballaggi alimentari: la sua compatibilità con gli alimenti è regolata dalla Commissione Europea.

Il polivinilcloruro (PVC 03) è un materiale molto versatile grazie alla sua capacità di miscelarsi con composti inorganici ottenendo un prodotto flessibile e modellabile nell’oggetto desiderato. La presenza del cloro rende il riciclaggio molto costoso dato che dev’essere condotto in condizioni che non portino alla liberazione di acido cloridrico o diossina, entrambi dannosi e notevolmente inquinanti.

Tutte le plastiche sopracitate sono riciclabili se raccolte separatamente dagli altri rifiuti. Attualmente possono andare incontro a due diversi processi: il riciclaggio chimico e quello meccanico.

Il riciclaggio chimico prevede la riduzione in polvere dei rifiuti e la successiva depolimerizzazione – tramite glicolisi, idrolisi o metanolisi – che permette di ottenere la materia grezza iniziale, utilizzabile per la produzione ex novo di oggetti. Questo procedimento è vantaggioso da un punto di vista economico se eseguito su una grande quantità di materiale soprattutto perché restituisce un ottimo prodotto, che potrà essere rivenduto a un prezzo notevole.

Per quantità minori di materia plastica da trattare si opta per un trattamento meccanico, che prevede la selezione dei rifiuti sulla base del colore e del tipo, lo sminuzzamento e il lavaggio per eliminare le eventuali impurità. Quindi viene estruso in granuli e confezionato per essere rivenduto a un prezzo minore data l’inferiore qualità del prodotto ottenuto.

Semplicemente raccogliendo in maniera corretta i rifiuti plastici è quindi possibile diminuire le quantità di rifiuti che giornalmente arrivano nelle discariche; inoltre si limita l’inquinamento da plastica delle acque superficiali, permettendo alla fauna marina di seguire il proprio ciclo vitale.

 

Marta Maresca

 

 

La Redazione

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