Primo PianoArte & Cultura

Stringimi, che sia vita o morte

“Lascia che l’uno nell’altra sprofondino per resistersi.” – R. M. Rilke

Uno dei dipinti a me più cari è L’abbraccio, un olio su tela eseguito da Egon Schiele nel 1917 e oggi conservato all’ Österreichische Galerie Belvedere di Vienna.

Le bombe della Grande Guerra continuano a esplodere, eppure in questo abbraccio, in questa stretta disperata rivive quel desiderio di lasciare il mondo fuori. La donna pare stringere l’uomo come a volerlo rassicurare ma la presa nervosa, straziante, delle mani svela il terrore nella consapevolezza di non avere alcun potere. Lui immerge il naso tra i capelli di lei sparsi sul pavimento, forse per imprimerne perfettamente l’odore, per conservarlo indelebile nella memoria e nel cuore dopo l’obbligata separazione.

In questo dipinto pieno di pathos coesistono la volontà disperata di non allontanarsi e la consapevolezza di doversi separare.

Il lenzuolo stropicciato come un campo di battaglia, l’intimità selvaggia che lascia il posto a un abbraccio che vorrebbe fermare il tempo, ma che inesorabilmente dovrà cedere a uno straziante addio. Il tormento delle anime nel cercare di fondersi così da non cedere mai alla separazione dei corpi.

Egon Leon Adolf Schiele nacque a Tulln nel 1890 e si impose nel panorama artistico viennese come pittore e incisore. In brevissimo tempo divenne pupillo di Gustav Klimt e, nonostante la precoce morte a soli 28 anni, lasciò un corpus di opere impressionante.

Le sue figure dal contorno marcato sono come strappate via dalla realtà e proiettate in un personale universo dove esistono da sole, lontane da qualsiasi giudizio. I personaggi da lui disegnati rifuggono ogni privazione. Si contorcono e si disperano come a voler strappare un vestito troppo stretto cucitogli addosso senza il loro consenso.

Sono fusione di pulsioni, di Eros e Thanatos, che  non raggiunge mai appagamento.

Una tensione erotica disperata, un tormento che non lascia tregua.

I soggetti rappresentati da Schiele si impongono prepotentemente, con temeraria sfrontatezza, desiderano scandalizzare lo spettatore, turbarlo, quasi risvegliarlo da quel perbenismo che lo imprigiona, spezzando le catene del bigottismo.

Io esisto per me e per coloro ai quali l’inestinguibile sete di libertà che ho in me dona tutto, ed esisto anche per tutti, perché amo – anch’io amo – tutti. Sono il più nobile tra gli spiriti nobili – e quello che più ricambia tra chi ricambia. Sono un essere umano, amo la morte e amo la vita.
Egon Schiele

Anna Russo
Vedi anche: La Germania di Anselm Kiefer: vedere ciò che non si vuole guardare

Back to top button