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DaDizioni – Ripetizioni ai tempi della didattica a distanza: Carducci, l’ultimo dei classici

Con il Romanticismo che bussa alle porte in Italia si leva ancora la voce dell’ultimo difensore del Classicismo e della poetica Antiromantica… Parliamo proprio di lui, il poeta-professore, Giosuè Carducci.

Premio Nobel per la letteratura nel 1906, la sua figura si staglia nettamente come conservatrice della ricchezza del passato sul finire dell’Ottocento in Italia.

Carducci, difensore della classicità e degli antichi costumi della lirica e della lingua, costituì assieme ad alcuni amici la società degli “Amici pedanti”. Si proponevano di dare fondamento a una lirica classica nazionale, che si contrapponeva ai languori del nascente Romanticismo, e che cercava fondamento storico nel richiamo alla gloria di Roma repubblicana e imperiale. Culla di tale movimento, fu la città madre della lingua italiana, Firenze.

In Carducci la concezione del poeta e della funzione della poesia è sempre orientata in modo politico: ecco che la poesia assume quindi un ruolo ben delineato, volto alla celebrazione degli antichi albori, ponendosi allo stesso tempo come istituzione e come memoria, delineando i percorsi da seguire per l’affermazione di un florido futuro.

Ed è così che Carducci assume una duplice funzione nella scena letteraria: non solo con i suoi scritti di poeta-professore rievoca le glorie del passato, ma allo stesso tempo di propone come vate di un florido futuro.

Le liriche carducciane sono state raccolte in sei opere che possiamo dividere in due macro-sezioni.

La prima sezione comprende Juvenalia, Levia gravia e Giambi ed epodi. Sono le poesie giovanili che riflettono in particolare modo una forte vicinanza al classicismo e un acceso interesse verso la vita politica italiana.

La seconda sezione comprende invece Rime nuove, Odi barbare e Rime e ritmi, poesie nelle quali si attenua l’interesse strettamente politico per dare spazio alle riflessioni della vecchiaia, legate al ricordo dell’infanzia e ai sentimenti di amore e morte.

La prima sezione vede in sé una scarsa originalità, vi è un continuo richiamo ai modelli satirici di Orazio e Parini. Ciò nonostante con l’Inno a Satana del 1863, attraverso l’esaltazione del progresso rappresentato da un treno in corsa e con Satana, Carducci ci dà prova non solo del suo animo anticlericale, ma anche di un fervore letterario che caratterizzerà particolarmente la terza opera della gioventù: Giambi ed epodi.

In ogni caso, sebbene prenda spunto dai classici modelli satirici, Carducci introduce il suo personale elemento di modernità: il linguaggio fa tanto ricorso alla retorica quanto all’invettiva e al sarcasmo plebeo. In questo modo il classicismo carducciano non ha un aspetto esclusivamente accademico, ma si adatta con diverso stile ma eguale veemenza anche al contesto quotidiano.

Diversa è la natura delle poesie della seconda sezione.

Le Rime nuove vedono nuovi temi affacciarsi sulla scena: Carducci si dedica infatti alla descrizione dei ricordi d’infanzia, ma anche a quelli legati alla morte. Lo spirito politico e civile è attenuato ma non assente: Carducci ci descrive ancora gli scenari dell’Italia comunale e della Rivoluzione francese. Sebbene meno forte, il richiamo alla classicità ha ancora lo stesso intento: la fuga dalla contemporaneità, cercando un nascondiglio sicuro nella culla della civiltà classica.

Le Odi barbare raccolgono 50 liriche nelle quali la tradizione classica incontra la modernità. Il termine “odi” indica il riferimento alla tradizione classica greca e latina. Il termine “barbare” sarebbe invece un riferimento alla lingua. Dato che i romani solevano chiamare barbari tutti coloro non parlavano in latino, Carducci sostiene che le sue liriche, per quanto utilizzino una metrica classica, all’orecchio di un latino suonerebbero aspre e dure a causa del suono della lingua italiana. Carducci tende così ad una sorta di “classicismo moderno” anche poiché utilizzando una metrica classica il suono della poesia non è più scontato, ma varia di continuo, portando l’attenzione a fermarsi su parole poste in una determinata posizione del verso, inducendo a una riflessione più approfondita che valorizza la parola stessa presa in esame.

Sono qui introdotti due nuovi temi: da una parte quello della triste rassegnazione all’impossibilità di realizzazione del proprio sogno classicistico, dall’altro il tema della fugacità del tempo e del senso di morte contrapposto alla solarità della vita.

Rime e ritmi già dal titolo ci spiega la metrica impiegata: le rime, scritte con la metrica tradizionale, e i ritmi, scritti in metrica barbara. I temi trattati sono di carattere celebrativo e retorico, il che fa di Carducci il poeta della terza Italia.

Il poeta professore diventa quindi vate nel momento in cui celebra la gloria della “terza Italia” dopo il grande momento vissuto dalla penisola con l’antica Roma e con la civiltà cittadina dal Basso Medioevo fino al Rinascimento.

Francesca Caianiello


Vedi anche: Dadizioni – Ripetizioni ai tempi della didattica a distanza: Illuminismo

Francesca Caianiello

Francesca Caianiello nasce a Napoli nel 1995. Perennemente alla ricerca di un antidoto al suo male di vivere, cerca di sopravvivere dedicandosi alle cose belle: la letteratura e il vino. Filologa e docente d'italiano, per La Testata è giornalista nonché mente e volto di video di approfondimento su curiosità letterarie.

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