Le cinque rose di Jennifer: il grottesco al Bellini
A volte per affrontare un rifiuto, un amore non corrisposto, un sentimento ricambiato con l’indifferenza l’unico modo è affogarci dentro, crogiolarsi nella sofferenza, sguazzare nel dolore.
Annibale Ruccello ci racconta proprio questa amorosa accidia ne Le cinque rose di Jennifer.
E se è vero che prima di Ruccello, ce lo hanno raccontato Catullo e poi Petrarca e poi Pavese, allora è chiaro che la sofferenza amorosa è una, non ha tempo e non conosce altra risposta.
Gabriele Russo in questa apertura di stagione invernale del Bellini, una stagione incerta e precaria come ormai è incerta e precaria l’esistenza di questi tempi, ripropone Le cinque rose di Jennifer. Un testo malinconico e denso, barocco nella scrittura come nelle immagini; un testo che ha fatto di Annibale Ruccello un classico del teatro napoletano.
Jennifer è un transessuale napoletano: un malinconico senso dell’umorismo, una sensualità ostinatamente cercata e un dolente romanticismo fanno di lei il personaggio grottesco per eccellenza.
Jennifer annega in quella solitudine che lascia un amore non corrisposto, mentre la morte alla porta incombe, ruba la voce ad una radio pur di entrare. Jennifer cerca un medicamento a questa sofferenza nelle illusioni, nell’illusione della vita che avrebbe voluto, nell’illusione di un corpo di donna, di una famiglia.Eppure illudersi non fa altro che acutizzare la mancanza, l’assenza, il bisogno, il desiderio frustrato. Ma si sa addo c’è gust non c’è perdenz’.
Ne Le cinque rose di Jennifer Ruccello restituisce tutta la malinconia, la struggente sofferenza della solitudine e dell’abbandono, tutto il vuoto che lascia l’assenza dell’amore, tutta la difficoltà che comporta vivere senza.
Daniele Russo, che dà corpo, voce e lacrime a Jennifer, riesce nella difficile impresa di camminare sullo scivolosissimo filo del grottesco e restituirci un riso amaro, un umorismo tetro, malinconico, che a tratti ti ingoia.
Jennifer come un randagio brancola nella sua casa, tra un telefono che squilla senza sosta, una radio che accompagna l’attesa di una telefonata, una tavola imbandita che aspetta qualcuno per cena. Ma forse la casa di Jennifer non è un luogo reale, ma piuttosto teatro dell’inconscio: qui Jennifer fa i conti con le sue sofferenze, con i suoi ricordi, con le sue fragilità tutte racchiuse in Anna, portata in scena da Sergio Del Prete. Anna è una vicina di casa, un assassino, una pazza, la stessa Jennifer? Forse Anna è tutto questo, perché tutto può accadere in un non-luogo come la mente.
Valentina Siano
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