#stopplasticpollution: l’estate è finita, ma la plastica no. Il Mediterraneo ha bisogno di noi!
Gli studiosi hanno calcolato che nel 2050 l’inquinamento da plastica nel mar Mediterraneo quadruplicherà. Sconvolgente perché incredibilmente vicino. Ma una speranza c’è, e bisogna far presto!
L’estate è finita e la prossima è lontana, ma non il problema dell’inquinamento da plastica che il nostro mare Mediterraneo sta subendo.
L’argomento più gettonato sulle spiagge d’Italia, da nord a sud, è stato proprio questo anche sull’onda del boom mediatico che il Jova Beach Party ha portato con sé, tra consensi e dissensi, come sempre. Senza voler sollevare facili polemiche e dimenticando quanti improvvisamente si siano scoperti ambientalisti, adesso che l’estate è alle nostre spalle il rischio è che tutto si dissolva. Il timore è che l’ambiente sia stato un po’ il tema pop della nostra estate italiana e che tra chiacchiere da ombrellone, nessuno escluso, ognuno abbia voluto dire la sua.
Ci sono stata questa estate in spiaggia, ho raccolto interviste tra la folla di fan di Jovanotti e scoperto più disponibilità all’ascolto di quanto mi aspettassi, ma molta disinformazione, devo ammetterlo.
Ho visto visi sorpresi di fronte alla notizia di come stanno davvero le cose, alcuni quasi spaventati nell’apprendere le reali condizioni del Mediterraneo, increduli sui numeri dell’inquinamento da plastica.
Il 2050 è l’anno sotto accusa, quello in cui nei mari del mondo il numero di pesci e bottigliette di plastica si uguaglierà.
La situazione attuale non è migliore e senza poter opporre resistenza il 2050 arriverà, ma per fortuna qualcuno in attesa non sa stare e trova il suo modo per rimediare.
Anche informare e rendere consapevoli coloro che sono troppo pigri per conoscere lo stato di salute del proprio Pianeta è un modo per porre rimedio, per arginare taluni comportamenti sbagliati che quotidianamente poniamo in essere.
Così, un gruppo di volontari WWF è sceso sulle spiagge ed ha dato i suoi numeri e le sue alternative.
Secondo una stima del WWF “nel Mare Nostrum la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge e provoca oltre il 90% dei danni alla fauna selvatica marina. A livello globale, sono circa 700 le specie marine minacciate dalla plastica.”
Le cifre che emergono dal Report WWF 2019 sono da capogiro.
Ammonta a 8 milioni di tonnellate la plastica che finisce negli oceani ogni anno.
570 mila tonnellate solo nel Mediterraneo, di cui 34 mila al minuto sono bottigliette.
I principali responsabili dell’alto tasso di inquinamento del mare sono sicuramente i governi e le comunità locali che mal gestiscono il 28% dei propri rifiuti. Ci sono poi le aziende che immettono sul mercato annualmente 38 milioni di tonnellate di manufatti in plastica. Turisti e cittadini non sono da meno: producono oltre 24 milioni di tonnellate di rifiuti plastici ogni anno.
E se l’Italia, con la più elevata estensione costiera del Mediterraneo, è tra i principali Paesi a subire i danni legati all’inquinamento da plastica, d’altro canto è il secondo maggiore produttore dell’area mediterranea. Disperde 4 milioni di tonnellate di plastica l’anno.
E’ vero che l’Italia figura tra quei Paesi europei ad aver adottato iniziative politiche innovative volte a ridurre l’utilizzo di plastica ed incrementare la raccolta differenziata, le priorità, però, restano la riduzione dei consumi ed il contrasto alla cattiva gestione dei rifiuti, che già ci è valsa una sanzione nel 2014 per la mancata regolarizzazione di 44 discariche.
Le possibilità per realizzare tali obiettivi sono innumerevoli: superare i limiti della Direttiva UE aumentando i numero di beni di plastica da vietare, realizzare delle partnership con le aziende, concentrarsi sui comuni che riscontrano maggiori difficoltà nella gestione dei rifiuti, utilizzare l’industria del turismo per incrementare il ricorso alla raccolta differenziata, creare delle campagne volte a sensibilizzare al riciclo e creare consapevolezza sui pericoli legati alla cattiva gestione dei rifiuti.
L’Italia non può restare inerme e i cittadini devono fare la propria parte prima che la plastica inizi ad inquinare più di 200 centrali a carbone.
Quando i volontari hanno chiesto agli intervistati quanto tempo occorresse ad alcuni rifiuti di plastica per degradarsi, quasi nessuno è riuscito a pensare un futuro così lontano: ben 450 anni per una bottiglietta di plastica, 200 per una cannuccia, 20 per una busta della spesa e tra 1 e 5 anni per un mozzicone di sigaretta.
Il Pianeta ha bisogno di una strategia anti-plastica e di una evoluzione che sappia di pulito. Perché è giusto che un futuro lontano non solo possa essere pensato, ma anche realizzato!
Rosaria Vincelli
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