La linea sottile tra folla e follia
Hanno fatto il giro del mondo le foto di Papa Francesco I che, in una piazza San Pietro deserta, ha celebrato la benedizione Urbi et Orbi espiando dai peccati una folla assente
La scena ha colpito molto sia perché mai, probabilmente, quella piazza è stata così vuota sia perché a ben vedere si tratta di un uomo che parla da solo rivolto a un’entità che nessuno ha mai visto.
Ma lui è il Papa, che gli vogliamo andare a dire?
Ma se lo avesse fatto qualcun altro, un individuo non identificabile con l’appellativo di Sua Santità, l’effetto sarebbe stato lo stesso? Non credo proprio.
Probabilmente lo avremmo preso per pazzo e fatto allontanare.
Ma allora, cos’è che distingue ciò che la cultura o meglio, l’antropologia, definisce rito e un disturbo ossessivo compulsivo?
La questione se la pose già prima di noi colui che è stato definito il padre della psicanalisi: Sigmund Freud.
Freud, nel suo libro Totem e Tabù traccia una storia del disturbo ossessivo e della sua derivazione da traumi causati dalla madre. Roba tipica di Sigmund, insomma.
Prima però, spieghiamo cos’è un rito.
Un rito, secondo la definizione del vocabolario italiano, è “il complesso di norme che regolano le cerimonie di culto” o, ancora, “una conformità con una consuetudine prescritta o con una prassi abituale, talvolta sentita come inderogabile o inevitabile”.
In poche parole, il rito è un gesto che viene ripetuto sempre allo stesso modo in un momento ben preciso.
Cosa molto simile al disturbo ossessivo compulsivo.
Perché se un sacerdote celebra la messa sempre allo stesso modo questo verrà considerato un rito e se io apro e chiudo la dispensa della cucina per un numero pari di volte verrò considerata pazza?
Perché il sacerdote ha un seguito di fedeli che, partecipando insieme a lui a questa ripetizione continua, trasformano un comportamento apparentemente folle in un rito che, se unito ad un mito, darà vita ad una religione.
Per tornare al discorso di Freud sull’idea di ossessione causata da un trauma avvenuto fin anche prima della nascita, il noto psicoanalista sostiene che un evento traumatico avvenuto nell’utero al feto, avrebbe portato quest’ultimo a ricercare un movimento o una posizione tale da garantirgli la sopravvivenza.
Così, allo stesso modo, anche in età adulta la cosiddetta memoria sommersa porterà il soggetto a ripetere una serie precisa di azioni che saranno necessarie, a suo parere, per la sopravvivenza.
Insomma, se oltre a me ogni giorno alle cinque altre persone apriranno e chiuderanno per un numero pari di volte la dispensa della cucina, passerò dall’altra parte della linea sottile che distingue la follia dal rito.
Maria Rosaria Corsino
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