È morto l’ultimo Re di Napoli
“E come te lo spiego a papà? Ce steve nu’ burdell esagerat. E poi…”
Silenzio, un sorriso ed una lacrima che dolcemente scende a rigare il volto.
E adesso io mi sento un po’ come mio padre, quando da piccolo gli chiesi cosa significasse andare in curva per vedere giocare Maradona.
Adesso, mentre sento la tristezza montare dentro di me, non so come spiegare quello che sta succedendo, quello che sto sentendo… quello che stiamo provando noi napoletani. E come faccio a spiegare qualcosa che va al di là di tutto? Come faccio a spiegare qualcosa che è parte di Napoli, la mia amata città che oggi piange al chiaro di luna. Ci ha appena salutato una persona che ha suscitato in noi un attaccamento viscerale alla nostra terra, ci ha trasmesso emozioni indescrivibili, come quelle paragonabili a quando una madre abbraccia un figlio al petto per dargli forza, speranza e per dargli qualcosa in cui credere e sognare.
Che casino… mi sembrano parole così riduttive da utilizzare per uno come lui, che insieme a pilastri come Daniele e Troisi hanno marcato l’anima di Napoli, il suo sangue e l’essenza del popolo. Un popolo che da secoli ha sempre vissuto dolore, sofferenza e tristezza, ma che con loro ha ritrovato un certo orgoglio.
Muore un altro pezzo della mia città, si spegne per sempre qualcuno che come non mai, da non napoletano, ha amato un popolo come il nostro. Grazie per quello che ci hai fatto provare, ma sopratutto per averci capito. In questi casi si dice che è sempre bello chiudere con una citazione…
“E per l’occasione permettetemi di dedicarvi questo pensiero poetico: San Genna’ non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma na fint ‘e Maradona squaglia ‘o sang rint’e vene. E chest è!”
AD10S.
Foto di Roberto Filippini
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