Las Meninas – Velasquez
di Luisa Ruggiero
L’arcano mistero del quadro della famiglia reale di Spagna
“Edvard Grieg – Solveig’s Song”
Las Meninas è l’opera pittorica più importante di Diego de Silva y Velasquez, pittore di corte presso il sovrano Federico IV e Marianna d’Austria. Viene completata nel 1656 ed è conservata nel Museo del Prado di Madrid in una grande sala, parzialmente dedicata al pittore, dove l’enorme tela (3,18×2,76), posizionata di fronte all’ingresso, sul fondo della sala, fa da indiscussa padrona.
L’opera è ambientata in Spagna, precisamente a Madrid, dove il pittore giunge dopo un breve peregrinare. Conosce Rubens che nel 1628 era, appunto, nella capitale spagnola, insieme a molti dei più noti artisti italiani attivi nella città in quel periodo. Non manca di recarsi egli stesso in Italia per approfondire quel rigore e quella precisione per cui questi erano conosciuti all’estero. All’ordine razionale italiano preferisce il cromatismo spagnolo eseguendo egregiamente ogni soggetto ma prediligendo la grazia delle forme alla resa deforme, talvolta, grottesca delle miserie della vita.
Il titolo originario dell’opera doveva essere El cuadro de la familla poiché è una rappresentazione che include di fatto tutta la famiglia reale, ma è ricordato con il nome Las meninas, parola di origine portoghese che vuol dire letteralmente “damigelle d’onore”, in riferimento alle due damine di compagnia che affiancano l’infanta Margarita al centro della composizione.
Il quadro è una tela enorme, bellissima e misteriosa, una vera e propria summa dell’arte di Velasquez, in quanto sede dei suoi virtuosismi, nonché del superamento di essi come meri strumenti tecnici verso l’espressività che poi è alla base di ogni grande opera d’arte.
Uno dei primi elementi che catalizza ed attira lo sguardo dell’osservatore è di certo l’autoritratto del pittore, teso nell’atto del dipingere. Egli con sguardo tranquillo ma incuriosito, travalica il limite della tela guardando attraverso quelli che probabilmente dovevano essere i veri protagonisti del dipinto, ovvero i sovrani di Spagna. Arriva così agli occhi dello spettatore, che viene, con questo particolare espediente, catapultato in un momento della vita di corte, non come osservatore passivo ma coinvolto a pieno titolo nella vita di palazzo.
L’opera rappresenta un’ampia sala, al centro della quale vi sono le protagoniste, le due damigelle d’onore doña Marìa Augustina, che si protende verso l’infanta nell’atto di offrirle il bucchero rosso, e doña Isabella de Velasco, illuminate da una luce particolarmente intensa che le esalta, in quanto personaggi principali della composizione pittorica.
Spostando lo sguardo verso destra si notano la nana di corte Mari-Bárbola e un mastino castigliano importunato dal piede di quello che dovrebbe essere un altro nano di corte. Più indietro, un po’ in ombra, sono presenti la monaca doña Marcella de Ulloa accompagnata da un guardadamas; sull’uscio della porta vi è il maresciallo di palazzo José Nieto Velázquez. Sulla parete in fondo due grandi quadri attirano sommessamente l’attenzione dello spettatore: sono le tele dei grandi pittori Rubens e Jordaens.
Quelli che più attirano l’attenzione sono, però, i sovrani posti nello specchio al di sotto dei quadri di Rubens e Jordaens.
Ma quello sul fondo della sala è davvero uno specchio? Dove sono i sovrani? Cosa guardano i protagonisti del quadro?
Il quadro è interessante per svariati motivi, tanto da aver affascinato e incuriosito alcuni tra i più noti studiosi, critici e filosofi, tra i quali spiccano i nomi di Michel Foucault, critici ed esperti d’arte come Leo Steinberg e Svletana Alpers, filosofi come John R. Searle, Joel Snyder, professore di storia e teoria della fotografia, nonché lo scrittore francese Theophile Gautier, il quale sottintendendo il suo inserimento nel quadro, o meglio nell’azione del quadro dipinto si chiede: «Dov’è il quadro?»
L’opera dovrebbe teoricamente avere la prospettiva centrale e dunque l’unicità del punto di fuga che si confaceva alle consuetudini pittoriche del tempo, punto di fuga che convergerebbe al centro della composizione, nello specchio recante l’immagine dei sovrani di Spagna.
Secondo questa teoria si prende per vero che i sovrani di Spagna sarebbero dinanzi a quelle che abbiamo individuato come protagoniste del quadro, ovvero, l’infanta Margarita e le damigelle, la cui posizione corrisponderebbe al punto di vista dell’osservatore con cui coinciderebbe il fantomatico punto di fuga centrale che rende lo spettatore onnisciente, una visione tout court, quella del cinema per intenderci.
A questa interpretazione, quella cioè di Focault e Searle, che è stata per molto tempo l’unica, se ne oppone un’altra. Questa sostiene che, posizionando il punto di fuga poco sopra il gomito del maresciallo di palazzo, quella dello specchio non è altro che “l’immagine di un’immagine”, ovvero l’immagine riflessa nello specchio è il ritratto che Velasquez ha impresso sulla sua tela e non la vera immagine dei sovrani.
Questa nuova interpretazione potrebbe smentire l’assunto per cui i sovrani dovessero essere presenti nel momento della pittura; nulla ci vieta di pensare, infatti, che essi se ne fossero andati, oppure che fossero giunti in quel momento, che fossero magari lì ma solo di passaggio a focalizzare su di sé lo sguardo degli altri personaggi.
L’immagine è immanente, fissata nella mente del pittore, dell’infanta, delle damigelle e degli altri protagonisti dell’opera, così come negli occhi dell’osservatore attento che resta affascinato dalla potenza descrittiva e dal mistero catalizzante di questo quadro. Allo stesso modo in cui doveva essere chiara e legittimata la deferenza e la devozione verso i regnanti di Spagna.