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C’erano i Riva, non ci importava delle feste

Come fa quell’emozione che si prova pochi giorni prima di un concerto?

Quest’anno ci ha tolto così tante cose che certe abitudini sembrano non esserci mai appartenute.

Un abbraccio non ha più strette, le parole non hanno più suoni e tutte le cose non sono nient’altro che un volo pindarico.

Ma nella mia città esiste un posto dove l’aggregazione diventa magia e la musica non basta mai. Il First Floor Club da qualche anno propone il meglio della musica indipendente nazionale e internazionale offrendo anche serate a tema e la possibilità agli artisti emergenti di esibirsi, così da porre la giusta attenzione culturale su un luogo che ormai vive solo per bar e ristoranti, dimenticando i giovani nelle più oscure grotte di Lascaux.

Per cui una sera di ottobre potreste trovarvi a bere birra con Federico Fiumani dei Diaframma o a fumare una sigaretta con Francesco di Bella dei 24 Grana.

E poi se guardate bene, scendendo le scale e proseguendo a sinistra, ci trovate anche i Riva.

Era poco prima dell’ennesimo DPCM e nessuno aveva ancora capito che fine facessero i club, la musica, i concerti e tutte le birre conservate in frigo.

I Riva avevano annunciato proprio in quei giorni una live con un open act di Graman e probabilmente sarebbe stata l’ultima prima di poter ritornare sudati in mezzo a una folla, senza acqua e senza voce.

È stata forse l’ultima notte felice del mondo: una dimensione parallela a tutti quei numeri e quelle notizie veloci. Quella sera non esistevano DPCM, non c’erano distanze emotive, quei corpi riuscivano a sorridere bene e dovevano farlo. Per due ore non si è parlato di ansie, di instabilità psicologiche e si è tornati al momento 0, quando la parola pandemia l’avevamo letta solo nei libri di storia.

I Riva cantavano e con loro anche noi poveri sconvolti dalla vita.

Un beat dopo l’altro e le parole attaccate così addosso che, dopo aver avuto conferma di vento a favore, nessuno avrebbe voluto lasciare gli ormeggi. È stato facile pensare «che in questo posto sto bene lo stesso, in questo posto mi innamoro lo stesso», per citarli.

Ma qual è il potere delle loro parole?

Guardandoli te ne accorgi, i Riva composti da Simone, Flavio e Stefano sono atipici già nel modo di presentarsi, quella brezza vintage mista a pop già dice cosa aspettarsi: un passepartout per tutte le cose che non sapevi di sentire. Per non parlare del nome, un omaggio a Gigi Riva che rifiutò i grandi club per restare vicino alla sua gente. E si chest nun è ammor?

Nei testi dei Riva non c’è spazio per la politica e per gli avvenimenti del mondo, a loro interessa parlare di sé, di cosa significa sentirsi una formica in una città di giganti, di come ci si sente quando a vent’anni non hai ispirazioni e non hai obiettivi e vorresti «lanciare il cuore a due miglia da te» (e da concittadini l’empatia è fortissima).

Ma le cose più belle nascono tutte da un’ispirazione altra. Infatti questi giovani outsider un po’ malinconici, partono da Berlino, dopo un viaggio, riscoprendosi oltre che amici anche una band. Ricercano sound, si fortificano e sperimentano tanto, diventando grazie all’EP Buona fortuna così artisti del mese su MTV generation. Il loro approccio è abbastanza atipico, soggettivo e dinamico, che si spoglia dei classici tecnicismi per vestirsi di continui synth-ementi.

Da qualche giorno Confusione è il loro nuovo singolo per Futura Dischi – attualmente una delle poche realtà vincenti nel panorama indipendente in cui le idee nascono davanti a un cappuccino – e distribuzione Sony Music Italy. Il brano segue la pubblicazione del precedente Distese infiniti e spazi immensi che ha segnato l’entrata della band nella scuderia di Futura Dischi, e possiamo dirlo: chapeau! Uno dei pezzi più riusciti e meglio scritti. I Riva si confermano capaci di parlare a una generazione che sta bene, che sta male, che non sa come stare, percorrendo una strada electropop assolutamente attuale e funzionante. L’atmosfera anticipa una sottile malinconia, ma diciamolo: cosa ci fa la musica?

Confusione parla d’inadeguatezza e di una solitudine (a volte anche sana). Nessuno ha il coraggio di ammettere quanto le feste siano noiose con la solita gente, le solite scuse e i soliti alcolici a basso costo.

I Riva lo fanno per noi e ci danno un consiglio: vai, puoi rintanarti nell’angolo e ubriacarti da solo.

Ma ricorda che «se non lotti o ti spaventi, ti perdi e poi si spegne tutto», perciò a volta stacca la spina e prendi fiato «senza pensare a niente»

(per citarli ancora ma con due brani più vecchi).

Ma a me non piace spiegare le canzoni e non comincerò adesso.

Quella sera – e come tante di adesso – c’erano i Riva.

Io non so come sto, ma neanche a me importa delle feste.

Serena Palmese

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La Redazione

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