A tavola con il viola
di Alessandra De Paola
Inevitabilmente, se si pensa alla cucina, la mente associa in un connubio perfetto il binomio arte-amore per il quale il buon cibo è l’elemento di congiunzione.
Ammirare un professionista che si concentra nella preparazione di deliziosi manicaretti, pone l’occhio umano nella medesima posizione di uno spettatore che sta assistendo ad una danza.
Gli ingredienti protagonisti si sovrappongono, si avvicinano, si mescolano e lasciano che i propri sapori siano amalgamati seppur sempre riconoscibili.
Dalla preparazione alla cottura, fino al momento in cui i piatti giungono in tavola, tutti i sensi sono coinvolti. Per assistere a uno spettacolo del genere non c’è più bisogno di recarsi personalmente in pizzerie che consentano di guardare l’impasto che è sapientemente lavorato e poi condito, oppure in ristoranti che diano l’opportunità di osservare il cuoco all’opera.
L’arte culinaria raggiunge direttamente il singolo fruitore e lo stimola con le sue ultime tendenze, con le innovazioni tecniche, con l’invito alla sperimentazione.
Sia chi preferisce tenere ben saldo tra le mani il telecomando, sia chi predilige la rapidità e l’immediatezza del “click”, può godere d’interessanti sfide tra aspiranti chef supervisionati da professionisti acclamati oppure può seguire rapidi video-tutorial che , in pochi minuti, propongono simpatiche ricette e rivisitazioni delle pietre miliari culinarie.
La gastronomia, dunque, si evolve insieme alla società e risponde alle esigenze sempre più specifiche sia sul versante alimentare che su quello estetico.
Restare sbalorditi alla vista di piatti che si presentano come vere e proprie opere d’arte, è semplice, poiché spesso questi sono cromaticamente studiati per estasiare prima ancora che il cibo arrivi alle papille gustative. Allo stesso modo non si può che guardare con ammirazione le attuali produzioni da pasticceria che propongono torte monumentali.
Per tutti i gusti è l’effetto meraviglia a dominare.
Tuttavia di fronte ad una tale esaltazione del “bello”, sarebbe necessario guardare appena dietro di sé e non tralasciare il ruolo fondamentale della tradizione, dei profumi semplici ma penetranti che hanno inondato le cucine delle nonne e delle mamme per decenni.
Le stesse cucine hanno poco da invidiare a quelle degli show televisivi per la dedizione e l’amore con cui ogni cibo è stato preparato, mettendo al bando le micro-porzioni a favore di piatti quasi traboccanti.
Uno degli elementi, o meglio dire alimenti, che accorda nord e sud, grandi e meno grandi, è la melanzana.
Originaria dell’India, è coltivata in Italia a partire dal XVII secolo mentre la tipologia più diffusa è quella violetta dalla forma allungata.
Vanta numerosi tipi di preparazione, ad esempio: arrostita e profumata all’aglio oppure dorata alla milanese, dopo un’immersione nel burro bollente che dona la giusta tonalità dorata.
Tradizione vuole che il pensiero della melanzana sia accostato inevitabilmente ad una delle protagoniste indiscusse della tavola italiana: la parmigiana.
E qui si entra nel vivo della questione.
Bisogna considerare le faide familiari o regionali che i diversi modi di preparare la parmigiana di melanzane possono scatenare.
Melanzane fritte? Melanzane prima tuffate nell’uovo e poi nell’olio per la frittura?
E per il ripieno mozzarella o provola? La mia amica calabrese ci mette anche l’uovo sodo, che faccio? Tento anch’io? Qualcuno ci mette la besciamella, chissà cosa ne penserebbe la nonna, forse mi bacchetterebbe con la “cucchiarella” di legno se ne avesse l’opportunità.
Questi interrogativi possono sembrare quelli di uno studente fuori sede che si accinge per la prima volta alla preparazione di un mostro sacro della cucina. E invece no! Si tratta degli interrogativi – leciti – che sorgono quando ci si confronta con la bontà e la semplicità di un cibo che accomuna tutti.
Se nell’immaginario comune, relazionarsi con una portata così familiare può sembrare un modo per esorcizzare il timore di confrontarsi con ciò che è nuovo, forse un approccio differente può essere suggerito dai versi che seguono:
“[…] Ce vo’ na fantasia straordinaria
pe presenta’ un ber piatto o una scudella
cucinati in magnera sempre varia”
Tre semplici frasi estratte da una poesia romana suggeriscono una maniera sempre varia per presentare un piatto, magari una sinergia tra innovazione e tradizione, bilanciando così esigenze estetiche e gustative senza cadere nell’uno o nell’altro eccesso.