Sandro Marenco: il bello della DaD
Sandro Marenco è un insegnante di inglese e tedesco che ha conquistato gli studenti italiani su Tik Tok.
DaD e bello sono un ossimoro, lo so, eppure, qualcosa, questa esperienza ce l’ha insegnato: non sempre i social vengono per nuocere.
Sandro, oltre ad insegnare, infatti, ha deciso di aprire questo profilo TikTok per avvicinarsi ai suoi alunni in questo periodo emergenziale.
«Da anni avevo il mio profilo Facebook che, però, ultimamente, tendevo ad utilizzare molto poco perché iniziavo a sentirlo troppo pesante, toni molto polemici e troppi contenuti sensazionalistici. Nel precedente lockdown mi sono avvicinato al mondo di Tik Tok, inizialmente per curiosità, poi pian piano è nata in me la consapevolezza che quello poteva essere un canale per stare vicino agli studenti in un momento unico nella nostra storia. Per ultimo io sono sempre stato attirato dai fenomeni di comunicazione di massa, basti pensare che sono stato il primo in Italia a scrivere una tesi di laurea sul fenomeno del Grande Fratello».
Mi sono chiesta, perciò, se ci fosse una progettualità nelle sue intenzioni.
«L’idea è semplicemente quella di rappresentare il mondo della scuola con ironia. Nella vita di tutti i giorni tendo a ridere dei miei errori e mi piace quando gli altri mi prendono in giro per le cavolate che faccio. Non ho un progetto ben preciso perché tutto quello che sta arrivando è totalmente gratuito, non l’ho mai cercato. In quest’ottica però è ferma la mia volontà a voler essere un esempio positivo, non solo per i ragazzi».
Sandro con ironia e auto-ironia, incanta il suo pubblico, dando luce nuova al ruolo di insegnante.
«Io sono così come mi vedete nei video, non fingo nella vita reale e non fingo sui social. La caratteristica è emersa perché, forse, è la mia parte più forte, quella più facile da capire e, credo, anche al più divertente».
Ruolo, quello dell’insegnante, suggerisce Sandro, non semplice.
«Una gran bella responsabilità. Grande perché non si è insegnanti solo le cinque ore a scuola la mattina e non mi riferisco al lavoro che si deve per forza fare a casa per preparare le lezioni, correggere i compiti e continuare a studiare e tenersi aggiornati. Mi riferisco al fatto che non si smette mai di essere insegnanti nella vita, lo sei a scuola ma anche al cinema, al ristorante o per la strada. L’insegnante è un educatore e quindi deve essere sempre un punto di riferimento per chi lo guarda. Se mancasse questa parte significherebbe che fare l’insegnante sarebbe solo trasmettere delle nozioni, sterile no?
Venendo alla bella responsabilità lo dico perché ci si può emozionare con questo lavoro, ci si possono scambiare sguardi d’intesa che hanno un’intensità fortissima con gli studenti. Si possono vedere le loro conquiste e soprattutto si può fare un pezzo di strada insieme a loro, questo è un gran regalo».
Gli domando, perciò, cosa pensa della didattica italiana e, in particolare, “cosa pensi dello svolgimento di questa didattica a distanza? Secondo te c’è bisogno di un cambiamento e come pensi che si possa migliorare la didattica italiana?”.
«Non ho le competenze per potermi esprimere e parlo solo secondo la mia personale esperienza. La didattica a distanza può sicuramente essere un nuovo modo di insegnamento per le emergenze come quella che stiamo vivendo o anche per una banale chiusura per allerta meteo o neve. La scuola però è fatta di molto di più che questo e quindi la didattica in presenza è, secondo me, insostituibile.
Parlando di didattica italiana almeno per lo studio delle lingue è senza dubbio obsoleta. Basti pensare al fatto che dopo 8 anni minimi di studio della lingua ci siano ancora tantissimi casi di ragazzi che non la sanno parlare. Un problema è il metodo, dovremmo abbandonare di più la grammatica a favore di esperienze reali, occorre spostarsi sulla didattica deduttiva».
Già immaginando una risposta positiva, lo interrogo sul rapporto che ha con gli studenti.
«Il rapporto con gli studenti è buono ma dovremmo chiederlo a loro. Certo ci sono momenti in cui mi fanno proprio arrabbiare e quindi mi trasformo un po’ ma, tendenzialmente, sono sereno e pacato con loro. Con la classe virtuale ho un rapporto meraviglioso perché loro seguono me ma io seguo loro, è uno scambio di energie davvero molto bello.
La cosa per cui mi arrabbio di più è quando sento o mi accorgo che qualcuno ha mancato di rispetto a me o ad altri, quando si prendono in giro le persone per una cosa che non possono cambiare come il colore della pelle, l’orientamento sessuale, eccetera».
Incuriosita con la speranza che mi sveli il suo segreto da insegnante, gli domando quali siano i suoi metodi.
«Quelli basati sulla fiducia e sulla collaborazione, bisogna lasciare un po’ da parte la lezione frontale e lavorare di più sui coinvolgimenti degli studenti in prima persona».
Alla fine, gli chiedo se ha un messaggio per insegnanti e studenti.
«Agli insegnanti credo non ci sia nulla da dire ma, anzi, potrei imparare da tutti. L’unica cosa che mi permetto di consigliare è di lasciare le proprie frustrazioni a casa e di non riversarle sulla classe, non può essere matematicamente possibile che il torto sia sempre e solo dalla loro parte.
Ai ragazzi vorrei dire di perdonarci per tutte quelle volte che non li abbiamo capiti, che non li abbiamo educati alla bellezza e per tutte quelle volte che abbiamo usato la nostra posizione per incutere timore e ottenere quello che volevamo».
Credo che tutti, con Sandro, abbiamo imparato qualcosa. Soprattutto noi insegnanti e futuri insegnanti. Ironia e fiducia possono aiutare ad arrivare agli studenti, più di pagine e pagine di manuali.
Federica Auricchio
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