Quando il gioco si fa duro… scompaiono i concorsi
Grande delusione per tutti coloro che pendevano dalle labbra del premier Conte in attesa di conoscere la sorte dei concorsi abilitanti per l’insegnamento.
Durante l’ultima conferenza stampa da Palazzo Chigi, nonostante si vociferasse che nella bozza dell’ultimo DPCM fosse dipanata la tortuosa questione relativa ai concorsi abilitanti, non si è giunti a niente di concreto.
A quanto pare, quando il gioco si fa duro scompaiono i concorsi.
Giuseppe Conte questa volta ha voluto infliggere un duro colpo al cuore degli italiani. Aveva promesso di mostrarsi alle telecamere la sera del 24 ottobre, ma ha procrastinato per ben diciassette ore (complice l’ora legale) prima di regalarci la sua immagine sugli schermi, divenendo il protagonista indiscusso del pranzo domenicale degli italiani.
Dopo una riunione a Palazzo Chigi durata a quanto pare tutta la notte, solo nella tarda mattinata del 25 ottobre il premier Conte ha posto la sua firma in calce al DPCM.
Tra i vari provvedimenti manca però quello relativo ai concorsi abilitanti per l’insegnamento.
Concorsi che i docenti hanno atteso per anni e che ora non si sa né quando né come si svolgeranno.
Già la scorsa settimana in Lombardia era stata sollevata la polemica da PD e M5S affinché venisse ritardato il concorso straordinario, che ha avuto inizio il 22 ottobre e si concluderà il 16 novembre.
Il ministro dell’istruzione, nonostante gli inviti a riflettere le giungessero dal suo stesso partito!, ha però garantito che il concorso sarà svolto nella massima sicurezza e nel rispetto delle norme anticovid, ragion per cui non vi è ragione alcuna perché questo sia ritardato.
Già, peccato che forse non si è riflettuto abbastanza su alcuni punti piuttosto rilevanti. Un concorso è un evento atteso che porta con sé un vasto spostamento di utenti. Non tutti scelgono di partecipare al concorso nella regione di residenza, quindi va valutata la mobilitazione di un gran numero di persone in un periodo storico in cui prendere un treno e andare a spasso per la nazione non è né piacevole né la scelta più intelligente. Ci è stato detto che nelle aule sarà garantito il distanziamento, ma nessuno si è preoccupato del viaggio, dello spostamento di un considerevole numero di persone, prima che queste stesse persone possano accomodarsi dietro lo schermo di un pc in un’aula a sostenere l’esame.
In secondo luogo questo è un concorso riservato a coloro i quali hanno già insegnato per almeno tre anni. Ebbene, molti di questi docenti, a tutti gli effetti iscritti al concorso, sono stati impossibilitati a prenderne parte. Perché? Perché tra loro c’è chi, non facendo altro che svolgere il proprio lavoro e il proprio dovere, ha contratto il covid sul posto di lavoro, proprio a scuola. Dopo aver atteso anni per un concorso che avrebbe potuto finalmente significare stabilità, vedono strapparsi via questa possibilità, perché il concorso straordinario non si ferma, nemmeno nel bel mezzo di una pandemia.
Il DPCM del 24 ottobre ha lasciato a bocca asciutta anche tutti coloro i quali si apprestano a partecipare al concorso ordinario. Sebbene nella bozza del decreto pare ci fosse qualche riferimento allo svolgimento dei concorsi, pare che i ministri prima di ricopiare in bella abbiano tracciato una linea a penna rossa su quel paragrafo, lasciandoci ancora una volta senza certezze.
Così giovani e meno giovani ragazzi, con tutti i titoli per poter insegnare e tanta voglia di poterlo fare, si trovano incastrati in un limbo.
Non solo si studia per un concorso in cui vengono messe in dubbio tutte le conoscenze acquisite in anni di studio e di specializzazione universitaria, ma non si sa neanche quando si avrà la possibilità di andare metaforicamente a “combattere”, per un numero di posti certamente esiguo, per poter raggiungere la tanto agognata abilitazione.
Perché non basta una laurea magistrale, che ovviamente viene messa in dubbio nel momento in cui è somministrato il quesito su materia, e non bastano neanche i fatidici 24cfu, messi in dubbio anche quelli con un secondo esame scritto. Bisogna anche sottoporsi a quiz di logica prima degli scritti. E al termine di tutte le prove all’esame orale. Insomma, devono davvero accertarsi che il candidato abbia davvero i requisiti per i quali ha una laurea magistrale e che abbia davvero le conoscenze psicopedagogiche, antropologiche e metodologiche acquisite con i 24cfu che sono obbligatori come titolo d’accesso al concorso.
È davvero troppo difficile che sia partorita l’idea di un percorso di laurea abilitante.
È davvero troppo difficile capire che sarebbe più utile un tirocinio svolto direttamente nelle scuole, piuttosto che prendere l’ennesima certificazione, l’ennesimo pezzo di carta che dice che sai fare qualcosa che però nel concreto non hai mai fatto.
È più semplice lasciare i giovani allo sbaraglio, abbandonati alla corrente di un futuro incerto.
La storia dei giovani italiani fannulloni che non hanno voglia di lavorare ha avuto successo, ma ha fatto il suo tempo, come tutte le mode passate.
Ora ci sono giovani italiani che provano in tutti i modi a lavorare, mentre lo Stato non fa altro che sbattergli le porte in faccia chiedendogli sempre più certificazioni, sempre più pezzi di carta di quanti non ne abbia già.
C’era una volta una stella, una Maria Stella, che con il suo collasso ha prodotto un buco nero mondo dell’istruzione italiana. È davvero difficile che un essere umano possa assistere più di una volta nella vita a un evento così unico. Ma siamo una generazione fortunata, oltre a poter raccontare di aver vissuto durante una pandemia, potremo anche narrare ai posteri della splendente lux, Lucia, che ci sta serenamente spingendo verso il baratro.
Francesca Caianiello
Disegno di Sonia Giampaolo
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