Sologamia: empowerment femminile o matrimonio con l’autoinganno?
No, non è il bizzarro epilogo delle disavventure sentimentali di Bridget Jones. Quella che i più bollerebbero come un’overreaction al fatto di ritrovarsi single a 30 anni è una realtà ormai consolidata che fa tendenza da un angolo all’altro del globo.
C’è chi definisce il matrimonio “sologamico” come la nuova frontiera delle relazioni fluide; chi, come «The Sun», lo etichetta come moda delle millennials ormai stanche di cercare l’anima gemella su Tinder; e ancora, quanti elogiano la solenne promessa di amore eterno allo specchio come originale rivendicazione di indipendenza femminile.
Qualunque sia la motivazione che spinge un numero sempre più cospicuo di donne ad auto-celebrarsi in pompa magna, i dati parlano chiaro: oggi ci sono più single che in qualsiasi epoca passata, specialmente nelle grandi città. In America le donne non sposate hanno superato quelle maritate, mentre nel Regno Unito la stessa cosa è accaduta dieci anni fa. Un’indagine recente condotta dal National Bureau of Economic Research ha dimostrato che ormai ci si sposa solo quando economicamente pronti e che, in assenza di partner appetibili, le vecchie “zitelle” – come etichettate un tempo – rimpiazzano il matrimonio tradizionale con convivenze alternative: fratelli o sorelle, amici e coinquilini, sono i compagni di vita più quotati per condividere dettagli intimi e quotidianità.
Dunque, per quanto possa suonare folle, narcisistico e completamente senza senso, il self-marriage sembra essere la risposta a un disagio con cui un numero crescente di donne si ritrova a convivere: coniugare il costante desiderio di “accasarsi” alla dolorosa assenza di un uomo con cui condividere questo progetto a lungo termine. Ma oltre ad essere la reazione inusuale a questa nostalgica carenza, i più severi descrivono questa scelta come uno strano mix di egotismo e narcisismo, che porta ad un culto smodato del sé e ad un esaltato compiacimento narcisistico delle proprie qualità.
Il primo caso di self-marriage risale al 2003 e vede protagonista un’artista olandese di 30 anni, Jennifer Hoes. Da allora sono stati registrati molteplici episodi analoghi tra Regno Unito, Australia, Canada, Taiwan e Stati Uniti. Nel 2005 in Israele una donna inglese ha suggellato la sua unione con un delfino – ormai lunga 15 anni – che ha definito “l’amore della sua vita”. C’è addirittura chi ha sostituito il troppo “convenzionale” sposo in carne ed ossa con un sandwich – è accaduto a Las Vegas – o con delle montagne russe in Pennsylvania. Jussara Dutra Couto, 38 anni, è la prima donna in Brasile ad aver celebrato un’unione “solista”, creando anche “Eu comigo evento”, una società specializzata in questo tipo di matrimoni.
Ma non finisce qui….il Giappone si aggiudica il primato indiscusso in quella che si sta trasformando in una folle tradizione consumistica postmoderna: a Kyoto è nata la Cerca Travel, un’agenzia di viaggi che organizza solo-honeymoon di due giorni al prezzo competitivo di 2500 euro. Alla sposa viene garantita assistenza nella scelta del vestito, può comporre il suo bouquet con il prezioso aiuto di una floral designer, e la sua preparazione viene rigorosamente seguita da hair-stylist e make-up artist collaudati. Nel prezzo è incluso anche un photo shoot, un soggiorno di una notte in una lussuosa suite d’albergo e lo sposo. Si, avete capito bene, uno sposo “a noleggio” per 48h nel caso in cui la solitudine della neo-solo-sposa prenda il sopravvento.
Forse è questo il punto cruciale della questione sologamia: non danneggia nessuno, è economica, se comparata al costo medio di 20.500 euro di un matrimonio classico, il rito sembra rendere la sposa molto felice e….non c’è rischio di divorzio!
Se solo si potesse dire lo stesso per la maggioranza dei matrimoni tradizionali in cui compaia anche lo sposo…
Francesca Eboli