Dov’è Bugo? Provate nel suo nuovo disco
Esce Cristian Bugatti, il sorprendente nuovo album del cantautore Bugo.
“Ma dov’è Bugo?”… Sicuramente non più sul palco dell’Ariston di Sanremo ma probabilmente passato il sorriso, di una battuta che diventata trend topic, possiamo sicuramente ritrovarlo nella sua personalissima concezione musicale e nel suo ultimo disco.
Cristian Bugatti, questo è l’emblematico ed essenziale titolo del suo ultimo album uscito con nove tracce a posteri della più iconica partecipazione al Festival al culmine della sintonia professionale travagliata con Morgan. Cristian Bugatti è anche il vero nome di Bugo da Rho, fascinoso per la sua assonanza con il noto marchio automobilistico ma che nulla ha a che fare con lui. Sarebbe un po’ come paragonare il suo disco con quello di Elettra Lamborghini, che una discendenza automobilistica l’ha davvero (Musica e Bugo scompare).
Ricordo perfettamente il susseguirsi delle vicende che hanno caratterizzato gli scorsi giorni rispetto al clamore della rottura pubblica tra il buon Bugo e Morgan, l’ex Bluvertigo era suo compagno di palco nel pezzo in gara a Sanremo Sincero (e forse i due hanno preso sin troppo alla lettera l’invocazione del titolo). Ricordo le parole di Valerio Soave della Mescal (etichetta discografica indipendente che produce proprio il cantautore lombardo) che sottolineavano proprio l’importanza dell’uscita di un disco tanto personale e importante e che, il grosso rischio fosse di passare inosservato rispetto al clamore delle polemiche che hanno visto l’esclusione dalla gara dei due.
Ecco che allora, incuriosito da un autore come Bugo profondamente introverso e stravagante nella sua scrittura e nella sua sperimentazione sonora, ho subito deciso di confrontarmi con me stesso, le mie cuffie e l’ascolto attento del suo album ricordandomi di tutto. Ricordandomi che troppo spesso la gente pensa di aver sdoganato in facili ascolti contemporanei il percorso dell’indie pop italiano, riducendolo semmai alla fugacità di un amplesso di Tommaso Paradiso con i TheGiornalisti la durata dello stesso genere. Ricordando che un certo filone ha una storia underground molto più lunga, erano gli anni duemila di All Music, dei club, di MTV di Enrico Silvestrin, di pezzi come Io mi rompo i coglioni o Ggeell che cominciano a fare il giusto dosaggio tra ironia e disillusione dei primi duemila e il cantautorato impegnato e contorto dei decenni precedenti.
Ecco che allora la lunga corsa di Bugo, fatta da oltre vent’anni e dieci album, spesso incompresi e rimasti nel piccolo cassetto del fenomeno di nicchia in un percorso che arriva fino a Cristian Bugatti.
Riesci a ritrovarci tutto quello che di successo ha influenzato oggi, dai Canova a Calcutta, da Lo Stato Sociale a Gazzelle, ma con qualcosa che arriva in maniera splendidamente sincera e con l’esperienza di chi sa raccontare una generazione nel disadattamento dei tempi mutevoli.
Nove brani conditi da arrangiamenti synth pop, melodie che giocano con il funk e con i fiati di splendide trombe come in Fuori dal mondo. Bugo si riconosce nella condizione libera della diversità in Come mi pare, nella stagnante nostalgia del disincanto della provincia con Al paese o al fortissimo confronto con l’attualità della realtà che ci circonda, Che ci vuole, dove ci sono Sanremo, la TV, l’amore, i populismi ma anche la condizione di padre. Un album fortemente contemporaneo condito di allegorie di un sognatore che rivanga la bellezza di una generazione andata (con in Mi manca, duetto con Ermal Meta) e della combustione di un neoromantico che sa scontrarsi con autoironia e con la leggerezza del pop (Stupido e?).
Insomma, ricordiamoci che il cantautorato ha una storia ben lungi dall’indie degli ultimi anni, che dietro meme, battute e tormentoni si nascondono anche valevoli artisti e album significativi, insomma, forza Cristian Bugatti.
Claudio Palumbo
Vedi anche: Musica e Bugo scompare: la verità di Morgan