Un futuro per Bagnoli: l’ingiustizia a forma di Italsider
Un futuro per Bagnoli nasce da un’idea di tre ragazzi.
Il quartiere napoletano di Bagnoli, sovrastato dall’ex fabbrica Italsider, diventa spunto e ambientazione per un docufilm.
Perché quando il futuro sembra opaco, e i cittadini vengono privati della loro stessa terra, urge cambiamento.
Ed è esattamente quello che hanno in mente Raffaele Vaccaro (produttore), Stefano Romano (regista) e Salvatore Cosentino (attivista ed esperto del territorio).
Li ho intervistati, perché quello di Bagnoli non è un caso isolato, ma l’anello di una catena di fabbriche e stabilimenti caduti nel dimenticatoio.
Cosa rappresenta per voi Un futuro per Bagnoli?
Il primo a parlare è Raffaele Vaccaro.
“L’idea nasce nel 2016, quando mi sono ritrovato a fare uno stage a Città della Scienza e ho scoperto questo posto bellissimo che è Bagnoli. Ho poi conosciuto Salvatore Cosentino e insieme ci siamo interessati alla storia di attivismo politico dei ragazzi di Bagnoli.
Avevamo l’obiettivo di produrre un contenuto divulgativo per far conoscere questa realtà a Napoli, in Italia e si spera anche all’estero. Questo perché siamo convinti che parte della soluzione al problema di Bagnoli, e di tante altre criticità ambientali nel Mezzogiorno, sia la coscientizzazione dei cittadini e delle classi dirigenti.
Un altro motivo per cui stiamo realizzando questo docufilm è la devastazione ambientale e le sue conseguenze sugli aspetti socioeconomici di un territorio. Bagnoli ne è un esempio perfetto, perché è stata sequestrata un’area di 200 ettari.”
Interviene Stefano Romano: “Noi ci eravamo chiesti quale fosse il modo più efficace per raccontare di un quartiere nel 2021, un modo per far arrivare il messaggio a tutti, non solo ai quartieri di Napoli, e la risposta è stata una forma narrativa.
Abbiamo scelto due ragazzi del territorio e cercato di raccontare il quartiere dal loro punto di vista, facendo passare attraverso di loro problematiche come: il problema dell’emigrazione, o la connessione tra disastro sociale e disastro ambientale.
Per rendere questo progetto possibile anche in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo, abbiamo lanciato una raccolta fondi online”.
Salvatore Cosentino conclude così: “Io in questo progetto vedo la necessità di raccontare la vita degli abitanti di questo quartiere rispetto al disastro ambientale con cui, appunto, convivono ogni giorno. L’esistenza di una, chiamiamola Bagnoli 2, che non è solo chiusa, ma ha anche un effetto aggressivo su tutti i cittadini, generando problematiche di salute”.
Infatti, ho visto nel video di presentazione anche il confronto con la situazione di Taranto.
“Sì, infatti vogliamo anche creare un parallelismo con situazioni molto simili, passate e presenti, come Taranto”, risponde Stefano.
Raffaele: “Io penso che la condizione attuale di Taranto possa essere associata a quella di Bagnoli a fine anni ‘80, inizio anni ‘90. Quel momento in cui si sa che con la chiusura dell’impianto si otterranno vantaggi ambientali, ma resta l’interrogativo sul futuro del territorio. Un’enorme opportunità, che spesso si trasforma in un peso. Con la chiusura dell’industria si eliminano i posti di lavoro, quindi l’apporto sociale ed economico, ma non la devastazione ambientale.
Troviamo dinamiche di questo tipo anche in molte città europee. Ed è esattamente per questo che vogliamo diffondere la storia di Bagnoli”.
“Qui possiamo fare anche un parallelismo narrativo”, continua Salvatore, “che troviamo nelle storie raccontate dagli abitanti di Bagnoli, di come la fabbrica modificava il quartiere, imponeva ritmi di vita e i pericoli, le morti…”
Quindi il docufilm su cosa sarà incentrato?
Danno tutti la parola al regista, Stefano: “Come ho detto prima, parte da due ragazzi, è una storia intima volta a raccontare il quartiere stesso e come vengono percepiti i relativi problemi. Quindi partiamo dallo specifico per arrivare all’universale”.
Dopo l’uscita del docufilm, quale pensate possa essere il futuro di Bagnoli all’interno dell’area flegrea?
“In realtà siamo d’accordo sul fatto che un grande traguardo sarebbe la possibilità, da parte dei cittadini, di prendere decisioni che riguardano il destino del territorio. Poi ovviamente la bonifica dell’area. In seguito, speriamo nella riapertura del mare, della balneazione. Con l’aspettativa che tutto questo porti un benessere generale, quindi anche lavorativo e sociale”. Risponde Salvatore.
“Io direi”, continua Stefano, “che il nostro obiettivo è porre interrogativi e far sì che lo facciano anche altre persone, perché crediamo, appunto, che debbano scegliere i cittadini. La cittadinanza stessa, attraverso un Osservatorio Popolare, sta cercando di interagire con l’ente che gestisce il sito dell’Italsider”.
Quindi si fugge o si resta (a Bagnoli)?
Stefano mi dice: “Questo dobbiamo scoprirlo nel docufilm”.
Salvatore: “Sì, mi è piaciuta questa risposta!”
“Il punto è proprio questo”, conclude Raffaele, “Bagnoli per certi versi ti obbliga ad andar via, ma per altri ti trattiene. Noi vogliamo scoprire qual è la forza che prevale, e lo lasciamo al prodotto finale”.
Angela Guardascione
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