Taxidermia: la pelle di una famiglia
Taxidermia è un film ungherese del 2006, diretto dal regista György Pálfi. Quest’opera è un mix di elementi grotteschi, body horror e talvolta componenti surrealistici, ma presenta anche un palese retrogusto da dark comedy. La pellicola fu presentata al 59º Festival di Cannes.
La storia narra le vicende della famiglia Balatony, suddivisa in tre episodi: il primo parla di un soldato schiavo del voyeurismo e di una degenerazione psico-sessuale; il secondo narra le vicende di un campione di abbuffata sportiva; il terzo si incentra sulla vita di un giovane tassidermista. Ognuno di loro incarna una diversa mutilazione autoinflitta, in particolare tramite il sesso, il cibo o la morte. Ogni generazione sembra ruotare attorno ad un diverso desiderio della precedente, ma accomunate dalla psicosi sociale in cui sono inserite. I protagonisti sembrano, infatti, essere in un certo modo lo specchio grottesco ed estremizzato dei vari periodi storici in cui vivono e si muovono.
Si passa dalle atmosfere sospese da “non luogo” della prima parte, all’Ungheria sovietica, per poi finire con uno sguardo alla contemporaneità. La società che emerge si colora di tratti tragicomici e al limite del surreale; riesce in questo modo ad emergere la satira di cui è permeata tutta la pellicola.
Pálfi riesce a trasmettere una visione registica del tutto personale, anche attraverso alcuni movimenti di macchina molto particolari, che contribuiscono al senso innaturale del film. Più che fare paragoni con altri registi, in quest’opera è presente una genuina idea registica.
Taxidermia non è un film adatto a tutti gli stomaci, ma è un piccolo gioiellino di cinema sperimentale, che riesce ad incuriosire e intrattenere pur osando abbastanza, come nelle scene relative al body horror o alla degenerazione sessuale della prima parte. Purtroppo non è stato rilasciato con un doppiaggio italiano, ma è facilmente reperibile in lingua originale con i sottotitoli.
Davide Cacciato