Genio si nasce o si diventa? La parola a Jack Kerouac
Quant’è difficile essere originali.
Da parte mia, la metto così: mi piace il gusto della citazione, masticare parole che sono state cucinate a puntino da altri, che meglio io non saprei fare perché le mie doti in cucina sono solo materiale per storie per spaventare i bambini.
“Sostanzialmente, ogni idea è un’idea di seconda mano, nata da un milione di fonti diverse”, diceva Mark Twain.
E quindi, quando a Jack Kerouac chiesero “Ma gli scrittori, quelli geniali, ci nascono o lo diventano?”, la sua risposta ha smosso più di una coscienza.
Kerouac comincia infatti dicendo: “Scrittori si diventa, in quanto chiunque non sia analfabeta può mettersi a scrivere; ma i geni della scrittura, come Melville, Whitman o Thoreau, ci nascono”.
Genio è una parola che, ci tocca riconoscere, oggi viene estremamente abusata. Chi non ha detto, finanche dell’amico che è riuscito a infilarsi uno spaghetto dal naso e farlo uscire dalla bocca: wow, che genio che sei! Famosissima resta la scena di Manhattan in cui il personaggio interpretato da Woody Allen chiosa alla sua controparte femminile: “Lui è un genio, la tua amica è un genio, il tuo ex-marito è un genio… Ma lo sai che conosci un sacco di geni? Frequenta anche qualche cretino ogni tanto, imparerai qualcosa!”.
Ebbene, Kerouac si concentra proprio su questa parolina magica, e sul genio dice: “Genio non significa stravaganza, eccentricità e nemmeno una forma eccessiva di talento. Genio deriva dal latino gignere – generare – e un genio è precisamente una persona che dà origine a qualcosa che non si era mai visto prima. Nessuno oltre Melville avrebbe potuto scrivere Moby Dick, nemmeno Whitman o Shakespeare. Nessuno se non Whitman avrebbe potuto scrivere Foglie d’Erba. Whitman è nato per scrivere Foglie d’Erba e Melville è nato per scrivere Moby Dick.”.
Secondo Kerouac, quello che limita la nostra visione è la confusione che facciamo di due parole che, sebbene interconnesse, non hanno e non devono avere lo stesso significato: genio e talento.
“Certi musicisti virtuosi che riescono a reinterpretare Brahms alla perfezione al violino sono considerati dei geni, ma il genio, la forza originatrice, appartiene realmente solo a Brahms; il musicista virtuoso è solo un talentuoso interprete – in altre parole: un talento. Oppure potrebbe capitarti di sentire che questo o quello sono grandi scrittori per via del loro talento. Ma non può esserci nessuno scrittore veramente grande senza il genio originale. Artisti di genio, come Jackson Pollock, hanno dipinto cose che non si erano mai viste, prima… Prendi ad esempio James Joyce: la gente ha insistito per anni su come abbia “sprecato il suo talento” nel flusso di coscienza, quando in realtà lui era semplicemente nato per dargli vita!”
D’altronde, Joyce fu un genio non coltivato dalla sua stessa epoca, che gli concesse giusto di essere uno scrittore di talento. Eppure, nessuno dei togati professori universitari pronti a screditare il suo stile avrebbero potuto fare di un giorno a Dublino o del sogno di una notte ciò che Joyce ne fece: Joyce era semplicemente nato per far quello.
“E perciò, quando mi viene fatta questa domanda – se gli scrittori, quelli geniali, ci nascono o lo diventano – quello che uno dovrebbe veramente chiedersi è: parli di scrittori di talento o scrittori di originalità? Perché tutti possono imparare a scrivere ma non tutti possono uscirsene con nuove forme di scrittura. Gertrude Stein ha inventato un nuovo linguaggio, ed i suoi imitatori sono solo imitatori talentuosi”.
E, mezzo secolo dopo, in un’epoca che glorifica il genio senza riconoscerlo, le sue parole risuonano più attuali che mai:
“Non ci sono veri e propri criteri per giudicare il genio, per così dire, però la riconosciamo tutti quella sensazione di meraviglia quando uno scrittore ci colpisce con un’idea mai pensata prima, ma che in qualche modo sembra così dolcemente familiare.
La cosa principale da tenere a mente, comunque, è che il talento imita il genio, perché non c’è nient’altro da imitare. Dal momento che il talento non può dar vita, si limita ad imitare, o ad interpretare.
Diciamo così: il genio dà alla luce, il talento l’aiuta a partorire. Quello che Rembrandt e Van Gogh hanno visto nel cielo notturno non potrà mai più essere rivisto così… Gli scrittori nati del futuro sono già pieni di meraviglia per le cose che vedono ora, cose che noi vedremo per la prima volta quando ne scriveranno e che rivedremo tante volte quando saranno riscritte dai talenti di domani, dagli “scrittori che si sono fatti.”.
E noi, i lettori di oggi e di domani, non dobbiamo fare altro che stare con gli occhi bene aperti, affinché questi meravigliosi paesaggi che vedranno la luce dalle mani di nuovi geni non ci sfuggano.
Marzia Figliolia