Guardare al passato per cambiare il futuro
di Francesco Ferdinando Veneruso
C’è sempre qualcosa da imparare?
Il progresso della società civile procede lungo strade divergenti che non sempre possono essere predette o anche comprese in relazione a fatti già accaduti. Il tentativo di intendere secondo il senso comune concetti divenuti noti quali “progresso” o “evoluzione” può sembrare quindi una scommessa a perdere. Tuttavia, chiunque volga un occhio al passato lo fa senz’altro con un interesse verso il futuro, la storia lo può solo confermare. Ogni discorso di questo tipo dunque, quando si considera la società nella realtà globale in cui siamo oggi, non può essere visto se non in linea generale come già i primi antropologi, quali ad esempio Edward B. Tylor (1832-1917), avevano ipotizzato.
Ciò che appare ai nostri occhi, e accade attorno a noi nei tempi che corrono, è un esempio lampante di come, ad un livello di progresso superiore in uno specifico campo, non corrisponda affatto una evoluzione in tutti i campi possibili. Insomma, un universale gioco della coperta troppo corta a cui siamo sempre stati soggetti nella storia dell’umanità.
Esempi pratici per comprendere questo ragionamento, possono essere trovati con una facilità sconcertante: un’ antichissima tradizione, comune a diverse popolazioni primitive, può rappresentare un esempio addirittura paradossale di quanto il progresso non abbia una parabola esclusivamente ascensionale; la “couvade” è un termine coniato da Tylor stesso per definire un rituale comune a diverse popolazioni primitive durante il quale un uomo, per comunicare al resto della tribù che stava per diventare padre, simulava alcune caratteristiche della gravidanza, arrivando a fingere anche i dolori che abitualmente affliggono le donne incinte. Per gli antichi era un modo utile al maschio per entrare in contatto con la madre e con il figlio, oltre che necessario a scacciare gli spiriti maligni. Oggi il termine viene usato in ambito medico per descrivere un disturbo (definito appunto Couvade Syndrome) che presenta sintomi analoghi all’antico rito tribale. Nella storia le donne non hanno indubbiamente avuto mai un ruolo di importanza e rispetto al pari di quello che investivano in quell’epoca così lontana; tutt’oggi il femminismo combatte contro ogni forma di abuso.
Esponenti estremisti della religione islamica, compiendo atti di terrorismo abitualmente riportati dai media più noti, rappresentano un livello di progresso inferiore rispetto a istituzioni arabe del passato, sotto il punto di vista della governabilità di uno stato multiculturale. L’emirato di Al-Andalus, ossia la parte della penisola iberica governata dagli islamici dal 715 a.C. fino all’XI secolo (nel corso del quale la Reconquista riconsegnò ai sovrani cristiani le sorti della nazione), fu caratterizzato da una grande collaborazione delle istituzioni cristiane con quelle islamiche: non era affatto strano trovare all’interno di una qualsiasi città chiese e moschee attive e frequentate contemporaneamente. Senza dubbio le ideologie cambiano con il correre del tempo, ma proprio in quest’ottica vale la pena ricordare le esperienze passate, talvolta positive. Si è senz’altro faticato molto per arrivare ad ottenere questo tipo di tolleranza, che sembra essere qualcosa a cui oggi in quasi tutto il mondo, siamo in buona parte abituati ma che stiamo perdendo a causa di chi evidentemente ancora non riesce a sentire propria questa forma di progresso socio-culturale. Anche un paese come gli Stati Uniti d’America, che ha fatto della libertà religiosa un valore fondante della propria identità nazionale, oggi appare un luogo dove la collaborazione tra questi due aspetti potrebbe risultare sostanzialmente contraffatta.
La lezione da trarre, dunque, è un qualcosa che può sembrare scontato ma che vale la pena di tenere sempre a mente: si può imparare quasi sempre qualcosa di buono, se si sa dove posizionare l’obiettivo, quando si guarda al passato alla ricerca di risposte per un futuro migliore.