Claude Cahun: È davvero necessario conoscere l’orientamento o l’identità sessuale per inquadrare chi abbiamo di fronte?
Androgino, omosessuale, eterosessuale, asessuato… è davvero questo quello che ci serve sapere per capire una persona? È davvero necessario conoscere l’orientamento o l’identità sessuale per inquadrare chi abbiamo di fronte?
Siamo tutti liberi di esprimere quel che sentiamo e l’esistenza di Claude Cahun ne è l’emblema. Visse senza mai definirsi non per mera corrente, ma per essere libera di gridare al mondo che l’uomo non si riduce ad una semplice etichetta.
Claude Cahun, all’anagrafe Lucy Renée Mathilde Schwob, è un’artista francese che operò nella prima metà del Novecento. Aderì alla corrente ermetica e surrealista. Sconosciuta ai più del panorama italiano si fece conoscere in patria per la sua eclettica attività fotografica. Oltre a quest’ultima eccelse anche nella scrittura con opere pregne di un messaggio ermetico, denso e corposo. Scelse il suo nome d’arte seguendo il suo istinto e la volontà di rispecchiare, anche nel nome, quel che sentiva d’essere.
Claude, nome androgino che può essere sia maschile che femminile.
Cahun invece, cognome della nonna paterna, scelto per sottolineare le sue origini ebree.
Il riferimento alle origini ci riporta alla sua giovinezza segnata da un senso d’abbandono materno (che fu internata quando aveva quattro anni) e dalle aggressioni ricevute stigmatizzata per le sue origini ebraiche.
È il primo segno di diversità che scatenerà in Claude quel senso di surrealista inappartenenza.
Siamo nella Francia del XX secolo, fortemente antisemita, nel momento clou del secondo conflitto mondiale. Nazismo, omofobia, stereotipo: questi erano gli ingredienti che farcivano tutta l’Europa. Le sue furono scelte azzardate come fu azzardata la sua fantastica vita che seppe far trapelare nelle sue opere. Opere il cui centro è rappresentato dal mascheramento, dall’allusione sessuale, dal femminismo e dalla ribellione. Le protagoniste sono eroine, rappresentate in fotografia o negli scritti. Sempre ribelli, consapevoli di sé fino ad essere sfrontate. La follia e l’eros sono elementi ricorrenti, aspetti viscerali, fino a toccare l’autoerotismo e il sadismo. Claude utilizzò questi elementi per sovvertire i canoni classici e rivoluzionare l’idea del corpo della donna all’epoca considerato solo come oggetto del desiderio. Così, Penelope diventa una seduttrice, attratta da tutti gli uomini che la corteggiano in assenza del marito. Elena è brutta ma affascina e ammalia con la menzogna.
In fotografia la protagonista fu sempre lei; racchiuse nel suo corpo tutto il significato rivoluzionario dell’avanguardia surrealista degli anni ’30. Anni in cui André Breton e i suoi sostenitori aumentarono l’impegno politico di questa corrente. Le foto la ritraggono in aspetti ambigui, contrastanti, ossimori di una stessa persona. L’identità è rappresentata con fluida mutevolezza, instabilità ricercata. Talvolta è ritratta vestita con abiti femminili, scollati, succinti ma con acconciature o pose mascoline. Famosa è l’opera in cui si mostra davanti allo specchio, in palestra, mentre alza dei pesi a torso nudo, coperta solo da stelline per i capezzoli. Lei è un lui… anzi forse no. Questo è il messaggio che traspare.
Ma chi fu a ritrarre Claude in queste opere senza tempo? Molti dicono che sia stata Suzanne Malherbe, promessa delle arti grafiche, divenuta poi Marcel Moore. Sua sorellastra nonché compagna di vita, si unirono in un sodalizio che le vide affiancarsi tutta la vita. Un’unione di due distinte e complementari individualità. Insieme furono espressione di quel movimento che oggi definiamo genderfluid e che, se in quell’epoca non fu mai affrontato, siamo sicure ne furono senz’altro pioniere.
Ma nella società odierna, nei nostri giorni in cui si fa presto a veicolare significati femministi, il ruolo di Cahun si esula da quest’ultimo. Il suo fu perlopiù una critica alla convenzionalità dei ruoli che la isolavano nel mondo dell’arte nonché nella società.
Morì l’8 dicembre del 1954, anni dopo la prigionia nazista che aveva minato la sua salute e la sua attività artistica. Moore ereditò la preziosa mole di lavoro in quanto sua sorella. Quest’ultima, legata indissolubilmente a Claude, non ne sopportò il peso e l’assenza fino a suicidarsi nel 1972. Non designò nessun erede, lasciando così le opere all’asta, colpevole d’aver per sempre sparpagliato un patrimonio artistico sensibile, troppo delicato per finire nelle mani di chiunque.
“Maschile? Femminile? Ma dipende dai casi. Neutro è il solo genere che mi si addice sempre”. Chi siamo noi per giudicare cosa sia giusto e cosa sbagliato?
Olimpia Branno
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