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Antonella Angiletta: la sensazione tra me e me
Quando abbiamo bandito il concorso di poesia, non credevamo sarebbe stato così partecipativo.
Siamo stati stupiti da un pubblico appassionato, concentrato e che ci ha regato una serie di emozioni che altrimentinon avremmo mai provato.
Antonella Angiletta è stata scelta dalla redazione come vincitrice per il premio della giuria.
Certo, molti di noi sono laureati in Lettere e possiedono le competenze tecniche e orientative per valutare un elaborato valido, ma nessuno pretende di essere un De Sanctis.
Però Antonella ha fatto qualcosa.
La prima volta che ho letto la sua poesia, mi sono detta “sì”, questa per me passa avanti. Non avevo nulla di concreto in testa per decidere.
Poi l’ho riletta e ho avuto qualche brivido sparso.
L’ho letta ancora e ho deciso di votarla come vincitrice.
Tra tutti i partecipanti lei era stata l’unica a farmi sentire la tragedia dell’indifferenza, l’unica a farmi sentire alienata immedesimandomi con i personaggi che descriveva.
La mia visione è del tutto soggettiva, riguarda solo me e me, ma sentivo che per questo omaggio all’opera Vacanza, dovevo ricordarvi quanto fosse importante in poesia il “me e me”.
La poesia Vacanza l’ho scritta nell’estate del 2018, subito dopo la tragedia di Salvatore, il ragazzo che cito nei miei versi. Lui era un giovanissimo operaio napoletano, morto mentre stava pulendo un lucernario, per trenta euro in nero, senza alcuna misura di sicurezza.
Mi colpì, allora come spesse altre volte, l’ondata di commenti di solidarietà, al grido di “non si può morire per trenta euro”.
Passato qualche giorno, la commozione semplicemente finì nel dimenticatoio, come lo stesso Salvatore, e tutta la polemica sul lavoro e la disoccupazione che ne aveva fatto da contorno. Mi colpì anche, ed è triste vedere che passato un anno le cose non siano cambiate, una contraddizione palese: quel popolo, capace di esprimere tutta quella giusta indignazione e solidarietà, era lo stesso popolo che negava ad altri esseri umani un approdo dopo una navigazione incerta o, peggio, augurava loro di rimanere per sempre in fondo al mare.
Ho scritto quella poesia in un momento di rabbia e frustrazione, perché friggevo in una condizione di impotenza nei confronti di Salvatore, dei migranti, e dei miei stessi concittadini carichi di odio. Ho scritto quei versi quasi vomitandoli, quasi come fossero una catarsi.
La poesia è mia ancella in questo, mi soccorre e mi sorregge. Ma è difficile che sentimenti come quelli che ho descritto qui trovino spazio nei miei versi, sempre preferisco cercare l’amore. In effetti, anche in questi versi così duri, è l’amore che io cerco e, disperata, ne denuncio la mancanza intorno a me. Vacanza è il titolo che sintetizza la contraddizione: “vacanza”sono le ferie d’agosto, di chi ha un certo livello di benessere, di chi può permettersi di non morire per trenta euro. Vacanza è anche una condizione di vuoto: quello di cui soffro la mancanza è l’amore, è l’empatia, è la voglia di entrare davvero in un sentimento, fino in fondo.
Queste sono le parole di Antonella, grazie mille per averci regalato i tuoi pensieri.
Benedetta De Nicola
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