Mi chiamo Francesco Totti: il Pupone debutta sugli schermi d’Italia
Mi chiamo Francesco Totti, il documentario diretto da Alex Infascelli e presentato alla Festa del Cinema di Roma, ha debuttato ieri 19 ottobre nelle sale cinematografiche di tutta Italia.
E sì, va assolutamente visto.
Per mostrare tempra in questi tempi complessi, perché è un film che deve essere visto al cinema e perché la cinematografia di Alex Infascelli è piena di stile, affascinante, unica.
E ci si aspetta, da un documentario sul capitano della Roma – uno dei più grandi giocatori mai esistiti, un personaggio, un romano profondo e vero – almeno quell’approccio bonario, leggero, divertente.
Non che Francesco Totti, il Pupone nazionale, non lo sia.
Il suo carisma positivo, la sua veracia, ci hanno accompagnato (almeno noi millennial vecchi) dagli esordi della sua meravigliosa, incredibile carriera calcistica, quando sotto il banco di scuola nascondevamo Tutte le barzellette su Francesco Totti: raccolte da me e lo sleggiucchiavamo durante l’ora di matematica.
Uomo di spettacolo, uomo di famiglia, marito devoto della bellissima Ilary Blasi e padre affettuoso, virile e femminista al contempo, Francesco Totti è lo spaccato del calcio più solare e pulito degli ultimi vent’anni.
La sua tenacia nel mantenere le sue radici visibili, fedeli, ha fatto in modo che nel cuore di ognuno di noi, che tifassimo Roma o che fossimo completamente avulsi dal mondo del calcio, ci fosse un punto morbido, speciale, dedicato a lui.
Vi sfido a non sorridere, pensando a Francescone, al suo viso sempre gentile, alla sua autoironia, all’impatto culturale che la sua figura ha avuto su un mondo sempre rappresentato – nel media moderno – come complesso, a tratti oscuro, privo di morale, di donnaioli e veline.
Lui era diverso, fedele, naturale, semplice, spontaneo.
Ed è precisamente questa mai celata vulnerabilità che viene indagata in un documentario che avrebbe avuto tutte le possibilità di presentarsi come un lavoro scanzonato, ed invece proprio perché in apparenza facile risulta essere oltremodo complesso, bisognoso di ricerca, di profondità.
Una autobiografia che segue l’animo di un uomo più che celebrare un campione, che indaga lo spirito romantico e all’antica di un essere fragile ed eroico, facendolo discendere dall’antico discobolo, trovando quasi una filiazione diretta con l’antica Roma.
La romanticizzazione della storia, tuttavia, non eccede, anzi, è perfettamente calibrata nell’essenza dell’opera, volta a rispettare una storia di stoicismo epico, di resistenza, di forza al di là degli errori, delle difficoltà.
Le immagini di repertorio sono accompagnate dalla voce narrante, fuori campo, di un Pupone che ci spiega, ci illumina sui misteri della sua carriera e della sua vita, rifondando il suo mito senza mai apparire sullo schermo.
Questa invisibilità e questa onnipresenza sono scelte stilistiche evocative e significative, perché rendono la figura di Totti onnipresente e onnisciente ma non invasiva, come un compagno di viaggio amichevole ma emotivamente avvolgente, pieno.
Il Totti uomo spiega il Totti calciatore, il Totti emblema di Roma, il Totti marito e lo fa restando sempre se stesso, autentico come solo una persona umile e al contempo grandiosa può essere, senza sforzo.
Alex Infascelli è un indagatore, un curioso che sa rimettere le immagini a posto, inventando puzzle diversi, combinazioni mai viste. Ricreare la mitologia attorno ad un personaggio che è già mito, è già storia, è opera registica ambiziosa e riuscita.
E noi guardiamo, capiamo, ascoltiamo, e ci rinnamoriamo.
Insomma, ci piace il Pupone, e ora più che mai ci piace com’è.
Il film è nelle sale per un periodo limitato, dal 19 al 21 ottobre.
Quindi, currite gualiò.
Sveva Di Palma
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